Paolo Bracalini per "il Giornale"
Ventidue milioni di parcella, solo per la progettazione, più una minaccia di causa da 2,7 milioni di euro per il pagamento anche della «supervisione artistica» dei lavori per il grattacielo Fuksas a Torino, il Palazzo della Regione avviato nel 2007 sotto la democratica Mercedes Bresso e ancora in costruzione (mentre sono molti i dubbi che il Consiglio regionale si sposterà effettivamente lì).
Causa poi ritirata, «al fine di dare un segno tangibile di disponibilità alle trattative con la Regione Piemonte per definire globalmente ogni questione», scrivono gli avvocati di Massimiliano Fuksas, archistar nostrana, che anche qui come altrove ha finito col litigare con tutti («Torino mi ha deluso»), e anche qui come altrove è finito nel mirino per il conto troppo salato del suo studio.
La procura regionale della Corte dei conti, insieme alla Guardia di finanza, sta indagando sui supercosti dei 42 piani progettati da Fuksas nel capoluogo piemontese. «Un pozzo senza fondo» l'ha definito Corrado Croci, il procuratore della Corte che ha in mano il fascicolo e che stima attorno agli otto milioni di euro il danno erariale per la Regione. Dentro c'è anche il tariffario del Maestro. Il magistrato ha chiesto una consulenza all'Ordine degli architetti di Milano, per una valutazione sulla parcella chiesta, e il responso, incluso nelle indagini, è che il compenso pagato all'architetto romano supera di 4 milioni la tariffa prevista dalle tabelle professionali (mentre si racconta che la progettazione di Palazzo Lombardia, a Milano, sia costata nove milioni di euro, contro i 22 di Fuksas).
il cantiere della Nuvola di Fuksas
Non solo, la richiesta di un compenso extra per la direzione dei lavori sarebbe infondata: «Era previsto che la direzione artistica venisse riconosciuta a Fuksas solo se fosse stata l'impresa a eseguire il progetto esecutivo - spiega il magistrato -. Invece lui si è occupato pure di quello, il che rende la direzione artistica un doppione, ma nel tabellario allegato al contratto è rimasto anche quel compenso». E meno male che in un'intervista, per raccontare il suo essere «architetto di sinistra» Fuksas se ne uscì con questa chicca da manuale di propaganda sovietica: «Il mio cliente non è il sindaco, è l'essere umano». Più precisamente: il contribuente.
L'altro grande progetto dove il genio è al lavoro è la Nuvola di Roma, il nuovo centro congressi che dovrebbe sorgere all'Eur (aspetta e spera, doveva essere finito nel 2010). Una nuvola di guai, di ritardi e di spese, dove paga Eur Spa (90%, Tesoro, 10% Comune di Roma) cioè sempre l'essere umano di prima. Il costo previsto dalla gara d'appalto era di 272 milioni, ma negli anni il conto – stima Artemagazine - è lievitato a 415. Il parcellone di Fuksas, dal 2001 ad oggi, è attorno ai 19,5 milioni («pari a 900 anni di stipendio di un architetto qualsiasi, e per un'opera incompiuta» calcola il M5S capitolino), anche se lui dice di averne visti molti meno, perché «a me, tra tasse e collaboratori, sono rimasti solo 5 milioni, il 50% va all'ingegneria, uno studio come il mio costa, e poi sa quanto vale il modellino alto 7 metri della Nuvola? 400mila euro».
Sarà tutto vero, ma dentro la Nuvola hanno voluto infilare la testa prima l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (Avcp), poi la Corte dei conti, che ha pure un suo rappresentate nel cda della Eur Spa, il quale ha fatto verbalizzare di non voler più firmare incarichi di consulenza a Fuksas. In aprile l'Autorità ha evidenziato in una delibera al Tesoro tutte le follie della Nuvola: «Numerose varianti, tempi di esecuzione più che raddoppiati (quasi sette anni), rilevante aumento dei costi, eccessivo ricorso ai subappalti». Rilevando, poi, «sproporzione delle ingenti somme corrisposte per le spese tecniche e la direzione artistica, complessivamente circa 20 milioni di euro», cioè appunto il compenso di Fuksas.
E poco dopo arriva la relazione della Corte dei conti, ancora più severa. Anche per i magistrati contabili la (mancata) realizzazione del centro congressi è viziata da enormi responsabilità su «lievitazione dei costi, eccessive varianti, lievitazione dei tempi, contenziosi tra committente e imprese». E anche la Corte si sofferma sul costo dell'archistar: «La spesa per la parcella del progettista, al di là di ogni più estensivo riferimento alle tabelle professionali, appare eccessiva e spropositata, sì da chiedersi se la somma debba ritenersi giustificata». Fuksas segue il suo canovaccio: prima incassa, poi manda a quel paese tutti. «Mi hanno fatto fuori, forse perché vogliono avere mano libera sull'opera. Sono stato preso nella trappola di Roma perché volevo fare qualcosa per la mia città». Troppa generosità.
Parcella su parcella, il suo studio viaggia a gonfie vele, incassando lavori prestigiosi specie fuori dall'Italia, in Russia, o in Cina, dove incontra meno problemi. A Mosca realizzerà il Nuovo museo politecnico, progetto da 180 milioni di dollari. Mentre nel 2013 ha completato il nuovo terminal dello Shenzhen Bao'an international airport, a forma di manta. Sul fatto di lavorare per regimi non democratici come quello cinese Fuksas ha avuto una scazzottata verbale con un'altra archistar, Daniel Libeskind: «Ho progettato l'aeroporto di Shenzen, in Cina, ma nessuno mi ha chiesto di inneggiare al comunismo capitalista cinese, mentre Citylife a Milano (firmata da Libeskind, ndr) è la peggiore speculazione immobiliare italiana da Craxi in poi».
Del resto Fuksas è tipo irascibile, una volta incontrò l'ex capo della Protezione civile Bertolaso in un ristorante romano e lo insultò violentemente, con tanto di rissa finale. È meglio che le mani le usi per il mestiere, che gli rende bene. Le due società di cui è titolare insieme alla moglie, la Massimiliano e Doriana Fuksas Srl e la Fuksas Architecture Srl, hanno fatturato solo nel 2013 più di sette milioni di euro. Dice di «odiare le macchine», di girare a piedi, ma si sposta su una Maserati comprata da Montezemolo (tramite Malagò), sempre all'insegna del principio a sinistra col sedile degli altri.
Ha quattro immobili a Roma, tra cui due piani in piazza Monte di Pietà, e poi 13 vani nel cuore del centro storico, una casa a Manziana sul lago di Bracciano, una nella campagna senese a Castelnuovo Berardenga (si lamenta che «per arrivarci devo venire prima a Firenze e poi farmi portare in auto. Per non parlare poi della Grosseto-Firenze...»), una villa a Pantelleria, meta radical chic dove «svacanzano» anche altri vip di sinistra, un'altra a Lipari con vigneto. Ha casa anche a Parigi, nella piazza più chic, il salotto di Place des Vosges. Ma da ex Rifondazione comunista e architetto militante, lo fa solo per «l'essere umano».