PER UN DIRITTO RICONOSCIUTO, CE N’È UN ALTRO CALPESTATO - UNA 43ENNE POTRÀ DIVENTARE MADRE GRAZIE A UN EMBRIONE CONGELATO DEL SUO EX MARITO. NONOSTANTE QUEL MATRIMONIO SIA FINITO E CONTRO IL PARERE DELL'UOMO, CHE ORMAI HA UN'ALTRA VITA E UN'ALTRA DONNA - LO HA STABILITO IL TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE: “TRA IL NON NASCERE E IL NASCERE IN UNA FAMIGLIA DI GENITORI SEPARATI, DEVE RITENERSI PREVALENTE LA SECONDA OPZIONE” - MA ORA L’UOMO DOVRA’ “SUBIRE” (E MANTENERE) UN FIGLIO CHE NON DESIDERA CON UNA DONNA CHE NON AMA PIU’…

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Dario Del Porto e Conchita Sannino per “la Repubblica”

 

Potrà diventare madre grazie a un embrione congelato del suo ex marito. Nonostante quel matrimonio sia finito. E a dispetto del parere contrario dell' uomo, che ormai ha un' altra vita e un' altra donna. Storia di una coppia che ha combattuto in Tribunale e di una decisione che interroga temi di diritto costituzionale e bioetica.

 

embrione 6 embrione 6

«Tra il non nascere e il nascere in una famiglia di genitori separati, deve ritenersi prevalente la seconda opzione», scrive il giudice di Santa Maria Capua Vetere Giovanni D' Onofrio nell' ordinanza, poi confermata dal collegio. «La mia è stata una battaglia anche per tante altre donne: credo in coscienza di aver fatto qualcosa di utile per quelle donne nella mia situazione, e per i tanti concepiti in provetta congelati, a cui la legge fino ad oggi non consentiva alternative », commenta emozionata Carola, la 43enne casertana che ha chiesto agli avvocati Gianni Baldini e Rosaria Zema di assisterla in questa vertenza unica in Italia.

 

Inizia tutto nel 2018. La coppia ha già attraversato un primo periodo di crisi che aveva spinto il marito a chiedere la separazione. Poi i due si riconciliano. E scelgono «in pieno accordo», sottolineano i magistrati, di sottoporsi a un ciclo di procreazione assistita. Problemi di salute impediscono di procedere all' impianto, così l' ospedale congela gli embrioni in attesa del miglioramento delle condizioni di Carola.

 

EMBRIONE EMBRIONE

A settembre 2019, i rapporti fra i coniugi si deteriorano definitivamente. È separazione. Ma la donna vuole ugualmente quel bambino, "pensato" quando erano una coppia. Cerca di convincere il marito a dare via libera all' impianto. Lui si oppone. E lei si rivolge al Tribunale sammaritano. Che le dà ragione due volte, sia in sede monocratica che collegiale, con un provvedimento d' urgenza giustificato dall' età di Carola: i tempi della procedura ordinaria finirebbero infatti per «pregiudicare in maniera irreversibile le aspettative di matenità».

 

Per il giudice D'Onofrio, sono «prevalenti il diritto dell'embrione a nascere; e la tutela delle esigenze della procreazione, rispetto al diritto del genitore. La legge consente di revocare il consenso fino alla fecondazione, non dopo.

 

Quanto al presupposto che questo avvenga all'interno di un rapporto di coppia, il magistrato rileva che «nel momento in cui le parti avevano prestato il loro consenso», peraltro «reiterato fino a maggio 2019», la coppia «pacificamente esisteva». Secondo questa interpretazione, condivisa dal collegio presieduto da Raffaele Sdino, «la genitorialità spetta» ai coniugi che, pur separati, continuano a «garantire un padre e una madre al nascituro».

 

fecondazione assistita fecondazione assistita

Afferma l' avvocato Baldini: «Risulta irrilevante la circostanza che il rapporto familiare e coniugale sia venuto meno con la separazione. La donna potrà comunque procedere al tentativo di gravidanza. In caso di nascita del figlio, l' ex marito sarà riconosciuto come padre legittimo».

 

Il legale sa benissimo che questa decisione, accolta con estrema cautela anche da due presidenti emeriti della Consulta come Francesco Paolo Casavola e Giuseppe Tesauro, «è destinata a far discutere per i molteplici profili giuridici ed etico-sociali e per il potenziale impatto sulle tante coppie che si separano e hanno embrioni crioconservati». Carola (il nome è di fantasia) ricorda che la sua scelta «non è stata a cuor leggero. Ma credo che non sia giusto venire meno alle proprie responsabilità genitoriali. Sono contenta che il giudice abbia riconosciuto a me ed a nostro figlio, per ora solo concepito, il diritto almeno di provarci».

 

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