ECCO PERCHÉ L’EPIDEMIA GALOPPA: OGNUNO PENSA AI CAZZI SUOI - A MILANO UN 36ENNE PERUVIANO HA CONTINUATO A LAVORARE NEL SUO RISTORANTE, E CON LUI UN DIPENDENTE DI 20 ANNI, NONOSTANTE FOSSERO ENTRAMBI IN ISOLAMENTO DOMICILIARE PERCHÉ POSITIVI AL COVID - LI HANNO SCOPERTI E FERMATI GRAZIE A UNA SEGNALAZIONE ANONIMA (POI DICI CHE LA “DELAZIONE” NON SERVE) - LUI SI E’ GIUSTIFICATO DICENDO…

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Lorenzo Gottardo per “Libero quotidiano”

 

Sa benissimo che non ci sono scuse per ciò che ha fatto e che ora rischia l' arresto, oltre a una multa salata, ma comunque prova a giustificarsi: «Non è facile da capire, ma questo locale è tutto ciò che ho e, se non vado a lavorare, come mantengo la mia famiglia? Chi paga i miei dipendenti?» Così parla Frank, il 36enne peruviano proprietario di un ristorante, in zona Rovereto, specializzato in cucina andina.

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I carabinieri della stazione Porta Monforte e del nucleo Radiomobile lo hanno fatto chiudere lo scorso sabato sera dopo aver accertato il verificarsi di un episodio grave e pericoloso: il titolare e un suo dipendente si erano recati lì, nonostante fossero sottoposti all’isolamento domiciliare perché risultati positivi al Covid-19 a fine settembre.

 

Tutto comincia nel tardo pomeriggio di sabato, quando ai militari un anonimo segnala la presenza all' interno del ristorante dei due uomini che, per protocollo, non potrebbero uscire di casa. I carabinieri prima controllano la presenza dei loro nominativi tra quelli indicati da Ats come in isolamento fiduciario e poi si recano presso il locale per verificare di persona: al loro arrivo il titolare non c' è già più e il suo dipendente, un connazionale 20enne, riesce ad allontanarsi uscendo da una porta secondaria.

 

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A inchiodare i due alle loro responsabilità sono, però, le testimonianze dei presenti - circa una trentina di persone, tra cui anche sette dipendenti - e, soprattutto, le immagini delle telecamere di videosorveglianza presenti nel ristorante. E proprio queste ultime potrebbero aggravare la loro posizione: sembra, infatti, che la visita di sabato, durata poche decine di minuti, sia stata preceduta, venerdì, da un' altra simile a un vero e proprio turno di lavoro camminando tra i tavoli e servendo gli avventori. E se ciò dovesse venire confermato, il locale avrebbe potuto trasformarsi in un focolaio.

 

«Non è vero», risponde Frank. «Da quando il mio tampone è risultato positivo, lo scorso 29 settembre, sono sempre stato a casa. Solo domenica ci siamo mossi perché bisognava consegnare della merce al ristorante e nessuno poteva portarcela. Ma noi avevamo mascherina, gel disinfettante e tutte le precauzioni...».

 

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Nessuna di queste, però, lo salverà dall' imputazione che gli viene mossa (inosservanza di un ordine legalmente dato per impedire la diffusione di una malattia infettiva dell' uomo) e che, insieme a multa tra i 500 e i 5 mila euro, prevede anche l' arresto dai 3 ai 18 mesi. Ma intanto già ora si notano le prime conseguenze dello sconsiderato comportamento tenuto da titolare e dipendente. «Sporco! E lo hanno chiuso perché ci lavorava qualcuno con il Covid! Non ci tornerò mai più!», si può leggere in uno dei commenti più recenti pubblicati su Google sotto la descrizione del ristorante. E post del genere si moltiplicano giorno dopo giorno.

 

Il locale, sottoposto a sequestro preventivo per effettuare ulteriori verifiche igienico-sanitarie, resterà chiuso per 5 giorni, mentre chi vi era presente durante le visite di titolare e dipendente dovrà affrontare un periodo di quarantena: entrare in contatto con un malato di Covid-19 in uno spazio chiuso e senza dispositivo di protezione viene considerato ad alto rischio di infezione.

 

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