quotidiani giornali giornale quotidiano cartaceo edicola

BARDAZZI AMARI - ''IL CORONAVIRUS SARÀ IL COLPO DI GRAZIA PER I GIORNALI DI CARTA''. IL CAPO DELLA COMUNICAZIONE ENI (EX ANSA E ''STAMPA'') SUONA IL REQUIEM PER I QUOTIDIANI: ''UNA CONSTATAZIONE CHE FACCIO CON DOLORE. MA TUTTI I NUMERI DICONO CHE…'' - MENTANA: AGGIUNGEREI CHE: NON ESISTE UN UNDER 30 CHE LEGGA I GIORNALI, NON HA SENSO LA CADENZA QUOTIDIANA NÉ LO SPOSTAMENTO FISICO PER ANDARE A COMPRARE QUALCOSA CON LE NOTIZIE DEL GIORNO PRIMA. TV PRIMA E WEB POI HANNO RASO AL SUOLO L'IDEA CHE LE NOTIZIE SI DEBBANO PAGARE''

 

 

Marco Bardazzi, capo della comunicazione Eni, ex Ansa, ex ''la Stampa''

https://www.linkedin.com/pulse/addio-cari-giornali-di-carta-vittime-del-virus-marco-bardazzi

 

 

Dieci anni fa in questi giorni giravo l’Italia con il collega Massimo Gaggi per presentare L'Ultima Notizia (Rizzoli), un libro-inchiesta con il quale cercavamo di capire il futuro dei giornali e del giornalismo. Eravamo all'inizio della grande crisi della carta stampata, si cominciavano a vedere i segni di un cambiamento epocale del modello di business, ma nessuno sapeva quando sarebbe stata stampata “l’ultima copia del New York Times” (titolo brillante di un altro libro, scritto da Vittorio Sabadin).

 

Marco Bardazzi

Il decennio successivo è stato caratterizzato da una continua emorragia di copie, un dissanguamento che ha messo in crisi i giornali, li ha resi deboli, ha abbassato le loro difese immunitarie. Purtroppo sappiamo bene, dall'esperienza di questi giorni, che queste sono le condizioni della popolazione più a rischio. Per anni si è guardato ai giornali di carta come a splendidi dinosauri in attesa dell’asteroide. O magari dell’arrivo di un “cigno nero” altrettanto inatteso. Temo che ci siamo: il coronavirus, secondo me, segna la fine del giornalismo cartaceo.

 

È una constatazione che faccio con dolore. Chi mi conosce sa che ho una storia d’amore con i giornali. Basta andare su Twitter o Instagram e digitare #emerotecabardazzi, per scoprire che da tempo pubblico foto di pagine di quotidiani ingialliti con la stessa passione con cui gli altri condividono tramonti e aperitivi. Ho una vasta collezione di giornali che continua ad arricchirsi anche in questi giorni e che ha fatto 10 traslochi in giro per il mondo (per la disperazione di mia moglie).

 

Aggiungo, per prevenire una seconda obiezione, che può sembrare insensibile parlare di fine dei giornali mentre migliaia di giornalisti in tutto il mondo sono impegnati, in modo eroico, nel cercare di far arrivare ogni giorno in edicola un’informazione all'altezza della crisi che stiamo vivendo. Ho fatto il giornalista per 30 anni, lo sono ancora che faccio un mestiere diverso e ho il massimo rispetto per la categoria e per le 10 mila edicole (erano 36 mila prima della crisi) sparse in tutta Italia. Ma se c’è una cosa che la pandemia ci sta insegnando, è che è meglio dire subito tutta la nuda verità, con trasparenza, e chiudere quel che c’è da chiudere per evitare i contagi. Se si vorrà preservare un’informazione di qualità e un nuovo ecosistema giornalistico sostenibile, purtroppo tra brevissimo tempo sarà necessario riconoscere che la carta è oggi la “zona rossa” del giornalismo.

