pescatori italiani libia

COME MAI NESSUNO PARLA DEI 18 PESCATORI DI MAZARA DEL VALLO PRIGIONIERI DA DUE MESI IN LIBIA? – LA PROTESTA DEI FAMILIARI DAVANTI A MONTECITORIO, NEL SILENZIO DELLA POLITICA: “SONO IN CARCERE E NON CAPIAMO PERCHÉ – SONO TERRORIZZATI CHE ALLA VIOLAZIONE DEI CONFINI (IPOTETICI) POTREBBE AGGIUNGERSI LA PRESUNTA PRESENZA DI DROGA A BORDO. IN QUEL CASO…

michele trinca

Felice Cavallaro per il “Corriere della Sera”

 

Il vescovo paga le bollette della luce, il presidente dell' Assemblea regionale fa arrivare duemila euro a famiglia, sindacati e Federpesca raccolgono altri mille euro a testa, ma i familiari dei 18 pescatori di Mazara del Vallo arrestati due mesi fa dai libici, ancora detenuti in una caserma di Bengasi, non ce la fanno più a sopportare il silenzio calato su un intrigo internazionale sfociato in un processo del quale si ignora tutto.

 

Sarà per Covid ed emergenze connesse, ma pochi si accorgono della disperazione di Rosetta Ingargiola sfiorando questa donna di 74 anni raccolta in sé, per terra, davanti a Montecitorio, un cartello in mano per protestare e ricordare il figlio Pietro Marrone, 44 anni, comandante di uno dei due pescherecci sequestrati il primo settembre dai libici di Khalifa Haftar, il «maresciallo» in lotta contro un altro pezzo del Paese: «Loro si combattono e mio figlio è da 60 giorni in carcere senza capire perché. Come non lo capisco io che un figlio di 24 anni ho perso in mare per una tempesta e che adesso, vedova, aspetto solo il ritorno dell' altro».

giacomo giacalone

 

Parla accanto a una bella ragazza tunisina di 24 anni che la conforta, Insaf, lo stesso dolore, la stessa ansia: «Io voglio solo che mio padre torni a casa. Ho il terrore che tutti dimentichino, qui a Roma. Anche premier e ministri». Lo dice in perfetto italiano, ben integrata in Sicilia dove il padre, Jemmali Farat, lavora come secondo motorista da anni per Marco Marrone, l' armatore di uno dei due pescherecci trascinati con la minaccia delle armi nel porto di Bengasi.

 

Marrone, un ragazzone di trent' anni, sta pure lui in trasferta di protesta a Roma insieme con un' altra ragazza, Maoires, anche lei senza notizie del padre, Maomed Ben Haddata, un marinaio che definisce «un sequestrato». Come fanno Cristina Amabilino per il marito Salvo Bernardo e Rosaria Giacalone per il suo Onofrio, stesso cognome, direttore di macchina del «Medinea».

 

giovanni bonomo

Ecco la pattuglia che con tenda e sacchi a pelo prova a scuotere i Palazzi romani, mentre gli altri familiari rimasti nell' isola assediano il municipio di Mazara con il secondo armatore, Leonardo Gangitano, proprietario dell'«Artemide». Per tutti il dramma è esploso con gli accorati allarmi lanciati via radio dagli equipaggi di altri sette pescherecci di Mazara arrivati quel giorno con i primi due a 60 miglia dalla costa libica. Per pescare il gambero rosso. «Rispettando quindi la norma di non violare le dodici miglia dalla costa di altri Paesi», spiega Marrone.

 

Ma c' è un pezzo di Libia che ha allungato a 74 miglia la linea delle «sue» acque «territoriali». Autonomamente. Rivendicando un diritto da nessuno riconosciuto. Anche sparando colpi di mitragliatrice. E bloccando «Medinea» e «Artemide» mentre gli altri natanti riuscivano a disperdersi e tornare a Mazara. Dove adesso sono tutti terrorizzati perché qualcuno sussurra che alla violazione di ipotetici confini potrebbe aggiungersi la presunta presenza a bordo di un po' di droga.

 

gli otto pescatori italiani prigionieri in libia

«Un' accusa infamante, se prendesse corpo», assicurano armatori e familiari temendo una trappola di milizie infide. Di qui l' appello al premier Conte e al ministro Di Maio di scuotere i loro interlocutori dall' altra parte del Mediterraneo.

