mank 2 gary oldman

IL CINEMA DEI GIUSTI – FORSE “MANK” NON È IL CAPOLAVORO CHE POTEVA ESSERE, MALGRADO L’INTERPRETAZIONE DI GARY OLDMAN SIA GIÀ UNO SPETTACOLO, MA NON POSSO NON VEDERLO COME UN REGALO INASPETTATO, ALLA RICERCA, ALLO STUDIO, ALL’INTELLIGENZA DI CHI DA ANNI LAVORA ALLA STORIA DEL CINEMA COME FOSSE TUTTA LA SUA VITA. DA OSCAR IMMEDIATO – VIDEO

 

 

 

 

Marco Giusti per Dagospia

 

gary oldman mank

Finalmente si ragiona. Non è per tutti, vi avverto. Se non amate il bianco e nero anni ’40, se non conoscete la differenza tra Upton Silcair e Sinclair Lewis, se non sapete distinguere un film della Paramount da uno MGM o da uno RKO, se non conoscete le battute più celebri dei film dei Fratelli Marx, se non avete a casa il busto in marmo di Orson Welles, se non capite che scrivere la sceneggiatura di “Citizen Kane”/”Quarto potere” in 90 giorni, anzi 60 giorni, non è la stessa cosa che scrivere quella di “Vacanze su Marte” con Boldi e De Sica, beh… lasciate perdere.

 

amanda seyfried e gary oldman mank

Però, forse, avete lavorato per qualche editore o produttore potente, capita no?, come De Benedetti o Agnelli o De Laurentiis o Berlusconi, e allora qualcosa sui rapporti fra potere e creatività e come i mogul dell’editoria o della tv o del cinema amano farci sentire creativi e falsamente indipendenti mentre siamo legati alle loro catene dorate, magari la sapete.

quarto potere citizen kane

 

E capirete davvero di cosa sta parlando David Fincher con questo suo complesso, cavilloso, ma anche entusiasmante e affascinante “Mank”, da ieri su Netflix in tutto il mondo.

amanda seyfried marion davies in mank

 

Un film che al cinema, in tempi normali, forse, non si sarebbe potuto proprio fare, troppo difficile, troppo bianco e nero, troppo old Hollywood, ma che ora, con la pandemia, con le piattaforme come “unico” spazio culturale che ci è rimasto senza scivolare nel grandefratellovip o thevoicesenior, diventa il top assoluto di questo 2020 assieme alla serie di Steve McQueen “Small Axe” e a quella di Luca Guadagnino “We Are Who We Are”. 

Da Oscar immediato, per Fincher, per suo padre sceneggiatore, Jack, per l’incredibile interpretazione di Gary Oldman come Herman J. Mankiewicz detto Mank, per Amanda Seyfried come Marion Davies, amante del potente William Randolph Hearst di Charles Dance, per la fotografia anni’40 di Erik Messerschmidt, per la musica di Trent Raznor e Atticus Ross che rispetta fedelmente il suono e gli strumenti del tempo.

mank 2

 

Ma, al di là dei 100 ciak alla volta che Fincher obbligava a fare sul set, neanche fosse Nanni Moretti..., al di là della giusta rivalutazione del ruolo dello sceneggiatore Herman J. Mankiewicz nella costruzione di “Quarto potere” di Orson Welles, come già scrisse Pauline Kael sul “New Yorker” negli anni ’70 e come ribadì anche Richard Corliss meglio di tutti (“Mankiewicz scrisse il film e Welles lo diresse, ma mentre le due funzioni possono essere divise a scopo di ricerca, sono davvero le inseparabili metà di un’opera d’arte”), la sostanza del film sta proprio in quei 90, anzi 60 giorni in cui Mank lo scrisse.

 

orson welles quarto potere

Mank che, a 43 anni, era già un vecchio di Hollywood, con un passato di sceneggiatore e produttore dei film dei Fratelli Marx, l’uomo più cinico e divertente del momento che W.R.Hearst adorava e proteggeva, passato da capo delle sceneggiature alla Paramount a sceneggiatore per Louis B. Mayer alla MGM e poi alla RKO, che si ritrova a ideare e a scrivere quasi da sobrio la “sua” sceneggiatura per il primo film “scritto e diretto” da Orson Welles, il golden boy del teatro e della radio a soli 24 anni.

 

orson welles herman mankiewicz

Il film che darà per sempre lo status di autore a Welles per tutti i Mereghetti del mondo, anche se non lo aveva scritto, e Fincher ci spiega esattamente perché non lo avrebbe potuto scrivere illuminando la figura di Mank. Lo stesso Mank che, steso a letto con una gamba rotta, in quel del Victorville Ranch, lo stesso dove Fincher ha girato il film, attenzione, controllato da John Houseman, braccio destro e producer di Orson, detta in piena guerra all’adorabile segretaria inglese, Lily Collins, una sceneggiatura che per contratto avrebbe dovuto firmare il solo regista e interprete.

