IL DIVANO DEI GIUSTI – STASERA GRANDE È LA VOGLIA DI RIVEDERE UNO DEI CAPOLAVORI DI SERGIO LEONE, “IL BUONO, IL BRUTTO, IL CATTIVO”, CON CLINT EASTWOOD, LEE VAN CLEEF E ELI WALLACH. PER TARANTINO, MA NON SOLO PER LUI, IL MIGLIOR FILM DI LEONE – TORNA LA COMMEDIA SEXY DIRETTA DA RICCARDO GARRONE “LA COMMESSA” CON LA VERACE FEMI BENUSSI E LA NEOSTELLINA DI POCA DURATA YVONNE HARLOW. UN DISASTRO. CULTO NULLO - PASSANO ANCHE “AMORE ALL’ARRABBIATA” E “IL POMICIONE” - VIDEO

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Marco Giusti per Dagospia

 

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Che vediamo stasera? In chiaro grande è la voglia di rivedere uno dei capolavori di Sergio Leone, “Il buono, il brutto, il cattivo”, con Clint Eastwood, Lee Van Cleef e Eli Wallach, Rai tre alle 20, 30. Per Tarantino, ma non solo per lui, il miglior film di Leone.

 

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Per il primissimo cast Leone parla a Dario Argento, giornalista del “Paese Sera”, di Clint Eastwood, Gian Maria Volontè e di Enrico Maria Salerno, escludendo quindi Lee Van Cleef e Eli Wallach. Proprio sulla scelta del grande Eli Wallach nel ruolo di Tuco, il brutto, una delle carte vincenti del film, dirà: “Eli Wallach l’ho preso per un gesto che fa nella Conquista del West, quando scende dal treno e parla con Peppard. Vede il bambino, figlio di Peppard, si volta di scatto e gli spara con le dita facendogli una pernacchia. Da quello ho capito che era un attore comico di estrazione chapliniana, un ebreo napoletano: si poteva fare tutto con lui. Infatti ci siamo molto divertiti a stare insieme.”

 

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Eli Wallach, in realtà, aveva fatto già il bandito messicano con John Sturges in “I magnifici sette”. Era Calvera. Cattivo, ma anche comico. Leone non poteva non saperlo. Nel film di Leone, curiosamente, Eli Wallach, ebreo, si fa un sacco di volte il segno della croce come fanno gli italo-americani.

 

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La prima volta che lo chiamano per un provino con Leone risponde. “Un western italiano, non ne avevo mai sentito parlare, suona come una pizza hawaiana. Beh, allora incontro Sergio, che non parlava inglese. Disse in francese: Ti vorrei nel mio film. Pesava 290 libbre e disse: Ti farò vedere qualcosa. Vuoi vedere un piccolo pezzo del mio film?”.

 

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Leone gli manda così due pagine di sceneggiatura. Wallach accetta e va a scegliere gli abiti al negozio Western Costume di Los Angeles insieme a Henry Hathaway. Li porta sul set e Sergio Leone rimane incantato. Per la seconda volta torna nel cinema leoniano Lee Van Cleef. Anche se in un primo tempo Leone cerca Charles Bronson, che però deve girare con Robert Aldrich “Quella sporca dozzina”.

 

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Lee Van Cleef ottiene quindi il ruolo di Sentenza, il cattivo, anche se nella sceneggiatura si chiamava Banjo e nella versione inglese diventerà Angel Eyes. Lee Van Cleef ricordava: “Sul primo film non potevo trattare, visto che non riuscivo nemmeno a pagare il conto del telefono. Feci il film, pagai il conto del telefono e esattamente un anno dopo, il 12 aprile del 1966, fui chiamato di nuovo per fare “Il buono, il brutto, il cattivo”. E insieme a questo, feci anche “La resa dei conti”. Ma ora, invece di fare seventeen thousand dollars, ne stavo facendo a hundred e qualcosa- merito di Leone, non mio. Da allora in poi feci il protagonista e il cattivo in Italia”.

 

 Per lui non era un problema girare due film contemporaneamente (“non lo è per qualcuno che si ritiene un attore...”), anche se i personaggi sono un po’ diversi. Sentenza è un vero son-of-a-bitch, “cattivo perché sorride mentre compie azioni orrende”.