 

Un decennio in buona parte sprecato

Il modello di business dei giornali ha prosperato fino al 2009-2010, quando hanno cominciato a farsi sentire gli effetti della recessione globale provocata dalla crisi finanziaria americana. Ne è seguito un decennio di incertezza e logoramento, cercando di trovare compromessi tra lo status quo e timide aperture al digitale. Adesso è giunto il momento della verità: la crisi del 2020 e la nuova recessione planetaria che l’accompagnerà. Chi ha avuto più coraggio e si è spinto con decisione sulla strada dell’innovazione, avrà un vantaggio competitivo nei prossimi mesi. Il New York Times, tanto per fare un esempio, può permettersi in questi giorni di non preoccuparsi troppo se l’edizione cartacea non riesce a essere distribuita, perché ormai è un sottoprodotto del digitale.

 

3. abbonati new york times

È utile ricordare alcuni dati di fatto su come il settore dei quotidiani arriva all'appuntamento con il “coronavirus dei giornali”. Serve per capire perché le difese immunitarie siano così basse.

 

Il giornalismo è ancora concepito per l’era industriale, dalla quale nel frattempo il mondo è uscito per entrare in una nuova information age basata su presupposti diversi. Il prodotto di base del giornalismo, la notizia, è diventata una commodity che non ha più il valore sufficiente per sostenere l’organizzazione del lavoro di aziende editoriali ancora strutturate come all'inizio del XX secolo. Il sistema ha tenuto fino a quando, a metà degli anni Zero del XXI secolo, non ha cominciato ad essere dissanguato dei propri ricavi pubblicitari, che si sono in gran parte spostati verso colossi del web come Google e Facebook.

 

Questo grafico rende bene l’idea del fenomeno negli Usa.

Il macro fenomeno globale più rilevante nell'editoria degli ultimi anni è stato il progressivo aumento dei ricavi legati ai lettori (abbonamenti cartacei e digitali, vendite in edicola, membership), a fronte della costante decrescita dei ricavi pubblicitari. Il sorpasso dei ricavi da audience rispetto a quelli da advertising è avvenuto nel 2013 e il trend continua a livello globale, come indica questo grafico di Wan-Ifra aggiornato al 2017:

1. ricavi giornali

 

 

 

 

 

 

 

 

Il valore globale dell’industria dei newspapers nel 2017 era di circa US$ 150 MLD, di cui 87 miliardi provenienti dalla diffusione cartacea e digitale e solo 67 dalla pubblicità.

Il digitale è stato la fonte principale di crescita dei ricavi, ma nonostante questo incremento la carta continua a produrre a livello globale il 90% dei ricavi degli editori giornalistici. E questa adesso si rivela una grande vulnerabilità.

 

Dall'inizio della crisi, i modelli di business e la stessa identità di molte news organization sono cambiati moltissimo, scegliendo una miriade di strade diverse.

2. ricavi pubblicitari giornali

C’è chi ha scelto di rafforzarsi affiancando attività non giornalistiche che portano nuove fonti di ricavo. È il caso di NewsCorp in Australia che ha puntato molto su RealEstate.com, un sito di annunci immobiliari, per far fronte al crollo dei ricavi nel settore classified spazzati via dal digitale. O di Axel Springer in Germania con Stepstone, il più importante sito tedesco per la ricerca di offerte di lavoro.

 

Il Washington Post, dopo l’arrivo di Jeff Bezos come editore, sta vivendo una delle trasformazioni più significative, diventando in pratica una tech company dedicata al giornalismo. Le piattaforme di content management create dal WP, l’ecosistema di data analysis e data science e il brand studio interno dedicato al racconto delle aziende, pongono il quotidiano all'avanguardia e ne fanno un modello importante di giornalismo post-cartaceo. L’edizione di carta del WP è diventata, anche in questo caso, secondaria.

Altri hanno puntato su mix simili, ma sempre caratterizzati dalla qualità del giornalismo. È il caso delle testate finanziarie come Wall Street Journal o FT, ma soprattutto del già citato New York Times, protagonista di un sorprendente cambio di paradigma. Alla fine del XX secolo, gli abbonamenti portavano al NYT meno del 5% dei ricavi. Nel 2011 è avvenuta l’inversione di tendenza.

