BEVI E GODI CON CRISTIANA LAURO – È VERO CHE IL VINO MIGLIORA INVECCHIANDO? NO! LE COSE HANNO UN’EVOLUZIONE MA NON È DETTO CHE IL RISULTATO DI QUESTO PROCESSO SIA NECESSARIAMENTE MIGLIORATIVO - LA VERITÀ È CHE IL PUNTO DI BEVUTA MIGLIORE PER UN VINO DIPENDE DA TROPPI FATTORI. OCCORRE QUINDI TENERE A MENTE I PIÙ IMPORTANTI, COME LA CONSERVAZIONE CORRETTA DELLA BOTTIGLIA, IL VITIGNO PIÙ O MENO ROBUSTO E RESISTENTE, LA DENOMINAZIONE MA ANCHE…

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Estratto dell’articolo di Cristiana Lauro per www.ilsole24ore.it

 

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È vero che il vino migliora invecchiando? No! E come facciamo a capire quando è il momento migliore per aprire una bottiglia centrando il “punto di bevuta” perfetto? Bella domanda! Dipende da vari fattori ma partiamo subito con un principio inflessibile, un vero e proprio assioma: quando un vino nasce male non migliora con l’invecchiamento. Non ci sono vini troppo giovani in commercio, solo bottiglie che migliorano col tempo, ma sono già ben godibili quando escono sul mercato.

 

Il fascino del vino risiede spesso nella sua evoluzione in bottiglia se conservato in una cantina a temperatura e umidità ottimali, rigorosamente al riparo dalla luce. Detto questo, da quando in qua la gioventù sarebbe un difetto?

 

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Le cose, così come le persone, cambiano, hanno un’evoluzione ma non è detto che il risultato di questo processo sia necessariamente migliorativo e nemmeno che debba entrare di diritto in un registro che definisce la qualità. I vini giovani hanno caratteristiche di freschezza floreale, non solo fruttata e spesso sono molto agili, brillanti, scattanti, hanno ritmo e non di rado “il tiro in porta”.

 

I vini molto buoni se invecchiati al punto giusto – senza eccedere fino a ossidazioni fastidiose e omologanti – soprattutto nella loro evoluzione terziaria sono più completi, maturi e convocanti. Ci raccontano una storia di fascino, il risultato di un tempo trascorso ad aspettare.

 

Tuttavia, in base alla mia esperienza, ritengo che sia meglio un “giorno prima che un giorno dopo”, ovvero se un vino ha tutte le sue “cosine” a posto, non trovo ragione di aspettare troppo ad aprirlo.

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Mi spiego meglio: quel Grignolino del ‘55 che mi ha regalato il nonno non lo stappo, lo tengo per ricordo sul camino spento del salotto di casa. Un Grand Cru di Borgogna con trent’anni sulle spalle può affascinare per la sua tenuta nel tempo ma di sicuro in degustazione avrà perso quelle caratteristiche olfattive così piacevoli che avremmo trovato se lo avessimo aperto una quindicina d’anni prima, probabilmente il punto giusto di bevuta. […]

 

Anche la sapidità è a mio avviso una componente da tenere presente – soprattutto nei bianchi – nell’armonia degli elementi predetti. Un po’ come gli accordi in musica. Insomma se un vino si distingue per acidità, preferisco berlo più giovane e apprezzare la freschezza, considerando inoltre che la parola “acido” non si associa mentalmente a qualcosa di tanto piacevole ma, ripeto, è fondamentale per il vino.

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L’importanza della denominazione è un altro fattore dirimente nella scelta dell’apertura di una bottiglia, ma anche questo non è l’unico; abbiamo diversi esempi di etichette che non appartengono a denominazioni blasonate pur ricadendo in territori importanti e da vitigni destinati a durare nel tempo, perché anche il vitigno conta.

 

Infine, veniamo ai tannini. Sono sostanze che vengono cedute al vino dalla buccia e dai vinaccioli dell’uva e, soprattutto nei rossi, sono importanti per la conservazione del vino e del suo colore ma se troppo giovani conferiscono al gusto sensazioni ruvide e astringenti al palato (quindi anche a livello tattile) che però si attenuano con l’invecchiamento. Alcuni vitigni – come il Nebbiolo ad esempio – sono ricchi di tannini e, pertanto, è bene non avere fretta di aprire bottiglie di vino prodotto con quelle uve.

 

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La verità è che il punto di bevuta migliore per un vino dipende da troppi fattori. Occorre quindi tenere a mente i più importanti, come la conservazione corretta della bottiglia, il vitigno più o meno robusto e resistente, la denominazione ma anche la zona di provenienza (se di territori significativi per caratteristiche climatiche e di terreni). E poi l’equilibrio fra acidità, grado alcolico e frutto, spesso determinati dall’annata.

 

Le annate troppo siccitose con scarsa escursione termica fra il giorno e la notte di solito producono vini poco resistenti nel tempo, quelle più fresche con andamento regolare sono più longeve. Quindi occhio all’annata, perché la natura decide più della mano dell’uomo. In fondo credo che i vini durino se hanno meravigliato, non se hanno perdurato. Amo tutti quei vini che non chiedono di essere sposati.

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