 

vito barraco

«Ma il premier ci ha ricevuti solo il 29 settembre in fretta assicurando il possibile. Si parla di "Servizi" all' opera. Ma nulla accade», ripetono per telefono la mamma, le due ragazze e le due mogli a chi è rimasto a Mazara. «Qui ogni tanto passa un deputato, poi niente», si lamenta Marrone, preoccupato anche da una ipotesi inquietante: «La cosa peggiore è sentir dire che possano diventare merce di scambio per barattarli con quattro libici detenuti in Italia».

 

Un riferimento chiaro ai quattro partiti da Bengasi nel 2015, condannati a 20 e 30 anni di carcere a Catania come assassini e trafficanti. Ma indicati come vittime di un clamoroso errore «perché si tratta solo di calciatori in cerca di fortuna», sostengono parenti e tifosi in contatto con l' avvocato Cinzia Pecoraro che spera nella Cassazione, negando però ogni negoziato: «Mai dalla Libia si è parlato di ostaggi. Una bufala».

GUERRA IN LIBIA

 

A ben altra trattativa si affidano invece tutti. Compresi i due armatori che, «ovviamente mettendo al primo posto le vite umane», sperano anche nella restituzione delle imbarcazioni. «Perché senza non si può lavorare e vivere».

salvo bernardopescatori libiaonofrio giacalonefabio giacalonepietro marrone

Ultimi Dagoreport

2025scala la russa

DAGOREPORT - LA DOMANDA CHE SERPEGGIAVA NEL FOYER DELLA SCALA, IERI SERA, ERA: “E ‘GNAZIO? DOVE STA LA RUSSA?”. COME MAI LA SECONDA CARICA DELLO STATO NON HA OCCUPATO LA POLTRONA DEL PALCO REALE, DOVE SI È SEMPRE DISTINTO NELLO STRAZIARE L’INNO DI MAMELI CON I SUOI SICULI ACUTI? IL PRESIDENTE DEL SENATO, TRA LA PRIMA DELLA SCALA SANTA E IL FESTIVAL DI SAN ATREJU, HA PREFERITO ATTOVAGLIARSI AL RISTORANTE “EL CAMINETO”, DIMORA DELLA SODALE SANTANCHÈ A CORTINA D’AMPEZZO...

john elkann mirja cartia dasiero theodore kyriakou

DAGOREPORT - DOMANI, FINALMENTE, GLI EMISSARI DI JOHN ELKANN SI DEGNERANNO DI INCONTRARE I CDR DI “REPUBBLICA” E “LA STAMPA” PER CHIARIRE LO STATO DELLA VENDITA DEL GRUPPO GEDI AL GRUPPO ANTENNA DI THEODORE KYRIAKOU. PER IL MAGNATE GRECO, I QUOTIDIANI SONO SOLO UN ANTIPASTO: IL SUO VERO OBIETTIVO SAREBBE ACQUISIRE UN'EMITTENTE TELEVISIVA - YAKI NON VEDE L'ORA DI LIQUIDARE IL GRUPPO EDITORIALE, PER FARE SEMPRE PIÙ AFFARI CON EXOR: LA CARTA RAPPRESENTA NEMMENO L'UN PER CENTO DELLA HOLDING, NON DÀ ALCUN GUADAGNO MA SOLO ROTTURE DI COJONI (E LA LINEA ANTI-TRUMP DEI DUE QUOTIDIANI È UNA ROGNA PER IL SEMPRE PIÙ AMERICANO JOHN) - KYRIAKOU HA SUBITO INIZIATO CON IL PIEDINO SBAGLIATO LA CAMPAGNA D’ITALIA: AVREBBE SCELTO COME ADVISOR NIENTEMENO CHE MIRJA CARTIA D’ASERO, EX AD DEL “SOLE 24 ORE” - RETTIFICA! CARTIA D'ASERO: "NON SONO ADVISOR DI ANTENNA O DI KYRIAKOU E NON MI OCCUPO DI EDITORIA DALL'USCITA DAL 'SOLE'"