 

 

4. ricavi new york times pubblicita vs abbonati

 

 

Nel 2019, il NYT ha raccolto $800 milioni di ricavi solo con il digitale, superando i 5 milioni di abbonati a una delle varie forme di subscription per accedere ai contenuti del giornale. Nell'ultimo trimestre dell’anno, mentre gli abbonamenti crescevano del 4,5%, la raccolta pubblicitaria è calata del 10,7%, rendendo sempre più urgente per il giornale rafforzare il modello di business basato sulla membership. Nel frattempo, nel corso dell’ultimo anno, il NYT ha assunto altri 120 giornalisti, portando la redazione a 1.600 unità, il numero più alto della propria storia più che centenaria.

 

Dietro le cifre ci sono fenomeni sociali, trasformazioni demografiche e molte considerazioni legate alla rivoluzione digitale. C’è un digital divide crescente e c’è un cambio generazionale enorme relativo alle fonti a cui i diversi gruppi demografici attingono per cercare “notizie”. Il quadro globale lo riassume bene questo grafico del Reuters Institute for the Study of Journalism:

 

 

5. eta e mezzo di fruizione notizie

 

 

 

 

Siamo in una fase di ibridizzazione dei mezzi che conduce alla transmedialità, con la televisione ancora forte protagonista ma con modalità di fruizione e attori nuovi (pensiamo al boom di Netflix o Amazon Prime).

In uno scenario così, la carta stampata risulta debolissima e l’arrivo della Grande Recessione del 2020 la trova senza anticorpi.

 

Il caso italiano

Proviamo a vedere la situazione in Italia. Bastano pochi dati per capire che si è vicini a un punto di rottura del sistema. Nel 2007 in Italia la diffusione dei quotidiani si assestava intorno ai 5,5 milioni di copie giornaliere. Oggi si vendono poco più di 2 milioni di copie. Non va meglio neppure alle copie digitali, che nell'ultimo anno sono calate del 3,4% e complessivamente non raggiungono quota 200 mila. Significa che è proprio il “prodotto giornale” a essere in crisi, che sia di carta o replicato tale e quale su un tablet.

7. mercato pubblicitario italia

 

 

 

 

Se si guarda alla pubblicità, la situazione pre-crisi del coronavirus era già gravissima. In un decennio il fatturato si è ridotto del 71,3%: poche filiere (forse nessuna) possono resistere a un crollo del genere senza un radicale cambio di modello di business. Ogni anno da quotidiani e periodici sparisce circa il 10% della raccolta pubblicitaria. E le prospettive per il breve-medio termine si presentano funeste. Una prima indagine condotta nei giorni scorsi da BVA Doxa tra le imprese italiane, segnala che il 76% di esse ha già avuto impatti negativi immediati per il Covid-19: tra le prime azioni da prendere in risposta a questo disastro, il 49% indica che ridurrà gli investimenti in pubblicità e media planning. 

 

 

 

 

 

6. vendita media giornali cartacei italia

 

 

 

Un altro elemento di debolezza è rappresentato dal crollo del numero degli addetti ai lavori. Non tanto sul fronte giornalistico, quanto su quello poligrafico: la carta, assai più del digitale, ha bisogno di un esercito silenzioso di mille professionalità (tipografi, grafici, stampatori, impiegati ecc.) per raggiungere capillarmente ogni giorno le edicole. Ma la situazione del settore è quella raccontata da questo grafico dell’ultimo rapporto ASIG (l’associazione degli stampatori di giornali):

 

 

 

 

8. occupazione poligrafici italia

 

 

 

 

 

 

In questi giorni le redazioni dei giornali e il loro sistema di distribuzione stanno facendo un lavoro – lo ripeto – eroico per cercare di portare ogni giorno un prodotto di 30-60 pagine di carta nelle case dove gli italiani vivono blindati. Temo però che, passata la fase dell’emergenza, tutte le debolezze del settore verranno a galla e si uniranno alla realtà di un prosciugamento massiccio, impensabile, degli investimenti pubblicitari che proseguirà almeno per tutto il 2020. Una tempesta perfetta che a mio avviso segnerà la fine della carta. E anche di molte tradizionali modalità di lavoro, come le periodiche riunioni di redazione. Lo smart working di queste settimane, del resto, ha offerto spunti importanti per immaginare il futuro.