 

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Per la terza e ultima volta torna Clint Eastwood. “Sergio odiava Clint Eastwood, credo perché aveva chiesto troppo per l’ultimo film; ognuno dei due si attribuiva il merito del successo dell’altro”, ha detto lo sceneggiatore Sergio Donati. Clint si metterà il poncho dei primi due film solo per il duello finale.

 

Sembra che Eastwood avesse in realtà chiesto 250.000 dollari e il dieci per cento degli incassi. Ma soprattutto Eastwood non era affatto contento del suo ruolo, che era visibilmente meno forte di quello di Tuco. Inizia anche a serpeggiare una evidente competizione con lo stesso Leone su chi avesse inventato il genere e su chi fosse indispensabile all’altro. Conflitto che porterà alla rottura definitiva dopo la fine del film.

 

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Il titolo e la storia erano di Luciano Vincenzoni, che riprendeva parte dell’idea chiave che aveva già ispirato La grande guerra e parte di un raccontino di Guy de Maupassant, “Deux Amis”, che era ambientato tra Francia e Germania nel 1871. In pratica era “La grande guerra” ambientato durante la Guerra Civile americana.

 

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Per questo Leone chiama anche Age e Scarpelli, che erano gli sceneggiatori del film di Mario Monicelli assieme a Vincenzoni. Anche il titolo è di Vincenzoni. Leone lavora al copione con Age e Scarpelli, ma con lui i due esperti sceneggiatori non funzionano molto. Così ci lavora da solo per due revisioni, poi durante la lavorazione e poi finisce a rivedere tutto con Sergio Donati.

 

Sul set arriva anche, fresco di tre film come aiuto di Marco Ferreri, un giovanissimo Giancarlo Santi. E’ grazie a Santi, barbuto, e già aiuto di Marco Ferreri, che Leone si fa crescere la barba. Lo vede la prima volta e gli dice: “A Foschia [il soprannome di Santi], sotto la barba si può nasconne un genio come ’no stronzo.” E Santi risponde: “Allora nun te la fa’ cresce, così l’equivoco nun se crea!” E così divennero amici, Leone si fece crescere la barba, e “sotto c’era un genio”

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Su Iris alle 21 mi piacerebbe rivedere “Mai con uno sconosciuto” di Peter Hall con Rebecca De Mornay, Antonio Banderas e Harry Dean Stanton, allora fidanzato della De Mornay (poi gliela portò via un giovane Tom Cruise), thriller con psicanalista figa alle prese con un maniaco che la vuole uccidere. Potrebbe essere il suo nuovo paziente, o chissà chi…

 

Su Cine 34 si apre una seratina poliziottesca dedicata a Maurizio Merli, prima alle 21 “Roma violenta” di Marino Girolami con Richard Conte, Silvano Tranquilli, Ray Lovelock e dopo, alle 22, 50, “Il commissario di ferro” di Stelvio Massi con Janet Agren, Chris Avram.

 

 

american graffiti american graffiti

Su Canale 20 alle 21, 10 passa il non così riuscito, ahimé, “Lost in Space” di Stephen Hopkins con William Hurt, Mimi Rogers, Gary Oldman, Heather Graham, versione cinematografica di una celebre serie fantascientifica degli anni 60. Su Canale 27 alle 21, 10 vedo che passa, ma non è una novità, “American Graffiti” di George Lucas con Richard Dreyfuss, Ron Howard, Paul Le Mat, Cindy Williams.

 

Rai Movie alle 21, 10 punta su “Assassinio sull’Orient Express” di e con Kenneth Branagh nei panni del baffuto Hércule Poirot, Johnny Depp, Michelle Pfeiffer, Penelope Cruz, Daisy Ridley. Allora fece parecchio colpo.

 

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Su Rai Storia alle 21, 10 trovate il drammone sardo ambientato negli anni 30 “L’accabadora” di Enrico Pau con Donatella Finocchiaro tutta vestita di nero che fa l’accabadora, quella che accompagna i morti nell’aldilà. Allegrissimo.

 

Su Cielo alle 21, 15 torna la commedia sexy diretta da Riccardo Garrone “La commessa” con Renato Cecilia, Femi Benussi, Tiberio Murgia, Enzo Pulcrano. Opera seconda di Riccardo Garrone, girato subito dopo, ma con lo stesso cast, di “La mafia mi fa un baffo”. Non vi compare come attore e lascia il ruolo di protagonista al comico post-decameroniano Renato Cecilia.

