mussolini

SCURATI RISPONDE A GALLI DELLA LOGGIA SUGLI STRAFALCIONI DEL SUO ''M'': ''È VERO, DEGLI ERRORI CI SONO, MA SPESSO È PERCHÉ FACCIO PARLARE IL MIO MUSSOLINI. È UN ROMANZO, NON UN SAGGIO STORICO'' - LO STORICO REPLICA: ''PUÒ IL ROMANZIERE CONTRAFFARE, FINO A CARICATURIZZARLI, I TRATTI DI IMPORTANTI PROTAGONISTI STORICI REALMENTE ESISTITI, SENZA CHE IL LETTORE SAPPIA CHE QUANTO STA LEGGENDO È QUALCOSA CHE POCO O NULLA HA A CHE FARE CON LA REALTÀ?''

 

ANTONIO SCURATI - M IL FIGLIO DEL SECOLO

1 – RACCONTARE È UN' ARTE NON UNA SCIENZA COSÌ È NATO IL MIO «M»

Antonio Scurati per il “Corriere della Sera

 

Stimo Galli della Loggia e non gli farò il torto di attribuire a sentimenti poco nobili il suo attacco al mio M. Il figlio del secolo. Né mi rifugerò nella sprezzatura di opporre il silenzio alle critiche.

 

Cominciamo dagli errori. Ci sono e l' onestà intellettuale m' impone di riconoscerli. La data di Caporetto è slittata dall' ottobre a novembre per un refuso con la medesima data di un altro anno menzionata poche righe più sotto. Il cortocircuito tra Pascoli e Carducci è accaduto. Mea culpa. La lettera sulla fiducia al governo Mussolini è autentica, e molto significativa, ma a causa di una svista viene attribuita a Francesco De Sanctis quando, evidentemente, fu scritta dal suo quasi omonimo Gaetano De Sanctis.

 

Ci sono, nel mio libro, questi errori e probabilmente anche altri, nonostante Bompiani abbia sottoposto il testo a doppia revisione da parte di un letterato e di uno storico specialista del periodo.

 

Sono sfuggiti. Non dovrebbe accadere ma l' imperfezione è inevitabile, soprattutto in un libro di 850 pagine che abbraccia un' intera epoca. Io ho studiato per anni per fornire al romanzo una solida base documentale e mi sono impegnato con i lettori a non inserire nessun personaggio, accadimento o discorso liberamente inventati secondo un criterio rigoroso. Confermo di essermi attenuto con il massimo scrupolo a questo criterio, nei limiti delle mie possibilità. Non ho mai sostenuto di essere infallibile.

edoardo nesi antonio scurati

 

Da altri errori imputatimi credo di poter essere discolpato. Le telescriventi effettivamente «ticchettavano» nella sala del Viminale la notte della marcia su Roma stando alla testimonianza di Efrem Ferraris che descrive il loro suono inquietante in una pagina delle sue memorie. Soprattutto, però, non è un errore l' aver qualificato Benedetto Croce come «professore». So benissimo che disprezzò per tutta la vita l' Accademia. Gli errori sono la banalità della condizione umana, testimoniano soltanto la nostra fallibilità.

 

ludina barzini ernesto galli della loggia

Qui, invece, la questione mi pare si faccia più interessante. Qui c' è un equivoco che getta luce sulla differenza tra lo sguardo dello storico e quello del romanziere. Non sono io, autore del romanzo, a qualificare Croce come «professore», ma è Mussolini, suo protagonista. È il disprezzo dei fascisti, dal cui punto di vista il romanzo è prevalentemente narrato, a bollare il grande filosofo con quell' epiteto che loro ritenevano spregiativo. Questa tecnica narrativa, che riferisce il punto di vista dei personaggi ad accadimenti e persone, si chiama discorso indiretto libero ed è una risorsa fondamentale della narrazione letteraria.

 

Il nocciolo della questione è tutto qui, credo: M, per quanto fondato su una vasta base documentale, è un romanzo, non un saggio storico. Conosco e ammiro il lavoro di ricostruzione puntuale dei fatti svolto dagli storici di professione.

 

Un lavoro senza il quale non potrebbe esistere coscienza storica e senza il quale un romanzo come M non sarebbe nemmeno pensabile. Ma M è un romanzo, gioca un diverso gioco linguistico, riesce o fallisce mirando a un diverso obiettivo, quello di integrare, di completare, magari, il lavoro analitico della ricerca storica con la forza sintetica della narrazione.

 

ernesto galli della loggia

Da decenni il dibattito intellettuale contrappone storici e romanzieri mettendoli in competizione. Io, al pari di altri romanzieri europei della mia generazione, credo che la nostra epoca inviti, invece, a una cooperazione tra il rigore della scienza storica e l' arte del racconto romanzesco. Una sorta di nuova alleanza tra storici e romanzieri. Credo sia auspicabile per molti motivi. Il primo tra tutti è l' avvenire delle nostre scuole, lo sforzo comune per contrastare l' ignoranza della storia, e la scomparsa del sentimento di essa, in cui i nostri studenti vanno sprofondando. Un tema, questo, molto caro anche a Galli della Loggia.