francesca albanese carlotta vagnoli valeria fonte

DAGOREPORT - COS’HANNO IN COMUNE L’INDECENTE ASSALTO DEI PRO-PAL ALLA REDAZIONE DELLA “STAMPA” E IL "FEMMINISMO" BY CARLOTTA VAGNOLI E VALERIA FONTE? MOLTISSIMO: LA VIOLENZA, L’IDEOLOGIA TOSSICA, L’ACCONDISCENDENZA DI UNA CERTA STAMPA E DI QUEL MONDO EDITORIAL-GIORNALISTICO CHE HA TOLLERATO E SOSTENUTO, CON IMBARAZZANTE CONFORMISMO, QUALUNQUE NEFANDEZZA - E' UNA SVEGLIA PER CHI HA ALLISCIATO E POMPATO ACRITICAMENTE LA GALASSIA MOVIMENTISTA, CONVINTO CHE FOSSE LA PARTE GIUSTA DELLA STORIA - NON ERA NECESSARIO ARRIVARE ALL’IRRUZIONE DEI PRO-PAL E ALL’INCHIESTA DELLA PROCURA DI MONZA SU VAGNOLI-FONTE, PER CAPIRE QUANTA VIOLENZA SI NASCONDESSE DIETRO CERTI “ATTIVISTI” E I LORO METODI...

caltagirone milleri donnet nagel lovaglio giorgetti generali

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DEI “FURBETTI DEL CONCERTINO”? IL PRIMARIO OBIETTIVO DI ESPUGNARE IL “FORZIERE D’ITALIA”, ASSICURAZIONI GENERALI, ATTRAVERSO L’OPERAZIONE MPS-MEDIOBANCA, SI ALLONTANA SEMPRE PIÙ - L’ISCRIZIONE NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI DI LOVAGLIO, CALTAGIRONE E MILLERI HA INTERROTTO LA TRATTATIVA CHE ERA IN CORSO PER CONVINCERE L’AD DI GENERALI, PHILIPPE DONNET, IL CUI MANDATO SCADE FRA DUE ANNI, A RASSEGNARE LE DIMISSIONI. E L’IPOTESI CHE POSSANO IN CDA SFIDUCIARLO SEMBRA APPARIRE LONTANISSIMA - NEL MIRINO GIUDIZIARIO È FINITO ANCHE IL RUOLO DETERMINANTE DELLE CASSE DI PREVIDENZA, ENPAM (MEDICI), ENASARCO (AGENTI DI COMMERCIO), FORENSE (AVVOCATI), PER LEGGE VIGILATE DAL GOVERNO - ANCHE SE I “CONCERTI OCCULTATI” NON SONO CERTO UNA NOVITÀ PER IL MERCATO, LA SCALATA MEDIOBANCA COLPISCE IN QUANTO È LA PRIMA VOLTA CHE, A SUPPORTO DI PRIVATI, C’È DI MEZZO IL SOSTEGNO DELL'ARMATA BRACAMELONI CHE DOVREBBE OCCUPARSI DELL’INTERESSE PUBBLICO ANZICHÉ RIBALTARE I POTERI DELLA FINANZA ITALIANA...

giorgia meloni matteo salvini vladimir putin

DAGOREPORT - A CHE SERVE QUEL FIGLIO DI PUTIN DI SALVINI? SERVE ECCOME A GIORGIA MELONI PER APPARECCHIARE, AL DI LÀ DELLE FRONTIERE, IL MIRACOLO DEL SUO CAMALEONTISMO - SE, IN CASA, LADY MACBETH DE’ NOANTRI GETTEREBBE QUEL ROMPICAZZO DELLA LEGA OGNI GIORNO DAL BALCONE DI PALAZZO CHIGI, IN POLITICA ESTERA IL COPIONE CAMBIA E IL SUO DISPREZZO SI TRASFORMA IN AMORE - C’È DA VOTARE IN PARLAMENTO IL DECRETO SULLA FORNITURA DI ARMI A KIEV? MANCA SOLO L’ITALIA PER RATIFICARE IL MES PER GARANTIRE I PAESI EUROPEI DAI RISCHI CHE POTREBBERO DERIVARE DALL'UTILIZZO DEGLI ASSET RUSSI CONGELATI? VOILÀ, FIATO ALLE TROMBE! ECCO FARSI AVANTI L’ ANTI-EUROPEISMO DEL ‘’PATRIOTA’’ ORBANIANO SALVINI CHE SI RIVELA UN OTTIMO SCHERMO PER LA MELONA PER PIAGNUCOLARE SULLA SPALLA DI URSULA VON DER LEYEN: ‘’NON È COLPA MIA… PURTROPPO HO UN ALLEATO DI GOVERNO CHE È UN PAZZO IRRIDUCIBILE E NON POSSO CORRERE IL RISCHIO DI FAR CADERE IL GOVERNO…BLA-BLA-BLA…”