 

 

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Per fortuna che c’è la verace Femi Benussi a tener su il morale. A suo fianco la neostellina di poca durata Yvonne Harlow, lanciata come parente (forse…) della grande Jean Harlow. Un disastro. Culto nullo. Piero Virgintino su “La Gazzetta del Mezzogiorno” parla di “risibili risultati per squallore, improvvisazione e stupidità”, ma salva il cast femminile.

 

“La graziosa Femi Benussi mette frequentemente in mostra le curve, imitata dalle altre girls, tra le quali riappare Yvonne Harlow, nipote, dice, dell’indimenticabile Jean”. Didier Lefevre, su “Medusa Fanzine”, spiega che “Garrone non si ritira di fronte a niente e soprattutto non lo fa di fronte all’occasione di mostrare dei sederi sullo schermo! Zooma dappertutto su dei bei sederini nel salone di bellezza o per la strada, dando dei culi, dei culi e ancora dei culi allo spettatore attirato per il gioco di Cecilia.

 

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Quest’ultimo, visto non male nel decamerotico, è un pessimo comico sogghignante che si ostina in questa vena, al suo confronto Banfi, Vitali e soci passano per dei seri accademici della comédie française”.

 

Su Mediaset Italia 2 alle 21, 15 passa la terza parte di “Halloween”, cioè “Halloween III – Il signore del male” diretto da Rommy Lee Wallace con Tom Atkivs, Stacy Melkin, Dav O’Herlihy, scritto da Nigel Kneale. Torna su Rete 4 alle 21, 25 uno dei film più amati di Lina Wertmuller, ottimo sia per le vacanze estive che per i conflitti di classe all’italiana, “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” con Giancarlo Giannini e Mariangela Melato, il povero e la ricca in crociera che finiscono sulla spiaggia caraibica fra botte e sesso. Ci sarebbe anche la commedia con Richard Gere e Julia Roberts “Se scappi, ti sposo” diretta da Garry Marshall, Tv8 alle 21, 30.

 

In seconda serata ci sarebbe “Le viol – Cronaca di uno stupro” di Alain Tasna con Clotilde Coureau, Beragere McNeese , La5 alle 23, 05, la commedia americana “Heartbreakers – Vizio di famiglia” di David Mirkin con Sigourney Weaver, Gene Hackman, Jennifer Love Hewitt, Tv8 alle 23, 30.

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Ancora meglio vi va con “Jackie” di Pablo Larrain, la morte di John Kennedy vista dalla parte di Jacqueline interpretata da una strepitosa Natalie Portman. "Call me Jackie". Bella, fredda, intelligente e davvero sexy coi suoi tailleur Chanel rosa e rosso, la Jackie di Natalie Portman perfettamente e rilancia la stella un po’ appannata di un’attrice di gran classe.

 

Prodotto da Darren Aranofsky, che l'aveva pensato per l'ex moglie Rachel Weisz, e chissà cosa ne avrebbe fatto un Sodenbergh, è anche un'accettabile versione dei giorni del dopo-Dallas, molto cosciente nel mostrarsi come proto-House of Cards sia per il rapporto della coppia JFK-Jackie sia per la "costruzione" stessa della Casa Bianca come luogo della politica.

 

NATALIE PORTMAN - JACKIE NATALIE PORTMAN - JACKIE

E anche l’idea, molto da miniserie, Aranofsky lo pensava come una miniserie per la HBO, di voler concentrare tutta la storia di Jackie in quei pochi giorni, è vincente. Natalie Portman domina la scena in ogni istante, seguita dalla sua costumista Madeleine Fontaine che la costruisce assieme allo Chanel Rosa col colletto blu, i tre bottoni dorati, il cappello a tamburello, e dalla musica strepitosa di Mica Levi.

 

Ma la Jackie della Portman non si limita alla sfilata dei tailleur Chanel, anche se quello rosa macchiato di sangue a Dallas è parte del personaggio, ma discute parecchio col suo architetto, Richard Grant di scorsesiana e vanziniana memoria, dell'arredamento di ogni stanza. E grande è il momento, ultrafetish, di Jackie che tocca il tappeto rosso dello Studio Ovale, arrivato a presidente ormai defunto.

