anna galiena

“NON ACCETTAI LE INQUADRATURE GINECOLOGICHE E IL RAPPORTO CON TINTO BRASS SI INCRINO'. POI QUELLA SCENA DELL'ORGIA...'' - ANNA GALIENA: ''LE SCORCIATOIE NON M' INTERESSAVANO. UN PRODUTTORE MI CONVOCO’ PER DISCUTERE DI UNA SCENEGGIATURA. COME SONO ENTRATA, HA CHIUSO A CHIAVE L'UFFICIO. "E NO!", LO RIAPRII. PER FORTUNA C'ERA LA SEGRETARIA - IL POLITICALLY CORRECT PUÒ DIVENTARE GABBIA. IN AMERICA NEGLI ANNI ‘70 LE BATTUTE SUGLI EBREI O SUI NERI SI DICEVANO SOTTOVOCE, MA ERANO LORO STESSI I PRIMI A RIDERNE…”

 

Maurizio Caverzan per “la Verità”

 

senso 45 3

«Ho dormito poco», confida Anna Galiena quando, protetta da grandi occhiali da sole, compare nel giardino del Teatro Olimpico di Vicenza. Qui è in scena con due spettacoli: La signora Dalloway, tratto dal romanzo di Virginia Woolf, regia di Giancarlo Marinelli, anche direttore artistico del 73° ciclo dei classici del teatro, e Noi. Dialoghi shakespeariani di cui, oltre alla traduzione e all'adattamento, firma regia e interpretazione. Come possano riposare tranquilli attori e attrici dopo le «prime» è in effetti un piccolo mistero.

 

«Io mi aiuto con la meditazione», confida ancora Galiena, «ma non sempre ci riesco». Attrice poliedrica di teatro, cinema e televisione, negli Stati Uniti membro dell'Actors studio di Elia Kazan, protagonista in Francia e in Italia per i migliori registi, nel monologo tratto dal Bardo si sdoppia al femminile e al maschile su amore, morte, potere, lussuria, gelosia.

senso 45 2

 

Negli aristocratici panni di Clarissa Dalloway è, invece, il perno della giornata londinese che culminerà nella festa funestata dal suicidio di Septimus, tormentato reduce di guerra.

 

Come ci si prepara a due spettacoli nello stesso cartellone?

senso 45

«Si passa tutto il tempo in compagnia delle proprie battute. Per La signora Dalloway ho lavorato principalmente in gruppo. Per Shakespeare che aveva molto testo mi mettevo distesa a terra su un tappetino, ogni battuta una postura. Muovere il corpo serve a memorizzare e toglie la tensione dello stare in piedi, davanti a un tavolo».

 

L'ha imparato all'Actors studio?

«L'ho frequentato tre anni, fino al 1983. Io e Francesca De Sapio, che ora è una fantastica insegnante, eravamo gli unici membri italiani e potevamo frequentare i corsi, non solo da osservatori. Dal 1989 un'altra gestione ha eliminato la selezione».

 

A New York è rimasta fino al 1984

«Quando sono tornata a Roma, dove ho avuto un secondo shock culturale».

 

Il primo qual era stato?

«Arrivata in America avevo scoperto che non c'era il dibattito. Non si parlava, si faceva. Ero abituata ai grandi discorsoni per rifare il mondo. Invece lì non c'era passato, non c'era cultura, c'erano individualismo e tante persone sole nei caffè».

anna galiena 8

 

Però si faceva.

«E si faceva veramente senza metterti ostacoli. Non mi hanno mai chiesto da dove venivo o chi mi spingeva. C'era una pubblicazione con l'agenda settimanale dei provini. La consultavi, ti presentavi, salivi sul palco e se andavi bene ti prendevano. La competizione era sfrenata. Tornata a Roma ho trovato un ambiente fatto di clan, in cui tutti parlavano e si lamentavano».

 

Di cosa?

«Del fatto che non si teneva conto del curriculum, per esempio. Manager e produttori mi dicevano di lasciar perdere le cose americane. Squadravano il fisico, chiedevano se ero fidanzata, mi invitavano a cena. Un paio di volte ero lì lì per usare le mani».

