edoardo raspelli

MANGIA, BEVI E GODI CON CRISTIANA LAURO - VOLANO MESTOLATE IN CUCINA: IL CRITICO RASPELLI SI INCAZZA CON I GRANDI CHEF ("TANTE SPIEGAZIONI, POCHE EMOZIONI"), MENTRE DANIELE CERNILLI SE LA PRENDE COL "NARCISISMO" DEI CRITICI ENOGASTRONOMICI "IN MOLTI CASI RIDICOLI E PRESUNTUOSI" – LA CRITICA A QUEI PIATTI SEMPRE UGUALI CHE NON LASCIANO RICORDI…

 

 

Cristiana Lauro per Dagospia

 

raspelli

Il giornalista e critico gastronomico Edoardo Raspelli su La Stampa, con la scusa di consegnare un brutta pagella al locale Cannavacciuolo Bistrot a Novara, se l’è presa con le tavole dei grandi chef: “tante spiegazioni poche emozioni”. Una sintesi di quattro parole sottovuoto spinto che sembra dire tanto, ma non dice niente. Solo che quel niente, seppure vuoto, fa più chiasso di quanto si pensi.

 

cristiana lauro

Purtroppo al richiamo della sintesi sfugge spesso il contenuto che dovrebbe includere qualche responsabilità per chi riveste un ruolo. Altrimenti non vi sarebbe alcuna differenza tra gli aforismi di Oscar Wilde e i proverbi della sora Franca del terzo piano. L’articolo del critico gastronomico Edoardo Raspelli vuole stupire i borghesi e lo fa chiamando i camerieri “camerierini” e le cameriere “camerierine”.

 

 

Daniele Cernilli su DoctorWine.it invece se la prende proprio coi critici gastronomici ed enologici che inquadra come narcisisti, in molti casi ridicoli e presuntuosi. Ahia, volano stracci. Proviamo a capirci qualcosa.

 

 

Daniele Cernilli

Raspelli fa un bellissimo mestiere che non vi consiglio di provare ad imitare perché le redazioni a breve non pagheranno più nessuno per sedersi a tavola a pranzo e a cena e per quella specifica competenza critica.

 

L’uomo denuncia nella ristorazione - soprattutto quella più famosa - una situazione “irrimediabilmente  compromessa”. La sostanza è che la ricerca della forma e dello stile nella presentazione dei piatti ha un po’ omologato i risultati, offuscato le differenze, i tratti caratteristici. Trucco, parrucco, uno scatto fotografico da smartphone e con un clic quel piatto - che era una ricetta - raggiungerà l’altro capo del mondo.

 

La riflessione di Cernilli è molto interessante e parte da un confronto con la critica cinematografica, ma credo che il paragone regga anche con quella letteraria o delle arti visive, al netto dei contesti estetici e delle teorie della bellezza. A quanto pare la critica gastronomica non sente il bisogno - oppure se l’è dimenticato - di ricercare principi razionali utili per la valutazione e l’apprezzamento della materia che si propone di trattare. “Spesso mette le proprie idee in primo piano invece di limitarsi ad analizzare se le intenzioni siano state bene o male realizzate”.

 

 

GRANDI CHEF,TANTE SPIEGAZIONI POCHE EMOZIONI

 

Edoardo Raspelli per www.lastampa.it

 

Federico Francesco Ferrero l' ha ripetuto per l' ennesima volta: «La cucina italiana resterà intrappolata nel pantano in cui si è infilata». DoctorChef auspicava soprattutto che cuochi e ristoratori si impegnassero nella ricerca della materia prima e che non perdessero tempo nella decorazione dei piatti a uso dello scatto fotografico.

EDOARDO RASPELLI

 

La situazione, a mio parere, è irrimediabilmente compromessa, non c' è più niente da fare. Andare al ristorante, anche quello famoso, anche quello coordinato da qualche grande chef, non dà più emozioni.

 

Ho due ricordi istruttivi dei miei sette anni di liceo classico matto e disperatissimo: la celebre frase di Giambattista Marino («È del poeta il fin la meraviglia») e «épater les bourgeois» (scioccare i borghesi). Ecco, così va a sbattere la cucina italiana. I piatti sono tutti eguali; sono tutti bellissimi (o belli) ma non lasciano ricordi.