 

 

Da dove ripartire?

Purtroppo, come per la sanità pubblica, è difficile reagire quando la crisi è già in corso. Servivano negli anni scorsi scelte radicali in termini di innovazione: ogni storia di successo dell’editoria in questi anni è basata su un solido approccio R&D.

ultima edizione storie nere dagli archivi del quotidiano la notte 5

Ricette se ne possono immaginare tante, modelli di riferimento a cui ispirarsi adesso ne esistono in ogni parte del mondo. Io mi limito a elencare sei lezioni che mi sembra ci abbiano insegnato gli Anni Dieci, per provare a immaginare il giornalismo degli Anni Venti:

  1. I media in questi anni hanno confuso il traffico con l'engagement. Anche nell'era digitale occorre scommettere sul giornalismo di qualità;
  2. La grande scarsità della nostra epoca è l’attenzione delle persone, la si cattura conoscendo bene il proprio pubblico e offrendogli contenuti di qualità. La tecnologia aiuta, senza mitizzarla;
  3. Paid è un buon antidoto a fake: l’informazione tutta gratis non ha un futuro. Ma si è disposti a pagare un’esperienza, non una notizia.
  4. È in corso una ibridizzazione dei mezzi che conduce alla transmedialità, occorre sapere giocare a questo gioco;
  5. Conosci chi ti segue e chi ti paga: data analysis e data science sono fondamentali. Non servono big data, ma relevant data;
  6. Membership sarà una parola chiave per i prossimi anni.

Adesso occorre fare presto, prima che gli effetti dell'imminente Grande Recessione divengano devastanti. Occorre comprendere velocemente che questa è una crisi di settore industriale, inserita dentro una gigantesca crisi economica globale: si può reagire solo con un drastico cambio di sistema. L’ultima copia di carta del New York Times - e di tante altre testate storiche, anche italiane - non è mai stata una realtà così vicina.

edicolanti coronavirus 3

 

 

 

 

 

Commento di Enrico Mentana:

 

D'accordo Bardazzi. Aggiungerei che:

1 non esiste un under 30 che legga i giornali

2 nella società digitale non ha senso la cadenza quotidiana

3 è impensabile uno spostamento fisico per andare a comprare un giornale con le notizie del giorno prima

4 tv prima e web poi hanno raso al suolo l'idea che le notizie si debbano pagare

5 la crisi economica ha fatto il resto, chiudendo giornalisti invecchiati dentro redazioni da cui escono solo col la pensione o il prepensionamento, perché non c'è più mercato.

 

edicola

Loro (noi), i giornalisti, come categoria e come punte, hanno maturato grandi colpe: un riflesso da un lato egoistico (meglio conservare i privilegi che rischiare) e dall'altro realistico (faccio un prodotto novecentesco, i lettori miei coetanei questo vogliono, invece di cercare un mercato nuovo per il quale non sono attrezzato resto qui, e so a chi parlo - è quella che chiamo la sindrome dell'antiquario).

 

L'unica grande paura dei giornalisti oggi è la crisi dell'Inpgi, e ho detto tutto.. E poi ci sono gli editori, che sognano un falò del CNLG (il contratto), perché nei loro bilanci gravano redazioni inscalfibili che ai loro occhi lavorano come una decina di giovani del web, ma in compenso costano un centinaio di volte in più

 

ORSON WELLES ACQUISTA I GIORNALI IN UN'EDICOLA DI VIA VENETO A ROMA

Ultimi Dagoreport

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?