lady gaga madonna

LE RADICI SI CANTANO - GLI ITALIANI DI SECONDA GENERAZIONE CHE SI DANNO ALLA MUSICA NON FANNO CHE RICORDARE LA LORO IDENTITA’ METICCIA - IN PASSATO NESSUNO TRA I CANTANTI ITALOAMERICANI DI SUCCESSO, DA MADONNA A LADY GAGA DA SPRINGSTEEN A LIZA MINNELLI, HA “OSATO” SVENTOLARE L’ITALIANITA’ NEI SUOI PEZZI - PISTOLINI: “LA GLOBALIZZAZIONE SARÀ LO STEP SUCCESSIVO DELL'OMOLOGAZIONE. A CUI OGGI, QUALCUNO PROVA A..."

Stefano Pistolini per “il Venerdì - la Repubblica”

 

Frank Capra

Una volta eravamo gli ultimi. Gli intrusi. I poco desiderati. Gli italiani. Emigranti, a colpi di navi ricolme di anime in cerca d'opportunità. Più o meno come sarebbe successo nel Mediterraneo a inizio XXI secolo. Andavamo, lavoravamo, ci ambientavamo e, appena possibile, cantavamo e recitavamo, dando fondo a un repertorio nostrano, organico - almeno così dice la vulgata. Per vocazione, per consolarci, per guadagnare qualche soldo, abbiamo cominciato a gorgheggiare in una lingua che ancora stavamo imparando.

frank zappa

 

Cantavano a squarciagola gli italiani d'America, e quanto sono piaciuti subito! Più tardi, quando la musica leggera diventerà il luogo comune dello svago e la colonna sonora degli amori e delle emozioni, gli italoamericani sono già una comunità rispettata e potente. Motivo per cui la storia della nostra canzone da immigrati - gli immigrati prima generazione e poi i mezzosangue - è un antefatto esemplare di ciò che accade adesso sulle nostre amate sponde, secondo il più vichiano dei ricorsi.

 

Ma se ci si vuole spingere a un confronto tra queste due saghe di contaminazione musicale/culturale - gli italiani in America lungo il Novecento e i nuovi arrivati o nati nell'Italia del XXI secolo - e dei diversi percorsi di penetrazione nella locale industria dello spettacolo, salta all'occhio un'evidenza: gli emigranti italiani, nei loro tentativi di costruirsi una credibilità artistica oltreoceano (sovente coronati da successo), nella quasi totalità dei casi rinunciarono al fattore di "italianità", ovvero al repertorio di tradizioni, citazioni e memorie di un patrimonio ormai già lontano.

sinatra

 

La loro capacità d' integrazione e mimetismo in tutti i comparti del mondo musicale li distingue, ad esempio, da quanto avviene parallelamente in campo cinematografico (da Rudolph Valentino e Frank Capra, giù fino a Scorsese, Coppola e DeNiro) e da quanto sta capitando da noi adesso, dove la scena rap, divenuta nel frattempo mainstream nazionale, s'è popolata di una moltitudine di giovani figli di immigrati con in testa un preciso valore di rivendicazione culturale. Il peso specifico della ribollente America del XX secolo convinse coloro che tentavano la carta del fare musica ad assoggettarsi alle regole del gioco.

 

DEAN MARTIN

Basta scorrere i nomi che per primi arrivarono alla fama nel secondo dopoguerra, mentre il Pianeta impazziva per il lifestyle a stelle e strisce: Frank Sinatra e Dean Martin (Dino Paul Crocetti), Perry Como e Frankie Laine (Franco Lo Vecchio), e più tardi Tony Bennett (Anthony Dominick Benedetto) e Liza Minnelli, conquistano l'America suonando americano e lasciando vaga, sullo sfondo, la risonanza di un' origine mediterranea, della terra dei latin lovers e delle vacanze romane.

 

La regola sarà sempre la stessa: un accenno di romantico orgoglio alle radici italiane nel corso delle interviste, ma nessuna concessione alla nostalgia. Quando si tratterà di rispolverare 'O Sole mio in salsa beguine, a farlo non sarà un figlio d' Italia, ma un giovanotto di stirpe irlandese come Elvis Presley. Stesso discorso per gli italoamericani del rock' n'roll, ragazzi cresciuti a spaghetti e polpette, che coi loro ciuffi impomatati saranno in prima fila nel boom american graffiti: Vic Damone e Bobby Darin (Walden Robert Cassotto), Connie Francis (Concetta Rosa Maria Franconeri) e Frankie Avalon (Francis Thomas Avallone).

lady gaga madonna 1

 

Del resto, la terra dove sono venuti al mondo prevede poche variazioni sul tema: il sogno americano è uno solo per tutti e non c'è spazio per chi guardi altrove. Anche quando arriva il momento dei cantautori, le cose vanno nella stessa direzione: Jim Croce e Laura Nyro (Nigro) e, più tardi, Ani DiFranco o Alicia Keys (Augello), cantano le storie americane di chi ha scoperto quel Paese e ci si è identificato fino al midollo.

