django & django - sergio corbucci unchained

IL CINEMA DEI GIUSTI – IL SONORO ANTIFASCISMO DI SERGIO CORBUCCI: QUANDO, BAMBINO, VESTITO DA BALILLA TROMBETTIERE MOLLÒ UN TERRIBILE PETO ALL’ARRIVO DEL DUCE E DI HITLER A ROMA NEL MAGGIO DEL 1938 - E’ UN PICCOLO EVENTO L’ARRIVO SUGLI SCHERMI ITALIANI PER TRE GIORNI DI “DJANGO&DJANGO” DI LUCA REA E STEVE DELLA CASA DEDICATO AL CINEMA WESTERN DI CORBUCCI E RACCONTATO DA QUENTIN TARANTINO – COME CORBUCCI HA PERSO L’OCCHIO DESTRO… VIDEO

 

Marco Giusti per Dagospia

 

E’ un piccolo evento l’arrivo sugli schermi italiani per tre giorni, 15, 16, 17 novembre, del documentario “Django&Django” di Luca Rea e Steve Della Casa dedicato al cinema western di Sergio Corbucci e raccontato con grande passione e sincero amore per il regista e per i suoi film da un Quentin Tarantino e commentato, oltre che da due vecchi amici e compagni di scorribande come Ruggero Deodato e Franco Nero, da una serie di immagini in superotto davvero mai viste girate sui set dallo stesso Corbucci.

 

sergio corbucci

Proprio rivedendo il documentario mi sono fatto due domande. La prima riguarda come Corbucci ha perso l’occhio destro. Cosa che capitò a altri grandi registi, come John Ford, André De Toth, Nicholas Ray.

 

L’ho chiesto a Ruggero Deodato. “Stava facendo un film come assistente regista volontario fuori Roma. Il direttore di produzione aveva l’abitudine di svegliare tutti la mattina sparando dei colpi di pistola. A salve. Insomma, mentre lui usciva dalla camera dove dormiva, un colpo gli ha beccato l’occhio”. Il film, leggo nell’autobiografia di Sergio Corbucci, è “Turi il bandito” di Enzo Trapani.

 

franco nero in django unchained

“La capsula era caricata troppo forte”, scrive Corbucci, “e persi l’uso dell’occhio destro. Allora non c’era ancora il laser e non ci fu niente da fare. Stetti fermo per quasi sei mesi. Non mi scoraggiai. Questa benda nera un po’ misteriosa mi aveva reso più interessante agli occhi delle ragazze e non mi danneggiò sul lavoro perché l’incidente mi aveva dato una certa notorietà, ero uno di cui si parlava”.

 

Per Deodato fu l’inizio della sua fortuna da regista e in qualche modo è vero, perché grazie a quell’incidente il protagonista del film, Ermanno Randi, racconta proprio Corbucci, riuscì a imporlo alla produzione di “Salvate mia figlia!” al posto del vecchio Aldo Vergano come regista.

 

L’altra domanda riguarda l’antifascismo di Corbucci che proprio nel documentario raccontano sia Tarantino che lo stesso regista in un raro filmato della tv tedesca. Cosa che allora, almeno per “Django” non percepivamo, devo dire, anche se “Il mercenario” e “Vamos a matar, companeros” era western adorati da Lotta Continua e considerati molto più rivoluzionari dei film impegnati del tempo, da Petri a Damiani. Ma non ci sembrava di ritrovare nei suoi western lo stesso antifascismo e le ombre della guerra partigiana che avevamo trovato in “Se sei vivo spara” di Giulio Questi e Kim Arcalli.

i crudeli di sergio corbucci

 

Secondo Dante Matelli era davvero antifascista, aveva lavorato anche per i giornali americani del primissimo dopoguerra, come “Star and Stripes”. Secondo Deodato definirlo antifascista non era proprio del tutto vero. Ma nella sua autobiografia Corbucci riporta l’aneddoto raccontato anche da Tarantino nel documentario, di quando, bambino, vestito da balilla trombettiere mollò un terribile peto all’arrivo del Duce e di Hitler a Roma nel maggio del 1938. “Quando Hitler scese dal treno e ci passò in rassegna salutandoci a braccio teso, incrociando i suoi occhi con i suoi, dopo un perfetto squillo fatto ad arte, un altro squillo di natura per così dire intestinale, certamente provocato non dall’emozione ma dalla troppa cioccolata ingerita, echeggiò sinistro e mefitico nella stazione.

steve della casa franco nero luca rea a venezia

 

Mi parve che il Duce che era accanto a lui se ne accorse e trasalì assieme al Fuhrer. Fu un attimo. Naturalmente continuarono a camminare come se non fosse successo niente”.