 

Motivo?

«Un produttore che non c'è più mi aveva convocato per discutere di una sceneggiatura. Come sono entrata, ha chiuso a chiave l'ufficio. "E no!", l'ho riaperto E siccome di là c'era la segretaria si è calmato».

anna galiena 7

 

Basta dire di no?

«In una certa maniera».

 

Però era scossa?

«Mi dicevano: "Qui funziona così, devi appartenere a una scuderia, a un produttore, a un politico. Oppure devi avere una famiglia ricca che ti manda alle feste finché incontri qualcuno". Io ero seguita da Fabio Ferzetti, un bravo agente, ma stavo già pensando di andarmene di nuovo. Invece accadde che, per un film per la tv, un'attrice svedese aveva dato forfait all'ultimo momento e siccome nel curriculum le misure corrispondevano, mi proposero di tentare. Si girava fuori Roma, presi il trenino e mi presentai alla prova costumi».

 

E il copione?

«Era semplice. Andai senza tante prove, unica istruzione di un cameraman: "Aò regazzì, mica stai a teatro, devi guarda 'a machina". Dopo quella volta presero a chiamarmi. Certi funzionari che avevano le loro protette s' interrogavano: "Ma questa chi c'ha dietro?"».

 

Funzionava così La seconda molestia?

«Di un altro produttore, anche lui non c'è più. L'avevo incontrato a New York a un piccolo festival... Mi convoca e come entro si alza e, diciamo, mi abbraccia. Sono scappata urlando».

anna galiena 6

 

Ha avuto una carriera più lenta?

«Le scorciatoie non m' interessavano. Se valgo qualcosa voglio che sia riconosciuto. C'è chi la coscienza non ce l'ha. Per educazione e scelte personali, io ce l'ho in abbondanza».

 

Come giudica le denunce dilazionate?

«L'abuso di potere esiste in tanti campi, non solo nel cinema o nel teatro. Le denunce ben vengano anche postume. Parlarne subito non è facile, si può essere ancora turbate, ci si vergogna».

 

Anche se nel frattempo si sono girati un po' di film con quel produttore?

«Il do ut des smonta la denuncia».

anna galiena 5

 

Perché c'è voluto il regista francese Patrice Leconte per consacrarla con Il marito della parrucchiera?

«Dopo tre anni in Italia non ero contenta. O appartenevi al giro di amicizie giuste e ai salotti chic oppure stentavi. Ormai avevo deciso di tornare a New York dove avevo ancora il mio appartamentino, ma Ferzetti mi mandò da Yves Boisset che stava per girare La fata carabina tratto da Daniel Pennac. Non sapevo il francese, imparai qualche frase di circostanza, ma al provino, con mia sorpresa aprirono il curriculum: "Lei ha lavorato con Kazan!". Cominciammo a parlare di teatro... E trascorsi l'estate con le cuffie nelle orecchie per imparare il francese».

 

Poi?

anna galiena 4

«Arrivarono altre offerte e Leconte vide una mia foto nell'ufficio di un direttore del casting e mi volle incontrare. Dopo Il marito della parrucchiera in Italia tutti i film con ruoli tra i 20 e i 40 anni li offrivano a me».

 

Ma

«Cominciai a dire dei no. Non tutte le parti erano per me. Rifiutai Arriva la bufera di Daniele Luchetti, con il quale poi girai La scuola. Feci Il grande cocomero di Francesca Archibugi, Senza pelle di Alessandro D'Alatri. In Francia declinai La regina Margot di Patrice Chéreau, che non mi chiamò più».

 

I francesi sono più permalosi?

«E più presuntuosi. L'isola felice non c'è».

 

La lista dei registi importanti è lunga, con chi si è trovata meglio?

«Con Leconte c'era un'intesa perfetta sul set. Feci un corso di parrucchiera di tre settimane dalle nove del mattino alle cinque del pomeriggio. C'era cura del dettaglio, un'attenzione al mestiere che avevo visto solo negli Usa. In Italia si privilegia la dizione pensando sia quella a trasmettere le emozioni».

 

Invece conta anche la corporeità?