 

E pensare che anche a casa Springsteen c'è tanta Italia, attorno al giovane Bruce, figlio di mamma italiana: Adele Zirilli. Quando si calerà nei panni del Boss, la sua Italia Bruce la troverà negli amici come Little Steven, o nella compagna della vita, Patti Scialfa. Eppure l'humus della sua poetica saranno sempre i sogni infranti nel desolato New Jersey. Lo stesso Stato, zeppo di paisà, dove Richie Sambora e Jon Bon Jovi (Bongiovi) mettono su una delle band più iconiche del classic rock americano, un genere nel quale ci s'imbatte spesso in echi italiani.

bon jovi

 

Basta scorrere i cognomi dei membri delle band: i fratelli Porcaro dei Toto, ad esempio, o gli Aerosmith, fondati da due ragazzotti con sangue nostrano nelle vene, come Joe Perry e Steven Tyler (Tallarico). E suonano italiani i cognomi di John Frusciante (Red Hot Chili Peppers), Tom Morello (Rage Against the Machine), Gwen Stefani (No Doubt), Peter Criss (Peter Criscuola, il batterista dei Kiss). Fino al più eccentrico e misterioso di tutti: Frank Zappa, dotato di tanta identità italiana nella vita, quanto esotericamente legato alle radici più sofisticate della musica Usa, a cominciare dal jazz (a proposito, leggenda vuole che uno degli iniziatori del jazz a New Orleans sia il figlio di due siciliani: Nick La Rocca).

 

Intanto Henry Mancini e Angelo Badalamenti scrivevano per Hollywood dimenticandosi del tutto di Cinecittà e il discorso non cambia osservando le superstar che prenderanno a dominare le classifiche di vendita: Madonna (Louise Veronica Ciccone) e Lady Gaga (Stefani Joanne Angelina Germanotta), e poi Ariana Grande e Demi Lovato, sono ragazze italiane, però cresciute immerse in una cultura diversa.

gwen stefani

 

Se le si osserva oltre la superficie, si scoprono gli indizi di un modo d'essere che conosciamo bene. Ma, alla fine, il loro sentirsi italiane non va oltre qualche dichiarazione durante le tournée, o qualche gesto a effetto. La sottomissione di una cultura nei confronti di un'altra è dettata da fattori commerciali e viene accettata come status quo. Lo impone la stessa natura del progetto americano: gente da tutti gli angoli del pianeta, unita nella produzione di una nuova cultura comune.

ariana grande 6

 

In tempi recenti, la globalizzazione sarà lo step successivo dell'omologazione. A cui oggi, qui da noi, qualcuno evidentemente sta provando a sottrarsi, difendendo la prevalenza di un' identità originale, a cominciare dalle parole che si cantano o si rappano. Un passo avanti, rispetto a ciò che è capitato in America.

 

Dove nemmeno ai grandi trasgressori musicali sarebbe mai venuto in mente di ricordare da dove venivano - se è vero che Steve Albini, il pigmalione dei Nirvana, era un italiano innamorato del cappuccino e che è italiano Lee Ranaldo, il fondatore dei rivoluzionari Sonic Youth. Perfino Johnny Thunders, il più perverso dei New York Dolls che scandalizzarono la New York anni 70, in realtà si chiamava John Anthony Genzale, ed era il figlio d' una coppia di Avellino, sbarcata nel Queens a cercar fortuna.

Johnny Thunders

Ultimi Dagoreport

emmanuel macron friedrich merz giorgia meloni donald trump volodymyr zelensky vladimir putin

DAGOREPORT – ET VOILA', ANCHE SULLA SCENA INTERNAZIONALE, IL GRANDE BLUFF DI GIORGIA MELONI È STATO SCOPERTO: IL SUO CAMALEONTISMO NON RIESCE PIÙ A BARCAMENARSI TRA IL TRUMPISMO E IL RUOLO DI PREMIER EUROPEO. E L'ASSE STARMER-MACRON-MERZ L'HA TAGLIATA FUORI – IL DOPPIO GIOCO DELLA "GIORGIA DEI DUE MONDI" HA SUPERATO IL PUNTO DI NON RITORNO CON LE SUE DICHIARAZIONI A MARGINE DEL G20 IN SUDAFRICA, AUTO-RELEGANDOSI COSÌ AL RUOLO DI “ORBAN IN GONNELLA”,  CAVALLO DI TROIA DEL DISGREGATORE TRUMP IN EUROPA - DITE ALLA MELONA CHE NON È STATO SAGGIO INVIARE A GINEVRA IL SUO CONSIGLIERE DIPLOMATICO, FABRIZIO SAGGIO… - VIDEO