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Come mette in piedi il nuovo arredamento della Casa Bianca, Jackie, mischiando intelligenza, marketing e vanità, mette in scena anche il funerale strepitoso di JFK che obbligherà perfino De Gaulle a seguire il feretro a piedi (non sarà un caso che il film sia girato in Francia).

 

Nella notte avete anche “Selvaggi” dei Vanzina con Ezio Greggio, Antonello Fassari, Cash, Monica Scattini, Cinzia Leone, una sorta di Lost in commedia, pieno di battute sulla politica, “Amami” di Bruno Colella, prodotto da Galliano Juso con Moana Pozzi che fa un po’ se stessa, Victor Cavallo, Novello Novelli, il Ceccherini, Cine 34 alle 00, 35.

 

Ma il film più stracult della serata penso sia “Il boxer dalle dita d’acciaio” di Yavg Shih Chin, Iris alle 00, 40, che i fan dei primi kung fu arrivati in Italia non si faranno scappare. Rai Tre/Fuori Orario presenta una favolosa doppietta di film diretti da Mario Soldati, all’1, 40 “Le miserie dei signor Travet” con Carlo Campanini, Vera Carmi, Gino Cervi, Luigi Pavese e Alberto Sordi, girato nel 1945, e alle 3, 10  “Policarpo ufficiale di scrittura” con Renato Rascel, Carla Gravina, Peppino De Filippo, Revato Salvatori, girato nel dopoguerra a colori.

NINETTO DAVOLI FRANCA GONELLA - AMORE ALL'ARRABBIATA NINETTO DAVOLI FRANCA GONELLA - AMORE ALL'ARRABBIATA

 

Mi interessa molto anche la commedia francese in odor di nouvelle vague “Caccia al maschio” di Edouard Molinaro con Jean-Paul Belmondo, Jean-Claude Brialy, Claude Rich, François Dorleac, la bellissima sorella di Catherine Deneueve, Marie Laforet, Iris alle 2, 05.

 

Ma passano anche commedie sexy come “Amore all’arrabbiata” di Carlo Veo con Ninetto Davoli, Franca Gonella, Alfredo Rizzo, Cive 34 alle 2, 20, o “Il pomicione” di Roberto Bianchi Montero con Francesco Mulé, Rosalba Neri, Cine 34 alle 4.

 

Ci sarebbe perfino il non riuscito “Il trapianto” di Steno, allora commedia di grande imbarazzo dove due poveri, Renato Rascel e Carlo Giuffré, offrono la propria virilità in cambio di soldi per un trapianto di pene. Il tema era totalmente irraguardoso e di cattivo gusto. Tanto più che il protagonista della vicenda era un comico molto amato dal pubblico di ogni età come Renato Rascel.

 

Eppure la firma di Steno, di Nino Longobardi al soggetto, di Scarnicci-Tarabusi-Vianello alla sceneggiatura avrebbero dovuto fare aprire gli occhi ai critici bacchettoni. Ma da nessuna parte si levò una difesa. Il film è rimasto così abbandonato a se stesso. Peccato perché la vendita del proprio membro tra Giuffrè e Rascel era notevole nel suo orrore. E Steno mantiene comunque un clima da sana commedia con qualche vena amara.

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Durante la lavorazione in un albergo di Marino, che si farà passare per albergo della Costa Azzurra, l’inviato del “Corriere della Sera” Alberto Ceretto spiega appunto che “la vicenda cinematografica che Steno dirige valendosi anche dell’ausilio del figlio Carlo, pur se sviluppata in chiave ironica, vuole anche avere un fondo amaro, triste, drammatico, prospettando la possibilità che fra i prodigi della scienza col tempo il corpo umano diventi merce di scambio.”

 

Ceretto parla della presenza del peso massimo spagnolo Urtain, vero campione di boxe spagnolo, il vero nome è José Manuel Ibar, come uno dei tre donatori, il boscaiolo veneto. Più che probabile che venne sostituito all’ultimo minuto da Gerlando Martelli, che fa il veneto Rocco Brustolon. Non si sa però, perché se ne sia andato Urtain, allora popolarissimo. Forse la storia non lo aveva convinto. Ci credo.

il pomicione il pomicione il pomicione. il pomicione.

 

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