liceo classimo massimo dazeglio - fernanda pivano e primo levi

“IO E PRIMO LEVI FUMMO BOCCIATI CON 3 IN ITALIANO” – "SETTE" RIPUBBLICA UN PEZZO DEL 1987 IN CUI FERNANDA PIVANO RICORDA GLI ANNI AL LICEO D’AZEGLIO DI TORINO - "CON LEVI ERAVAMO COMPAGNI DI CLASSE E CESARE PAVESE (SUPPLENTE PER ALCUNI MESI) CI DAVA BELLISSIMI VOTI. POI ACCADDE CHE ALLA MATURITA? FUMMO RIMANDATI A SETTEMBRE IN TUTTE LE MATERIE PERCHE' UN PROFESSORE DI BRESCIA AVEVA GIUDICATO MALISSIMO IL NOSTRO TEMA - QUEL GIORNO FU L’ULTIMA VOLTA CHE VIDI PRIMO…" - LA RABBIA QUANDO NON VINSE IL PREMIO PER LA PACE

Articolo di Fernanda Pivano del 18 aprile 1987 ripubblicato da “Sette”

 

LICEO CLASSIMO MASSIMO DAZEGLIO A TORINO - FERNANDA PIVANO E PRIMO LEVI

Sono stata sollecitata in varie occasioni a fare un accostamento tra il suicidio di Pavese e quello di Primo Levi. Ma come è possibile tentare un simile confronto? Il suicidio è la più misteriosa, segreta, inaccessibile delle decisioni umane: nessuno saprà mai l’ultimo pensiero, l’ultimo sguardo, l’ultima angoscia dell’essere umano che rinuncia alla vita, si sottrae ai soprusi, si dichiara sconfitto.

 

Il muro della vita privata non è mai così invalicabile come nel momento estremo. Per questo non mi pare si possano fare confronti, e anzi mi sembra imbarazzante il pensare di farne; in questo caso poi, dove una persona immersa nella incomunicabilità e nella solitudine come Pavese è totalmente diversa da un uomo che adorava la sua famiglia e ne era adorato.

fernanda pivano a sette anni

 

Da Pavese non credo proprio abbia imparato l’idea del suicidio. È più facile che abbia imparato da lui a leggere Dante e i poeti del Trecento italiano, in quei pochi mesi che ci toccò il privilegio di averlo a farci lezione al liceo D’Azeglio.

 

Con Levi eravamo compagni di classe, e Pavese ci dava bellissimi voti e soprattutto bellissimi commenti, rinfrancandoci nelle nostre precoci ansie politiche. Questo avveniva in quella che allora si chiamava una prima liceo, dove Pavese insegnò per qualche mese indimenticabile prima di venir arrestato e portato al confino: Levi stava tipicamente in un banco indistinto, nel mezzo della classe.

fernanda pivano giuseppe ungaretti 1949

 

Quelle lezioni erano il nostro premio, un premio di cui ci accorgemmo quando Pavese fu sostituito da un professore in regola col fascismo e coi programmi scolastici, che non ci faceva più studiare sulla storia di Attilio Momigliano e di De Sanctis ma su un testo gradito a quello che allora si chiamava il Regime. Alla fine dell’anno la classe venne divisa: si fece una sezione per i ragazzi e una per le ragazze. Da allora Levi lo vidi solo alle lezioni di chimica (allora si chiamavano di «scienze»), dove era bravissimo, mentre io ero proprio un disastro e presa un po’ di mira da una strana professoressa, di cui ho rimosso (come direbbe uno psicanalista per dire dimenticato) il nome, ma di cui ricordo benissimo le lezioni criptiche, nelle quali invece Levi si muoveva con sorprendente disinvoltura.

 

primo levi

Levi accettava la sua supremazia silenzioso, sommesso, ritraendosi dal nostro stupore davanti alla sua bravura, come restava silenzioso quando Pavese ci leggeva brani dei suoi componimenti. Era schivo, modesto, sorridente, come se fosse preoccupato di mortificare gli altri con la sua superiorità; e credo che questo modo di essere non lo abbia abbandonato mai. Nessuno poteva immaginare allora che quella bravura alle lezioni di chimica gli avrebbe salvato la vita ad Auschwitz.

 

fernanda pivano ritratta da ettore sottsass.