barigelli cairo

DAGOREPORT - PANDEMONIO ALLA "GAZZETTA DELLO SPORT"! IL DIRETTORE DELLA “ROSEA” STEFANO BARIGELLI VIENE CONTESTATO DAL COMITATO DI REDAZIONE PER LE PRESSIONI ANTI-SCIOPERO ESERCITATE SUI GIORNALISTI – LA SEGRETARIA GENERALE FNSI DENUNCIA: “I COLLEGHI DELLA 'GAZZETTA' CHE VOGLIONO SCIOPERARE VENGONO RINCORSI PER I CORRIDOI DAI LORO CAPIREDATTORI E MINACCIATI: ‘NON TI FACCIO FARE PIÙ LA JUVENTUS…” - BARIGELLI AVREBBE RECLUTATO UNA VENTINA DI GIORNALISTI PER FAR USCIRE IL GIORNALE SABATO E DIMOSTRARE COSI' ALL’EDITORE URBANETTO CAIRO QUANTO CE L’HA DURO – LA VICE-DIRETTRICE ARIANNA RAVELLI AVREBBE PURE DETTO IN MENSA A BARIGELLI: “STIAMO ATTENTI SOLO CHE NON CI SPUTTANI DAGOSPIA...” - VIDEO

luigi lovaglio giuseppe castagna giorgia meloni giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone milleri monte dei paschi di siena

DAGOREPORT - È VERO, COME SOSTENGONO "CORRIERE" E “LA REPUBBLICA”, CHE L’OPERAZIONE MPS-MEDIOBANCA È “PERFEZIONATA E IRREVERSIBILE”? PIU' SAGGIO ATTENDERE, CON L'EVENTUALE AVANZAMENTO DELL'INCHIESTA GIUDIZIARIA MAGARI (IERI ED OGGI SONO STATI PERQUISITI GLI UFFICI DEGLI INDAGATI), QUALE SARÀ LA RISPOSTA DEGLI INVESTITORI DI PIAZZA AFFARI (GIA' MPS E' STATA MAZZOLATA IN BORSA) - POTREBBERO ANCHE ESSERCI RIPERCUSSIONI SUL COMPAGNO DI AVVENTURE DI CALTARICCONE, FRANCESCO MILLERI, CHE GUIDA L'HOLDING DELFIN LA CUI PROPRIETÀ È IN MANO AI LITIGIOSISSIMI 8 EREDI DEL DEFUNTO DEL VECCHIO - MA IL FATTO PIÙ IMPORTANTE SARA' IL RINNOVO AD APRILE 2026 DELLA GOVERNANCE DI GENERALI (PER CUI È STATA ESPUGNATA MEDIOBANCA) E DI MPS DEL LOQUACE CEO LUIGI LOVAGLIO (VEDI INTERCETTAZIONI) - INFINE, PIÙ DI TUTTO, CONTANO I PASSI SUCCESSIVI DELLA PROCURA DI MILANO, CHE PUÒ SOSPENDERE L’OPERAZIONE DELLA COMBRICCOLA ROMANA FAVORITA DA PALAZZO CHIGI SE INDIVIDUA IL RISCHIO DI REITERAZIONE DEI REATI (DA PIAZZA AFFARI SI MOLTIPLICANO LE VOCI DI NUOVI AVVISI DI GARANZIA IN ARRIVO PER I "FURBETTI DEL CONCERTINO''...)

putin witkoff marco rubio donald trump zelensky

DAGOREPORT – SI ACCENDE LA RIVOLTA DEL PARTITO REPUBBLICANO CONTRO TRUMP - I DANNI FATTI DA STEVE WITKOFF (SOTTO DETTATURA DI PUTIN), HANNO COSTRETTO L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A METTERE IN CAMPO IL SEGRETARIO DI STATO MARCO RUBIO CHE HA RISCRITTO IL PIANO DI PACE RUSSIA-UCRAINA - CON IL PASSARE DELLE ORE, CON UN EUROPA DISUNITA (ITALIA COMPRESA) SUL SOSTEGNO A KIEV, APPARE CHIARO CHE PUTIN E ZELENSKY, TRA TANTE DISTANZE, SONO IN SINTONIA SU UN PUNTO: PRIMA CHIUDIAMO LA GUERRA E MEGLIO È…

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?