"SIAMO STATI MINACCIATI, IN UNA SCENA SOTTO UNA SOPRAELEVATA UNA BANDA CI HA FATTO LA PIPÌ ADDOSSO" - WALTER HILL, IL REGISTA DI "I GUERRIERI DELLA NOTTE" (THE WARRIORS) RACCONTA LE DIFFICOLTÀ NEL REALIZZARE IL FILM E LE POLEMICHE DOPO LA SUA PUBBLICAZIONE - "MOLTE BANDE CORSERO A VEDERLO, SI PESTARONO CON I RIVALI. CI FURONO INCIDENTI, SPARATORIE. INCOLPARONO IL FILM PERSINO PER…" - VIDEO

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Arianna Finos per “la Repubblica”

 

«Guerrieeeri... giochiamo a fare la guerra?». La cantilena culto, il tintinnio delle tre bottiglie infilate nelle dita dello psicopatico Luther David - David Patrick Kelly mentre sfida i Warriors è una battuta che mette in modalità nostalgia chiunque sia cresciuto negli anni Ottanta.

 

La ruota panoramica Wonder Wheel, la New York buia e violenta del 1978 squarciata da nord a sud, dal Bronx a Coney Island, dalla metropolitana rifugio dei giovani guerrieri dai gilet di pelle, braccati delle variopinte gang: giocatori di baseball con la faccia da Kiss, panciotti purpurei, pattinatori in salopette.

 

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Nella lista dei film controversi della storia del cinema I guerrieri della notte è 14esimo, un culto mai passato di moda che si vedrà il 20 giugno in 4K sul grande schermo a Bologna, evento speciale di "Il cinema ritrovato ", alla presenza del regista Walter Hill.

 

I fratelli Russo, quelli della saga Avengers, annunciano una serie tv nuova di zecca su The Warriors e il regista, che intervistiamo online nel salotto di casa tra quadri e disegni, ride: «Hanno tentato tante volte il remake, il progetto più serio era l'ultimo di Tony Scott... Che posso dire, la mia versione è qui, buona fortuna a loro».

 

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Per la proiezione bolognese ha scelto la versione del 1979 e non quella del 2006, accompagnata da inserti a fumetto e dalla sua voce narrante: «Non era proprio una director' s cut ma il tentativo di realizzare quella che era stata l'idea iniziale del film. Ma i disegni sono diversi da quelli che avevo immaginato e manca la voce narrante di Orson Welles, che non stava passando un buon momento. Senza il "fumetto" secondo me il film sarebbe stato un flop, ma sbagliavo. E poiché i fan amano l'originale, ho scelto quella».

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Tornando alla genesi del film, avverte: «Sono passati quarant' anni, nel mio caso anche tanto sangue e whiskey, ma le darò la mia versione più onesta». Tutto è partito «dal romanzo di Sol Yurick, che era un marxista e nel suo libro aveva un intento sociale. Per me era un puro film di inseguimenti che non necessitava di costose star.

 

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Non pensavo avremmo trovato produttori, mi sono buttato su un western low budget con Tommy Lee Jones, quando è saltato mi hanno offerto di nuovo The Warriors. Pensavano al successo di La febbre del sabato sera , ma quello tentava il realismo sociale sui giovani di Brooklyn che aspiravano a Manhattan, questo era un film futuristico basato su un racconto di 2400 anni fa (l'Anabasi di Senofonte) sulla fuga di guerrieri in terra nemica. Un mix di western, musical e action che spesso non funziona e che invece conquistò il pubblico». Non era il primo film sull'underground delle gang metropolitane «ma era la prima volta in cui l'approccio non era giudicante: le bande erano un modo per sopravvivere, in cui si entrava non per colpire, ma per non subire. Tutto ciò non era presentato come un problema sociale. Questo colpì il pubblico giovane».

 

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La scena preferita di Hill è quella in metropolitana, quando Swan e Mercy incontrano i giovani rampolli vestiti da sera, lei cerca di coprirsi le gambe, lui la ferma: «Gli sguardi che si scambiano con la coppia ricca...quello è un momento che rappresenta il film».

 

L'alchimia tra Michael Beck e Deborah Van Valkenburgh convinse Hill a cambiare la storia d'amore, prima prevista con Fox, ovvero Thomas G. Waites, che protestò furiosamente e fu allontanato: «Il set era un caos, il cast giovane...Deborah si ruppe anche il polso. Thomas era un problema serio, anche per l'uso di droga, lo licenziai. Negli anni ci siamo riavvicinati».

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Le riprese furono travagliate. «Era l'estate del '78, la più piovosa degli ultimi quarant' anni. Abbiamo girato nelle strade, siamo stati minacciati, abbiamo assoldato gang per difenderci. A volte ci hanno cacciato dai set e ci siamo dovuti spostare, in una scena sotto una sopraelevata una banda ci ha fatto pipì addosso: ora sembra divertente, allora non lo fu». Il momento più glorioso del set è il raduno in cui il carismatico Cyrus arringa le gang «la girammo in tre giorni. Niente male, eh?».

 

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All'uscita il film fu accolto tra proteste e boicottaggi, accusato di fomentare violenza. «Molte bande corsero a vederlo, si pestarono con i rivali. Ci furono incidenti, sparatorie. Incolparono il film persino per un tizio che aveva sopreso la fidanzata con un altro e gli sparò nel drive in dove proiettavano The Warriors ».

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Anche la critica fu dura, «le recensioni dei quotidiani furono pessime, le riviste specializzate erano entusiaste. La discussione generò il successo». Il film è diventato rapidamente un culto: «Due anni dopo l'uscita scoprii che facevano proiezioni con i ragazzi vestiti come i guerrieri, a New York, Boston, Los Angeles, San Francisco. E ce ne sono ancora almeno un paio l'anno. E prima della pandemia gruppi di motociclisti vestiti da Warriors facevano il tour dal Bronx a Coney Island. Ancora oggi ricevo 25 lettere al mese e richieste di autografi, da Europa, Giappone, Stati Uniti».

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