La sua attitudine all’understatement si rivelò clamorosamente quando ci diedero la buffa e imprevedibile notizia che noi due eravamo stati rimandati a settembre in tutte le materie perché all’esame di italiano alla maturità classica un professore di Brescia (mi pare, ma non ne sono sicura, che si chiamasse Pasero) rivelando un brillante intuito critico aveva giudicato il nostro tema d’italiano con un 3, dunque escludendoci secondo il regolamento di allora dagli esami orali: fummo gli unici due allievi del D’Azeglio a subire questo trattamento.

 

primo levi al premio strega 1963

Quel giorno che ci diedero la notizia fu l’ultima volta che lo vidi: io ero sconvolta, lui calmo e ironico, bravissimo di fronte all’assurdita e all’ingiustizia come rimase sempre. Agli esami di settembre lo intravidi appena e poi non lo incontrai piu. Da lontano, con gioia, seppi del suo ritorno dalla tragedia del lager e con gioia seguii i suoi successi letterari e la sua affermazione con le sue doti di comprensione e di generosita umana, la sua assenza di animosita e di risentimenti, la sua capacita di dedizione e di amore nella famiglia e nella professione.

 

Quando diedero il Nobel della pace a Elie Wiesel anche per i suoi meriti nella divulgazione del dramma ebraico dell’Olocausto pensai a un’altra ingiustizia: pensai che Levi si era trovato di fronte a un altro 3 di italiano dato da un professore di cui non si conosce neanche il nome.

 

fernanda pivano a 17 anni

Ma ancora una volta Levi non protesto e si ripiego con silenziosa modestia sul suo lavoro, senza lamentarsi e senza chiede- re niente a nessuno, continuando a scrivere, andare ogni giorno dal suo editore, che con tipica lealta non abbandono nei momenti di crisi, quando Giulio Einaudi precipito nel disastro. Anche all’ingiustizia del Nobel assistei da lontano, pensando che forse col tempo Levi avrebbe ricevuto il Nobel della letteratura, che viene assegnato con cosi imperscrutabili criteri.

 

Ruppi il silenzio di tanti anni quando mi chiesero di proporre due scrittori per la nomination del premio Hemingway, quello che assegnano ogni anno all’hotel Ritz di Parigi. Telefonai a Levi, gli chiesi quale libro gli avessero pubblicato in America nel 1986, mi accertai che la nomination non lo infastidisse. Fu gentilissimo come era sempre, leggendariamente, gentile con tutti.

 

Primo Levi

Parlammo un po’ della nostra bocciatura, un po’ di quella professoressa di chimica che per punirmi non si sa bene di cosa mi faceva soffiare con una cannuccia in un polmone di bue appena macellato (provocandomi un trauma non ancora superato), un po’ di Pavese, naturalmente. Aveva un tono distaccato, come se le cose del mondo non lo interessassero piu, ma pensai che dipendesse dalla mia proposta di un premio che non considerava importante. Forse per non darmi questa impressione mi parlo della malattia di sua madre e della sua depressione, disse che la stava curando, che sperava di ricominciare presto a scrivere.

 

fernanda pivano.

Lo lasciai preoccupata di averlo disturbato; ora sono felice di avergli offerto il poco di cui disponevo, di avergli confermato la mia stima. Mi resi conto che doveva stare male davvero quando non lo vidi a Firenze coi vecchi amici a festeggiare Einaudi. Della sua assenza si parlo; abbassando la voce parlammo della sua depressione.

 

Ma nessuno quella sera immagino quello che sarebbe successo, che stava per succedere a un uomo che rappresentava un esempio di forza e di sopportazione per tutti noi. Un uomo capace di «resistere e sopravvivere», come diceva Faulkner, che senza conoscerlo sembra si sia ispirato a lui per certi suoi personaggi immortali.

fototessera di primo levi 1937cesare pavese 1IL DIPLOMA DI LAUREA DI PRIMO LEVI fernanda pivano con jack kerouack cesare pavese 2fernanda pivano ritratta da ettore sottsass cesare paveseil taccuino segreto di cesare pavesecesare pavesecesare pavese 3LA LETTERA INVIATA DA PRIMO LEVI A SAUL STEINBERG NEL 1985primo levi al premio strega 1963

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