Gian Guido Vecchi per il "Corriere della Sera"
Lekh lekha, «vattene». Francesco è il primo Papa in duemila anni ad andare là dove tutto è cominciato, l'antica città sumera di Ur, poco distante dalla riva destra dell'Eufrate, Genesi 12, «Il Signore disse a Abramo: vattene dalla tua terra»: nella terra di Abramo, il patriarca dell'alleanza di Dio con Israele, il «padre di tutti i credenti» cui risalgono anche le altre grandi religioni monoteiste dette «abramitiche», cristianesimo e islam.
Era il sogno di Wojtyla alla fine del secondo millennio, il viaggio in Iraq che Bergoglio ha voluto a tutti i costi per «incontrare quella Chiesa martire», i cristiani perseguitati dalla furia fanatica di Daesh-Isis, e «quel popolo che ha tanto sofferto», anni di guerre e attentati.
Andare in Iraq, nonostante tutto: il Covid che si diffonde nel Paese, i rischi di affollamenti spontanei, le minacce di attentati dell'Isis che fanno dei tre giorni nell'antica Mesopotamia, da domani a lunedì, il viaggio più pericoloso del pontificato, fino all'ultimo in forse. Ma «il popolo iracheno ci aspetta», ha detto ieri: «Aspettava San Giovanni Paolo II, quando è stato vietato di andare: non si può deludere un popolo per la seconda volta».
È il suo trentatreesimo viaggio internazionale, il primo dallo scoppio della pandemia che lo ha confinato in Vaticano. Francesco è un uomo determinato, già nel 2015 aveva voluto aprire il Giubileo nella Repubblica Centrafricana nonostante la guerra civile: «Ci andrò, pure col paracadute».
Allora si viaggiò scortati dai caschi blu dell'Onu. Ma adesso è peggio. Il Paese è in lockdown, nelle città il Papa si sposterà con un'auto blindata. Il 21 gennaio, a Baghdad, due islamisti si sono fatti esplodere nel mercato e hanno ucciso 32 persone. Il 15 febbraio sono stati lanciati tre razzi sull'aeroporto di Erbil, a Nord, nel Kurdistan iracheno, dove il Papa atterrerà con un volo interno domenica.
Il motto del viaggio è «voi siete tutti fratelli» e il programma fittissimo, fino a domenica sei località, sette discorsi e nove voli, due in elicottero militare. Francesco decolla domattina e nel pomeriggio atterrerà a Bagdad, accolto all' aeroporto dal premier Mustafa Al-Kadhimi prima di raggiungere il presidente della Repubblica Barham Salih nel palazzo presidenziale e lì rivolgere un discorso alle autorità.
il benvenuto in iraq per il papa
Verso sera incontrerà vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi nella cattedrale siro-cattolica di «Nostra Signora della Salvezza», dove il 31 ottobre 2010 cinque terroristi islamisti, durante la Messa, uccisero 46 fedeli, famiglie con bambini, e due sacerdoti: i 48 «martiri» dei quali è avviata la causa di beatificazione.
Sabato volerà a Najaf, dov'è sepolto l'imam Ali, cugino e genero di Maometto, il cuore dell'islam sciita. Un'altra tappa della sua strategia del dialogo: dopo il «Documento sulla fratellanza umana» firmato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi con Al-Tayyib, grande imam di al-Azhar e massima autorità dell'islam sunnita, ora Francesco incontrerà nella moschea di Ali il grande ayatollah Al-Sistani, la figura più autorevole dell'islam sciita di Najaf, considerato più moderato rispetto agli sciiti iraniani.
Da lì si sposterà a Nassiriya e quindi nella città di Abramo, la piana di Ur, per l'incontro interreligioso accanto alla grande ziggurat sumera. Di ritorno a Bagdad, nel pomeriggio celebrerà una messa nella cattedrale caldea di San Giuseppe.
papa francesco atteso in iraq 1
Domenica salirà a Nord, volerà a Erbil e da lì, in elicottero, nella regione dove i cristiani vivono dall'età apostolica: Mosul, Qaraqosh, la piana di Ninive, le terre devastate dalla furia di Daesh dopo l'occupazione del 2014, chiese e abitazioni distrutte, la lettera «nun» tracciata sulle porte a segnalare i «nazareni».
Prima della guerra guidata dagli Usa contro Saddam Hussein, nel 2003, i cristiani in Iraq erano più di un milione, da 1 a 1,4 secondo le stime. Gli anni di conflitto, l'occupazione del cosiddetto Stato islamico nella piana di Ninive e le fughe forzate li hanno ridotti a 300-400 mila.
Francesco pregherà a Mosul nella piazza della chiesa, in suffragio delle vittime, e da lì raggiungerà Qaraqosh per incontrare la piccola comunità e pregare nella chiesa dell'Immacolata Concezione, ricostruita dopo le distruzioni di Daesh: il campanile abbattuto, le statue decapitate, la chiesa incendiata, i libri al rogo, il coro usato come poligono di tiro.
Domenica pomeriggio, a Erbil, la messa nello stadio - 30 mila posti ma solo 10 mila ingressi per la pandemia - prima del ritorno a Bagdad e, l'indomani, a Roma.