 

Scoperto, a causa di “un sottile rivolo di cacca che dal calzoncino grigioverde scendeva lentamente verso il calzettone”, il piccolo balilla trombettiere viene messo sotto processo e vengono fuori un nonno anarchico e uno zio confinato in un’isola. La storiella, devo dire, raccontata da Corbucci, è più da maestro della commedia all’italiana che da maestro dello spaghetti western violento e antifascista. Ma in bocca a Tarantino, grande affabulatore, funziona anche così. E’ un film.

 

norma bengell sul set de i crudeli di sergio corbucci

Perché nessuno, e qui mi ricollego al documentario di Luca Rea e Steve Della Casa, racconta come Quentin Tarantino il mondo del western all’italiana e dei suoi eroi come Sergio Corbucci, sul quale da sempre aveva progettato di scrivere un libro. Questo non vuol dire che i suoi racconti siano sempre storicamente attendibili, soprattutto perché, come tanti critici e registi americani, non sempre ha un preciso quadro storico della storia del nostro cinema e ancor meno dell’Italia del tempo. Né sa vederne il lato costantemente ironico, da commedia, che era tipico di Corbucci.

 

Ma tale è l’energia, la passione, la generosità, il divertimento che mette nel raccontare il nostro cinema dal suo punto di vista, come fosse parte di un suo film, che staremmo ore e ore a sentirlo. Dopo averlo avuto a Venezia nel 2008 nella rassegna “Italian Kings of B’s”, che curai assieme a Luca Rea, poi come padrino della mia rassegna sul western all’italiana, dove non venne, ma lanciò la profezia che Corbucci avrebbe avuto presto il suo posto nella storia del cinema accanto a Anthony Mann, e pochi anni dopo quando si esibì in una scatenata lezione su “Minnesota Clay” di Sergio Corbucci, Tarantino torna in “Django&Django” a spiegarci non solo il suo punto di vista sul “Django” di Corbucci, ma tutta la sua lettura dell’opera violenta dei film western di Corbucci.

franco nero django

 

Inquadrato nella sala di proiezione della sua villa a Los Angeles, Tarantino racconta un Corbucci legato a Leone, ma anche profondamente diverso, rivolto non all’epopea (fordiana), come farà il primo Sergio, ma al revenge western, ai film di cowboy che più gli piacciono, perché puro cinema. Definisce “Navajo Joe” il più violento western mai fatto, prima dell’arrivo di “The Wild Bunch” di Sam Peckinpah. Trova in ognuno dei suoi cattivi matrici di fascismo o nazismo o di antichità romana. E spiega che quello di Corbucci è un cinema di cattivi e di anti-eroi che possono prendere indifferentemente la buona e la cattiva strada, ma possono anche trovare una pallottola che ne chiuderà improvvisamente e per sempre il percorso.

burt reynolds e sergio corbucci sul set di navajo joe

 

E scopriamo che i suoi stessi film devono moltissimo più che alle opere di Corbucci, al suo studio sulle opere di Corbucci o, meglio, alla sua idea di quel cinema. Che forse, ai nostri occhi, non è esattamente così, come non è così antifascista militante, ma va bene lo stesso. Perché parlare di western con Tarantino e sentirlo parlare di cinema credo sia uno dei grandi piaceri che ci abbia regalato Hollywood in questi ultimi vent’anni. Perché non è mai un professore, ma uno studioso, uno scolaro, spesso candidamente improvvisato, che nello studio reinventa il suo stesso cinema. Lo dimostra il suo lavoro più completo e complesso, “The Hateful Eight”.

sergio corbucci

 