 

david fincher mank

Ma a Fincher non interessa chiarire la proprietà artistica dell’opera, quanto raccontare con un meccanismo di flashback alla “Quarto potere”, come Mank arrivò a scrivere quel film. Perché dentro quel copione c’è tutta la storia dei rapporti fra potere e creatività nell’America e nella Hollywood fra le due guerre.

 

Che diventa, a un certo punto, in piena Depressione, uno scontro politico e ideologico, molto attuale, tra il politico spinto dalla destra repubblicana californiana hollywoodiana, cioè Louis B. Mayer, e lo stesso scrittore socialista Upton Sinclair, che si candidò a governatore della California e venne battuto.

 

quarto potere

Anche per colpa, rivela Fincher, di una serie di cinegiornali di propaganda palesemente “fake” costruiti proprio dalla Hollywood di sinistra. Mank, mascherando col suo cinismo e con le sue battute sarcastiche una sorta di indifferenza alla politica, magari per poter mantenere le sue ingombranti dipendenze, alcool e gioco, arriva al punto centrale dello scontro, che diventerà il vero tema del film che sta scrivendo e ovviamente di quello di Fincher.

 

amanda seyfried e gary oldman backstage di mank

Che è appunto il rapporto tra creatività e potere, tra giornalismo indipendente e il mogul che ti fa scrivere. Fosse anche Netflix che ti produce e distribuisce il film. Ben sapendo quali rapporti ha il mogul col potere politico. In una scena fondamentale, quella che tutti gli attori presenti, da Amanda Seyfried a Charles Dance, ricordano di aver girato più di 100 volte, proprio il favoloso W.R.Hearst di Charles Dance accompagna Mank alla porta e gli racconta la storiella del suonatore d’organetto e della sua scimmietta.

 

amanda seyfried e la vera marion davies

Una scimmia ben vestita, con la sua giacchetta rossa e i bottoni d’oro, il cappellino, e  che fa spettacolo, ma che è strettamente legata al suo padrone con una catena dorata al collo. E’ una metafora wellesiana, devo dire, ma che racchiude benissimo quello che mi sembra il cuore del racconto. Mank arrivando alla sua Rosabella, non potrà più accettare di non firmare un copione che è la sua vita. E questo farà infuriare, prima di tutti, proprio Welles che capisce che Mank gli sta rubando la scena autoriale.

 

la palla di neve di quarto potere

Non a caso nessuno dei due andrà a ritirare l’Oscar per la migliore sceneggiatura, un Oscar che leggo qualcuno si è rivenduto nel 2003 fa per soli 588 dollari. Il solo Oscar, inoltre, che Hollywood abbia mai dato a Welles e a Mank, che venne però candidato un anno dopo per “The Pride of the Yankees”. A differenza di come racconta Fincher, magari, Mank non finì la sua carriera con “Quarto potere”, anche se scrisse una decina di film non memorabili negli anni’40 prima di morire nel 1953 a 55 anni, mentre Orson Welles, come argomenta bene lo stesso Mank nel film, non verrà perdonato da Hollywood per il suo attacco al cuore del potere, che lo costringerà all’esilio.

louis b mayer william randolph hearst

 

Le cose non andranno tanto meglio allo stesso W.R.Hearst, distrutto dalla grande crisi americana, che morirà nel 1951 né a Marion Davies, che nel film di Fincher viene totalmente riabilitata. Non sapevo invece che Upton Sinclair avesse prodotto in Messico nel 1932 “Que viva Mexico” di Sergei Eisentein.

 

Purtroppo, o per fortuna, il film è pieno di storie, di battute, di personaggi reali che il pubblico di oggi, che ormai pensa al cinema del passato come fosse una coloratissima serie di Ryan Murphy, “Hollywood” o “Ratched” o “Feud: Bette and Joan”, vedrà come faticosi da ricostruire o ripensare.

MANK 6

 

Fincher si muove più nella direzione di un grande cinema di ricerca alla “Zodiac”, il suo film migliore, che in quella delle serie di Ryan Murphy. Forse non sempre riesce a farci capire tutto, forse sono film che vanno poi rivisti, forse non è il capolavoro che poteva essere, malgrado l’interpretazione di Gary Oldman sia già uno spettacolo, ma non posso non vedere questo “Mank” come un regalo davvero inaspettato alla ricerca, allo studio, all’intelligenza di chi da anni lavora alla storia del cinema come fosse tutta la sua vita. 