«Siamo corpo, mente, emozioni, non puro spirito. I registi italiani curano le intonazioni, quelli americani forse eccedono nel senso inverso».

 

anna galiena 3

Come andò sul set di Senso '45 di Tinto Brass?

«All'inizio la sceneggiatura era bellissima, ambientata nella Venezia di fine guerra. Avevo letto la novella di Camillo Boito e ricordavo il film di Luchino Visconti, molto romantico. Brass mi conquistò facendomi vedere le sue prime opere, Il disco volante, La vacanza con Vanessa Redgrave, dove nessuno si spogliava.

 

Poco alla volta, la sua ossessione per l'erotismo prese il sopravvento. Accettai il nudo, non le inquadrature ginecologiche. Usò delle comparse per la corsa in spiaggia girata a Ostia anziché al Lido. Anche la scena dell'orgia fu modificata al montaggio, fino a sconfinare nella pornografia».

 

Il rapporto si incrinò?

«Purtroppo sì. Non feci nessuna pubblicità, partecipai appena alla conferenza stampa. I critici dissero che sarebbe stato un bel film senza quei dieci minuti di eccessi».

 

Tra cinema, teatro e televisione qual è il linguaggio che predilige?

«A quattro anni le suore mi misero su un palcoscenico».

 

Le suore?

«Eravamo cinque fratelli, per la donna che ci seguiva mentre i miei genitori erano al lavoro l'asilo delle suore era il più comodo. Ero bionda e riccia, ma con una parrucca castana diventai una Madonna perfetta. Che parlava spagnolo, perché erano suore spagnole. Mi piacque molto».

 

anna galiena 2

Quando si avvicinò al cinema?

«Alla New York university fondata da Martin Scorsese, dove finanziavano un cortometraggio di 20 minuti. Il regista mi aveva visto a teatro e mi propose di essere la protagonista».

 

Tra cinema e teatro?

«Se dovessi scegliere davanti a una pistola opterei per il palcoscenico».

 

La Signora Dalloway è una metafora del presente, apparenza glamour e sostanza nichilista se non disperata?

«Ha ragione Marinelli, è un testo molto attuale. La tegola che ci è arrivata addosso con la pandemia è servita a ridimensionarci. A chiederci che cosa vale davvero e che cosa invece è superfluo. In una società consumistica e sempre connessa, in realtà c'è pochissimo ascolto dell'altro».

anna galiena 2 copia

 

Ogni personaggio della Wolf rappresenta un mondo.

«L'ideologia, l'edonismo Questa situazione inedita ci invita a chiederci dove sono io e dov' è l'altro».

 

Nel mondo dello spettacolo gli stereotipi politicamente corretti tipo il premio neutro gender del Festival di Berlino stanno diventando esasperanti?

«È tutto uno slittamento della mentalità americana che ho visto 45 anni fa. E non solo per le battaglie femministe».

 

La guerra dei sessi è la strada migliore per la parità alle donne?

anna galiena 14

«In Italia e in Europa uomini e donne si sono sempre cercati, vivono insieme, si abbracciano - un po' meno con il Covid. In America i sessi sono più separati, a volte antagonisti. Però, siccome non si può farne a meno, ci si unisce, ci si sposa. Ma è come se fossero compromessi temporanei. C'è solitudine, separatezza».

 

Concorda con Carlo Verdone che ha detto che il politicamente corretto frena la creatività perché ogni gag deve superare l'esame delle minoranze?

anna galiena e tinto brass 3

«In America negli anni Settanta le battute sugli ebrei o sui neri si dicevano sottovoce, ma spesso erano loro stessi i primi a riderne. Poi la faccenda è peggiorata e nell'84 son venuta via. Ora anche qui rischiamo di costruirci un'altra gabbia».

 

È questo il pericolo?