 

CESARE LANZA - UGO TOGNAZZI - EDOARDO RASPELLI

Il Nord è uguale al Sud, l' Est all' Ovest: state mangiando a Milano o a Roma ma potreste essere a Berlino o a Tel Aviv, visto che la materia prima gira in poche ore in tutto il mondo e che la foto del piatto viene vista in tempo reale anche a 10.000 km di distanza.

 

E sì che, in sala, camerierini e camerierine perfettamente addestrati a ripetere a memoria impiegano minuti per elencarvi tutti gli ingredienti che avete nel piatto, e se siete in due, in quattro, in dieci, il rito diventa fastidiosamente infinito. Che ce ne importa di sapere origine, ingredienti e gusto di quel grammo di salsa colorata, di quel ciuffetto di carne (o era pesce ? o era formaggio?) così piccolo che non dà assolutamente nulla (tranne che dal punto di vista estetico) al piatto (da 20-30-35 euro)?

 

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Per non parlare di spugne polvere aria che hanno preso il posto della triade panna piselli prosciutto degli Anni 70 e della rucola degli Anni 80. Non si discosta molto anche questo celebrato locale, dove al secondo piano (senza ascensore!) troverete due menu degustazione (75 e 90 euro) e, con 100-110: cicale di mare asparagi prezzemolo e limone, capesante scottate con rape in agro di lamponi, cavatelli di grano arso e moscardini, risotto ricci di mare e capperi, vitello guancia e cervella, spuma al basilico (perfetta per le trofie) prima dei dolci. Ottimi pre antipasti e piccola pasticceria.

 

 

3. IL NARCISISMO ENOGASTRONOMICO

Daniele Cernilli per www.doctorwine.it

 

C’è chi - critico o appassionato - mette le proprie idee in primo piano, con la malcelata voglia di orientare i comportamenti degli altri per la sola presunzione di essere “qualcuno”.

Ho la fortuna e il privilegio di conoscere bene e di essere amico di Umberto Contarello, sceneggiatore di alcuni film molto importanti, fra i quali La Grande Bellezza con il quale ha persino preso un Oscar. Parlando con lui del ruolo della critica cinematografica e paragonandola a quella enogastronomica abbiamo trovato, com’era prevedibile, molte similitudini. “I migliori critici nel mio settore” mi ha detto “sono quelli che non sovrappongono il loro gusto personale al significato dell’opera. Sono quelli che sanno quali erano le condizioni per la realizzazione di quel particolare film, e che si rendono conto se il risultato finale corrispondeva o meno a quanto gli autori si erano ripromessi.” È il contrario di quanto fanno colore che invece vorrebbero insegnare a registi e ad autori come fare un film, applicando le proprie personali convinzioni in merito.

Nel mondo enogastronomico la cosa avviene esattamente nello stesso modo, e non coinvolge solo chi fa critica o giornalismo, ma anche una buona fetta di appassionati, che a volte si vorrebbero sostituire al produttore o allo chef di turno per correggerlo od orientarlo nella realizzazione del proprio lavoro. Non limitandosi ad analizzare se le intenzioni siano state bene o male realizzate, ma discutendole e mettendo le proprie idee in primo piano, in una sorta di narcisismo gastronomico o enologico che può risultare quasi sempre fuori luogo e in qualche caso più ridicolo che presuntuoso.

Del resto c’è chi si sente en privé leader politico o allenatore della nazionale di calcio, quindi perché non chef o viticoltore, anche se non sa come accendere un fornello e non ha mai lavorato in una vigna? Esprimere il proprio parere ad ogni costo, e al di là dell’effettiva competenza, è una voglia irrefrenabile per costoro, che si comportano più o meno come bimbi viziati e che non si rendono conto che dietro le apparenze esistono conoscenze tecniche, esperienze di lavoro e idee che nascono da tutto questo e non semplicemente da personali visioni del mondo, astratte e scisse dalla realtà che si deve affrontare. E passi se questi atteggiamenti un po’ ingenui sono frutto magari di una passione alle prime armi. Peccato veniale. Ma se arrivano da chi si professa un “professionista” della comunicazione, allora sono guai. Blogger, giornalisti, influencer, maitre à penser che siano, non cambia molto. Dietro c’è una malcelata voglia di orientare i comportamenti degli altri per la sola presunzione di essere chi si ritiene di essere, e non per un corretto spirito di servizio teso ad analizzare e a informare chi opera nei settori e chi legge le recensioni.

 

 

 

 

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CRISTIANA LAURO E CARLO CRACCO

 

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