MANK 5Mank MANK 4Gary Oldman - Mankmank david finchergary oldman mank

Ultimi Dagoreport

beatrice venezi secolo d italia libero verita italo bochino fenice venezia

DAGOREPORT - DI PIÙ STUPEFACENTE DELLA DESTRA CI SONO SOLO I SUOI GIORNALI MALDESTRI. SULLA VICENDA VENEZI A VENEZIA, PRODUCONO PIÙ BUFALE CHE NELL’INTERA CAMPANIA - SI SORRIDE SULLA RINASCITA DEL TEATRO LA FENICE CON “LIBERO” E “LA VERITÀ” MA LA RISATA (PIU’ PERNACCHIO) ARRIVA COL “SECOLO D’ITALIA”: “BUONA LA PRIMA: 7 MINUTI DI APPLAUSI PER VENEZI”. PECCATO CHE NON DIRIGESSE AFFATTO LEI, LA “BACCHETTA NERA”, MA IVOR BOLTON, COME C’È SCRITTO PERFINO NEL PEZZO. INCREDIBILE MA VERO. PERÒ LÌ SOTTO C’È LA GERENZA DEL GIORNALE, DOVE SI SCOPRE CHE NE È DIRETTORE EDITORIALE TALE BOCCHINO ITALO. E ALLORA TUTTO SI SPIEGA

andrea orcel unicredit giorgiia meloni giovanbattista fazzolari giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone lovaglio milleri

DAGOREPORT - SUL RISIKO BANCARIO, DI RIFFA O DI RAFFA, L’ARMATA BRANCA-MELONI HA FATTO L’ENNESIMA FIGURA DI MERDA - DI SICURO, NON POTRÀ PIÙ FAR RIDERE I POLLI BLATERANDO CHE UNICREDIT È UNA BANCA STRANIERA, QUINDI L’OPA SU BANCO BPM VA STOPPATA PERCHÉ È UNA MINACCIA PER LA ‘’SICUREZZA NAZIONALE’’ - PROSSIMAMENTE IL CEO DI UNICREDIT, ANDREA ORCEL, AVRÀ MANI LIBERE PER SCEGLIERE QUALE BANCA PAPPARSI, MENTRE NEI PROSSIMI DUE MESI I GENI DI ‘’PA-FAZZO” CHIGI AVRANNO I NEURONI MOLTO IMPEGNATI PER RISPONDERE CON UNA MODIFICA DELLA LEGGE (CHISSÀ SE AVRÀ EFFETTO RETROATTIVO) ALLA PROCEDURA D'INFRAZIONE DI BRUXELLES - SE POI ORCEL SARÀ COSTRETTO DAL GOVERNO DI BERLINO A VENDERE LA SUA PARTECIPAZIONE IN COMMERZBANK, UNA VOLTA INTASCATO IL RICCO BOTTINO, LE OPZIONI SULLA SUA SCRIVANIA PER EVENTUALI ACQUISIZIONI SAREBBERO SENZA FRONTIERE. E NULLA VIETEREBBE A UNICREDIT DI LANCIARE UNA RICCA OPA SU MPS DI LOVAGLIO-CALTAGIRONE-MEF, OBIETTIVO GENERALI: SAREBBE LA MASSIMA RIVINCITA DI ORCEL SUL GOVERNO SMANDRAPPATO DEL GOLDEN POWER…

giuseppe conte rocco casalino marco travaglio roberto fic o todde paola taverna elly schlein

DAGOREPORT - DOVE STA ANDANDO A PARARE QUELL’AZZECCAGARBUGLI DI GIUSEPPE CONTE? ALL’INTERNO DEL M5S SI CONTRAPPONGONO DUE POSIZIONI: LA LINEA MOVIMENTISTA ED EUROSCETTICA SQUADERNATA DAGLI EDITORIALI DI MARCO TRAVAGLIO, CONVINTO COM'È CHE IL "CAMPOLARGO" SIA UNA DISGRAZIA PEGGIORE DELL'ARMATA BRANCA-MELONI; CHE HA UNA CERTA PRESA SULLA BASE DEGLI ELETTORI EX GRILLINI - DALL’ALTRA, LA LINEA DI TAVERNA, FICO, PATUANELLI E TODDE, IN SINTONIA CON LA BASE PARLAMENTARE DEI CINQUE STELLE, FAVOREVOLE A UN ACCORDO PROGRAMMATICO DI GOVERNO CON IL PD, ANCHE AL DI LÀ DEL FATTO CHE CONTE SIA, VIA PRIMARIE, IL CANDIDATO PREMIER DELLA COALIZIONE DI CENTROSINISTRA (GOVERNARE SIGNIFICA CONQUISTARE POTERE, POSTI E PREBENDE) – PERCHÉ CONTE ZIGZAGHEGGIA BARCAMENANDOSI CON SUPERCAZZOLE PRIMA DI STRINGERE UN APERTO ACCORDO PROGRAMMATICO COL PD? - COME MAI TA-ROCCO CASALINO, L’APPRENDISTA STREGONE RASPUTINIANO CHE HA CONFEZIONATO PER ANNI LE MASCHERE DEL CAMALEONTISMO DI “CONTE PREMIER”, HA MOLLATO ''LA POCHETTE DAL VOLTO UMANO'' PER FONDARE UN GIORNALE ONLINE?

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...