«Sì, ma noi resistiamo. Gli uomini di buona volontà continuano a lavorare, a scrivere, a rischiare. Come si dice a Napoli: "Scherzando Pulcinella dice o' vero"».

anna galiena 16

 

anna galiena e tinto brass 2galiena il bello delle donnesilvio orlando anna galienaanna galiena 15

 

Ultimi Dagoreport

fabio pinelli soldi csm

DAGOREPORT – ALTRO CHE SPENDING REVIEW AL CSM TARGATO FABIO PINELLI – IL VICEPRESIDENTE DI NOMINA LEGHISTA SEMBRA MOLTO MENO ATTENTO DEL PREDECESSORE NELLA GESTIONE DELLE SUE SPESE DI RAPPRESENTANZA – SE NEL 2022, QUANDO ERA IN CARICA DAVID ERMINI, ERANO STATE SBORSATI APPENA 4.182 EURO SU UN BUDGET TOTALE DI 30 MILA, CON L’ARRIVO DI PINELLI NEL 2023 LE SPESE DI RAPPRESENTANZA PER TRASFERTE E CONVIVI SONO LIEVITATE A 19.972 EURO. E NEL 2024 IL PLAFOND DISPONIBILE È STATO INNALZATO A 50 MILA EURO. E PER LEGGE IL VICEPRESIDENTE DEL CSM NON DEVE DETTAGLIARE LE PROPRIE NOTE SPESE DI RAPPRESENTANZA...

giorgia meloni giampaolo rossi antonino monteleone laura tecce antonio preziosi monica giandotti pierluigi diaco

PRIMA O POI, AFFONDE-RAI! - MENTRE IN CDA SI TRASTULLANO SUGLI ASCOLTI DECLINANTI DI “TG2 POST”, SI CHIUDONO GLI OCCHI SULLO STATO ALLA DERIVA DI RAI2 E DI RAI3 - UN DISASTRO CHE NON VIENE DAL CIELO. LA TRASFORMAZIONE DELLA PRODUZIONE DEI PROGRAMMI DALLE TRE RETI A DIECI DIREZIONI IN BASE AL "GENERE" (INTRATTENIMENTO, INFORMAZIONE, FICTION, ECC.), AVVIATA DA FUORTES NEL 2021 MA IMPLEMENTATA DALL’AD GIAMPAOLO ROSSI (CON LA NOMINA DELLA DIREZIONE DEL "COORDINAMENTO GENERI" AFFIDATA A STEFANO COLETTA) , HA PORTATO ALLA PERDITA DI IDENTITÀ DI RAI2 E DI RAI3 MA ANCHE AL TRACOLLO DEGLI ASCOLTI (E EDLLE PUBBLICITÀ) - LO SCIAGURATO SPACCHETTAMENTO HA PORTATO A UNA CENTRALIZZAZIONE DECISIONALE NELLE MANI DI ROSSI E A UN DOVIZIOSO AUMENTO DI POLTRONE E DI VICE-POLTRONE, CHE HA FATTO LA GIOIA DEI NUOVI ARRIVATI AL POTERE DI PALAZZO CHIGI - PURTROPPO IL SERVILISMO DI UNA RAI SOTTO IL TALLONE DELL'ARMATA BRANCA-MELONI NON PAGA. LE TRASMISSIONI CHE DOPO UNA MANCIATA DI PUNTATE FINISCONO NEL CESTINO, ORMAI NON SI CONTANO PIÙ. TANTO CHE I DUE CANALI SONO STATI RIBATTEZZATI ‘’RAI2%’’ E ‘’RAI3%’’...

giovambattista giovanbattista fazzolari vitti

FLASH – ROMA VINCE SEMPRE: IL SOTTOSEGRETARIO FAZZOLARI, DA SEMPRE RISERVATISSIMO E RESTÌO A FREQUENTARE I SALOTTI, ORA VIENE PIZZICATO DA DAGOSPIA NEL “SALOTTO” DI PIAZZA SAN LORENZO IN LUCINA, SPAPARANZATO AI TAVOLI DI “VITTI”, DOVE POLITICI, GIORNALISTI E POTENTONI AMANO ATTOVAGLIARSI (DENIS VERDINI FACEVA LE RIUNIONI LI' E CLAUDIO LOTITO AMA GOZZOVIGLIARE DA QUELLE PARTI, SPILUCCANDO NEI PIATTI ALTRUI) – ANCHE “FAZZO” È ENTRATO NELLA ROMANELLA POLITICA DE “FAMOSE DU’ SPAGHI”: L’EX DIRIGENTE DI SECONDA FASCIA DELLA REGIONE LAZIO CHIACCHIERA CON UN CANUTO SIGNORE DI CUI VORREMMO TANTO CONOSCERE L’IDENTITÀ. I DAGO-LETTORI POSSONO SBIZZARIRSI: HANNO QUALCHE SUGGERIMENTO PER NOI?