Nessuno era riuscito a rivitalizzare così profondamente il western italiano, a leggerlo nella sua eleganza visiva, nella sua violenza da rielaborazione della storia recente, nei suoi rapporti con la musica, come Tarantino. “Django&Django” ci permette di condividere parte degli studi di questo fan ossessionato dei nostri western e di quelli di Corbucci in particolare. E il recupero, a casa di Nori Corbucci, scomparsa un anno fa per Covid, dei superotto girati nei backstages dei suoi film diventa il corredo necessario e mai visto di questo racconto. Viva Django e Viva la revolucion!  

sergio corbucci 4il film su sergio corbuccisergio corbucciquentin tarantinosergio corbucci 3sergio corbucci 1sergio corbucci 2sergio corbucci con virna lisi e steve reeves romolo e remo

Ultimi Dagoreport

jackie kennedy e gianni agnelli a ravello nel 1962

JOHN KENNEDY E’ STATO IL PIÙ INFEDELE PUTTANIERE DEL XX SECOLO MA SUA MOGLIE JACQUELINE S’ATTACCAVA COME UN’IDROVORA A OGNI AUGELLO A PORTATA DI MANO (DAI DUE COGNATI ROBERT E TED PASSANDO PER SINATRA, BEATTY, MARLON BRANDO E VIA CHIAVANDO) - L’8 AGOSTO 1962, TRE GIORNI DOPO LA MORTE DI MARYLIN MONROE, JACKIE (INCAZZATA PER LE INDISCREZIONI SULLA LIAISON TRA IL MARITO E L’ATTRICE) RAGGIUNSE RAVELLO, SULLA COSTIERA AMALFITANA: FU ACCOLTA COME UNA REGINA DALL’ALLUPATISSIMO GIANNI AGNELLI – PER JACKIE, RAVELLO FECE RIMA CON PISELLO E LA VACANZA DIVENNE UN’ALCOVA ROVENTE (“LA VACANZA PIÙ BELLA DELLA SUA VITA”, RIPETEVA) AL PUNTO DA TRATTENERSI PIU’ DEL PREVISTO FINCHÉ NON PIOMBARONO 007 AMERICANI A PRELEVARLA COME UN ALMASRI QUALUNQUE PER RIPORTARLA A WASHINGTON DAL MARITO CORNUTO E INCAZZATO - LA VORACE JACKIE IMPARÒ A FARE BENE I POMPINI GRAZIE ALL'ATTORE WILLIAM HOLDEN: “ALL'INIZIO ERA RILUTTANTE, MA UNA VOLTA PRESO IL RITMO, NON SI FERMAVA PIÙ” –PER RIPICCA CI FU ANCHE UNA LIASON MARELLA AGNELLI-JOHN KENNEDY (CONFIDENZA DI INFORMATISSIMA SOCIALITE) - VIDEO

edmondo cirielli maria rosaria campitiello paolo di maio

“INUTILE FRUSTARE UN CIUCCIO MORTO, CAMBIA SPACCIATORE” – A PARLARE NON È UN HATER ANONIMO MA UN VICEMINISTRO DELLA REPUBBLICA: EDMONDO CIRIELLI, ESPONENTE DI SPICCO DI FRATELLI D'ITALIA E NUMERO DUE DI TAJANI AGLI ESTERI, CHE SBROCCA SU FACEBOOK E INSULTA IL SINDACO DI NOCERA INFERIORE, PAOLO DI MAIO – A FAR ANDARE FUORI GIRI CIRIELLI È STATO UN POST DEL PRIMO CITTADINO SU ALCUNI INCARICHI DELLA COMPAGNA AL MINISTERO DELLA SALUTE, MARIA ROSARIA CAMPITIELLO – LA VIOLENTISSIMA REPRIMENDA DI CIRIELLI: “NELLA VITA PRIVATA NON HAI MAI FATTO NIENTE DI BUONO" - COME MAI CIRIELLI SE L’È PRESA COSÌ TANTO? FORSE SENTE LA SUA CANDIDATURA A GOVERNATORE DELLA CAMPANIA CHE SI ALLONTANA? O TEME UNA SCONFITTA BRUCIANTE, ASSAI PROBABILE SE IL CENTROSINISTRA RITROVA L’UNITÀ?

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...