 

Per quel che mi concerne, per anni mi sono sforzato di dare alla smisurata massa documentale riguardante Mussolini una forma narrativa che fosse rigorosa e avvincente, innovativa e rispettosa, appassionata e appassionante, commossa e commovente, un racconto che fosse esigente e popolare, capace di riscuotere quel periodo cruciale dal torpore delle aride elencazioni di date, luoghi e nomi nel quale spesso lo hanno sprofondato le aule scolastiche.

antonio scurati 3

 

E di fare tutto ciò commettendo il minor numero di errori possibile. L' ho fatto nella convinzione che, come sosteneva Ricur, il tempo crudele che ci annienta divenga «tempo umano» solo quando entra in un racconto e che il racconto del tempo trascorso raggiunga il suo pieno significato solo quando diviene a sua volta parte del nostro sforzo quotidiano di vivere il nostro tempo.

 

Giudichino pure i lettori se ho fallito, ma sospetto che inchiodare la letteratura - o la vita, se è per questo - ai suoi inevitabili errori sia, a sua volta, un errore.

 

 

2 – MA LA LICENZA CREATIVA NON AUTORIZZA A TRADIRE LA VERITÀ DELLA STORIA

Ernesto Galli della Loggia per il “Corriere della Sera

 

Benedetto Croce

Apprezzo la sincerità con cui Antonio Scurati riconosce gli errori (non tutti) contenuti nel suo libro. Non mi convince però - ed è forse la vera questione di fondo - quanto egli dice sulla differenza tra lo sguardo dello storico e quello del romanziere.

 

Non mi convince proprio considerando le sue righe su Benedetto Croce. Contrariamente infatti a ciò che Scurati sembra credere per giustificare il suo uso del termine «professore», almeno fino al 1924 Benedetto Croce non fu per nulla specialmente inviso ai fascisti. I quali quindi non avevano alcuna ragione particolare per disprezzarlo o bollarlo con una qualifica da alcuni di essi ritenuta spregiativa.

 

benito mussolini

Da alcuni di essi, ho scritto, perché in realtà, anche se a noi oggi piace dimenticarlo, i ranghi fascisti, specie quelli di provenienza nazionalista, erano pieni zeppi d' intellettuali e di professori autentici: Giovanni Gentile, Alfredo Rocco, Maffeo Pantaleoni, Gioacchino Volpe, Alberto De Stefani, per dire quelli che mi vengono subito alla mente, non erano proprio gli ultimi arrivati. E di certo, se si fossero sentiti dare del professore in tono burlesco non l' avrebbero fatta passare liscia a nessuno. Dunque non si capisce proprio che c' entri in questo caso il presunto punto di vista fascista espresso dalla creatività del romanziere.

benito mussolini 2

 

(Sorvolo peraltro sul fatto che le sole due volte in cui nel libro di Scurati Croce è citato come professore dal contesto non si evince affatto che l' attribuzione del titolo sia riferibile ai fascisti o a Mussolini: una volta, ad esempio, a rivolgersi a lui chiamandolo professore è addirittura Luigi Russo).

 

Mi rendo ben conto, ripeto, che storia e letteratura sono due ambiti diversi, con esigenze e prospettive di un ordine altrettanto diverso: la seconda, la letteratura, potendo contare fra molte altre cose sulla grande risorsa rappresentata dalla «forza sintetica della narrazione».

 

Ed è indubbio - anche se per limitarmi alla storiografia italiana del Novecento, una tale forza non fa difetto pure in molte pagine di Croce stesso o di Volpe o di Angelo Tasca, a proposito della nascita del fascismo - è indubbio, dicevo, che difficilmente uno storico potrà dipingere Kutuzov e la strategia di logoramento messa in campo dai russi contro Napoleone meglio di quanto ha fatto Lev Tolstoj, o descrivere le giornate parigine del 1848 con più verità di quanto si legga nell' Educazione sentimentale di Gustave Flaubert.

 

achille Starace

Ma può tutto questo autorizzare il romanziere a contraffare, fino a caricaturizzarli, i tratti di importanti protagonisti storici realmente esistiti, senza peraltro che il lettore abbia modo di capire che quanto sta leggendo è qualcosa che poco o nulla ha a che fare con la realtà? Perché questo è il punto! Capisco ad esempio, anche se ne ignoro i motivi, che Benedetto Croce (sempre lui!) stia particolarmente sulle scatole a Scurati.

 

Ma dipingerlo come «saccente», come uno che posava a «uomo di mondo che ne ha viste di ogni colore» o come un «maestro di cinismo eterno», mi pare un tradimento odioso della verità che neppure a un romanziere dovrebbe essere permesso. Se no al prossimo romanzo storico potremmo tranquillamente aspettarci, in nome dello specifico letterario, che so, uno Starace protettore delle arti o uno Stalin pacifista. Almeno questo non sembrerebbe anche a lei un po' troppo, caro Scurati?

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