giampaolo rossi rai report sigfrido ranucci giovanbattista fazzolari francesco lollobrigida filini

DAGOREPORT – RAI DELLE MIE BRAME: CHIAMATO A RAPPORTO L'AD GIAMPAOLO ROSSI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI DOVE SI E' TROVATO DAVANTI, COL DITO ACCUSATORIO, I PLENIPOTENZIARI RAI DEI TRE PARTITI DI MAGGIORANZA: GASPARRI (FI), MORELLI (LEGA) E FILINI (FDI) CHE, IN CORO, GLI HANNO COMANDATO DI TELE-RAFFORZARE LA LINEA DEL GOVERNO - IL PIÙ DURO È STATO IL SOTTOPANZA DI FAZZOLARI. FILINI SPRIZZAVA FIELE PER L’INCHIESTA DI “REPORT” SUI FINANZIAMENTI DI LOLLOBRIGIDA ALLA SAGRA DEL FUNGO PORCINO - ROSSI, DELLE LORO LAMENTELE, SE NE FOTTE: QUANDO VUOLE, IL FILOSOFO CHE SPIEGAVA TOLKIEN A GIORGIA NELLE GROTTE DI COLLE OPPIO, PRENDE IL TELEFONINO E PARLA DIRETTAMENTE CON LA PREMIER MELONI... - VIDEO

giorgia meloni daria perrotta giancarlo giorgetti

FLASH – GIORGIA MELONI HA DETTO A BRUTTO MUSO AL RAGIONERE GENERALE DELLO STATO, DARIA PERROTTA: “QUESTO È UN ESECUTIVO POLITICO E NON TECNICO”. IL CENTRODESTRA HA GIÀ SILURATO IL DG DEL TESORO, ALESSANDRO RIVERA, HA LIQUIDATO L’EX RAGIONIERE BIAGIO MAZZOTTA E HA ACCOMPAGNATO ALL’USCITA IL DIRETTORE DELLE PARTECIPATE, MARCELLO SALA. ORA SE LA PRENDE ANCHE CON LA FEDELISSIMA DI GIANCARLO GIORGETTI, CHE NON È CERTO UNA PERICOLOSA COMUNISTA, NÉ UNA OSTILE “MANDARINA” IN QUOTA “DEEP STATE”. A DESTRA COSA PRETENDONO DA MEF E RAGIONERIA? CHE SIANO USI A OBBEDIR TACENDO? DAVANTI AI TRISTI NUMERI, NON CI SONO IDEOLOGIE O OPINIONI…

donald trump volodymyr zelensky donald trump nobel pace

DAGOREPORT – DONALD TRUMP È OSSESSIONATO DAL NOBEL PER LA PACE: LE BOMBE DI NETANYAHU SU GAZA E I MISSILI DI PUTIN SULL’UCRAINA SONO GLI UNICI OSTACOLI CHE HA DI FRONTE – CON “BIBI” È STATO CHIARO: LA PAZIENZA STA FINENDO, LA TREGUA NON SI PUÒ ROMPERE E NON CI SONO PIANI B, COME HA RICORDATO AL PREMIER ISRAELIANO MARCO RUBIO (IN GRANDE ASCESA ALLA CASA BIANCA A DANNO DI VANCE) – DOMANI L’ACCORDO CON XI JINPING SU DAZI, TIKTOK, SOIA E NVIDIA (E STI CAZZI DI TAIWAN). IL PRESIDENTE CINESE SI CONVINCERÀ ANCHE A FARE PRESSIONE SUL SUO BURATTINO PUTIN? SE NON LO FARÀ LUI, CI PENSERÀ L’ECONOMIA RUSSA AL COLLASSO…