IL GIAPPONE NON SA COME GESTIRE L'ONDATA DI TURISTI-CAFONI - COMPLICI I SOCIAL E GLI ALGORITMI, IL SOL LEVANTE È DIVENTATO UNA DELLE METE TURISTICHE PIÙ VISITATE AL MONDO, MA I GIAPPONESI NON SONO CONTENTI: I VISITATORI NON RISPETTANO LA CULTURA E LE TRADIZIONI DEL POSTO - IMPOSTO IL DIVIETO DI ENTRARE IN CERTI QUARTIERI, PREZZI DIFFERENZIATI PER GLI STRANIERI E BLOCCO DELLA VISUALE DI CERTI SCORCI TIPICI CHE CAUSANO DISAGI AL TRAFFICO...

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Estratto dell'articolo di Laura Imai Messina per "la Repubblica"

 

Contravvenendo al consiglio di Murakami Haruki che suggeriva di scegliere in autonomia le proprie letture in quanto «a leggere i libri che leggono tutti, si finisce per pensare come tutti», gli algoritmi interni ai nostri dispositivi […] ci ripropongono solo ciò che siamo, i nostri interessi, le fissazioni.

 

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Non hanno come scopo una crescita bensì l’approfondimento di una dipendenza o, più banalmente, ci forniscono una costante conferma. Nel mio caso, l’algoritmo segue probabilmente il ragionamento per cui «visto che di Giappone spesso parla, di Giappone vorrà leggere e guardare», «se vive in Giappone ed è straniera, di stranieri in Giappone vorrà sapere». Da settimane, non mi vengono che segnalati strabilianti paesaggi nipponici, stupefacenti località nei dintorni di Tokyo, incredibili abitudini culturali, impensabili dolciumi e piatti locali. […]

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Vista l’incapacità evidente del governo giapponese di fronteggiare l’emergenza dovuta all’abbondanza straordinaria di turisti e tamponare le ripercussioni economiche e sociali sul territorio, vi si affiancano notizie in lingua inglese in cui si parla di provvedimenti locali come la differenziazione dei prezzi tra residenti e visitatori stranieri, il blocco della visuale di certi scorci tipici che causano disagi al traffico (a Fuji- Kawaguchi-ko, nella prefettura di Yamanashi) o il divieto di ingresso a certe zone (come il quartiere Gion a Kyoto).

 

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Complice, infatti, la debolezza costante (e preoccupante) della moneta nazionale, il Giappone da «troppo lontano» si è fatto «a portata di mano. […] Pare che il punto di fascinazione del Giappone sia anche questo, avvicinarsi a uno stile di vita che pare impossibile, dove l’onestà perlopiù vince, la fiducia nel prossimo ti permette di lasciare il cellulare o il portatile sul tavolino di un caffè quando vai alla cassa ad aggiungere un’ordinazione, o di perdere qualcosa di prezioso come un portafogli e ritrovarlo sempre.

 

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L’onda anomala di turismo in atto al momento in Giappone, però, incrina in buona parte questa esperienza, in quanto tutti i luoghi di maggiore richiamo sono talmente ingolfati di gente da riuscire a vederli solo a patto di condividerli con una folla. In maggioranza di stranieri, il Giappone più autentico sfugge e si finisce per ritrovare esattamente (e solamente) ciò che si stava cercando, ovvero quel certo cibo, quel certo tempio, quel certo sentimento.

 

Tanto partire non significa più, come diceva Proust, un viaggio di scoperta, ma una semplice verifica, un andare a toccare con mano quel Giappone decantato così e cosà al solo scopo di apporre il proprio timbro, il proprio «è vero, è veramente così, l’ho visto, anche a me è successo». […]

 

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Il Giappone è un insieme di minuscoli gesti, di movimenti microscopici, un battere e levare di silenzi, tali che più che un insieme di oggetti, cibi e colori, corrisponde piuttosto a una temperatura emotiva che si mantiene più o meno uguale in ogni situazione — e che magicamente tranquillizza chi la intuisce. Non vi sono scoppi emotivi, non vi è esibizione, e ciò che accade, capita con intensità proprio perché riparte ogni volta dallo stesso comun denominatore, da un livello che, secondo canoni occidentali, è assai più tiepido e regolare. Eppure, è nell’oscillazione minuscola che si avverte maggiore impeto. L’idealizzazione in atto non è del tutto campata in aria ma certo non priva di semplificazioni.

 

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[…] Il consiglio allora a chi viene, in attesa che scemi l’onda anomala che oggi fa del Giappone la meta turistica per eccellenza, è soprattutto quello di rispettare la natura del luogo, di quanto è diverso, anche quando si distanzia da ciò che ci rassicura, proprio come un algoritmo impazzito che inizi a mostrarci la complessità del mondo, tornei di tiro a segno, disquisizioni su fisica quantistica o ricette di cibi verso cui non abbiamo mai mostrato alcun gusto.

 

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Non fatevi protagonisti degli spazi, ricordate che l’armonia del Giappone, che possiede chiaramente un costo in termini di individualismo ed egoismo, consiste nel mettersi a lato, nell’osservare prima di agire, nel non ritenersi furbi nello scavalcare file o nell’ottenere qualcosa in via eccezionale.

 

[…] E allora non pomiciate in pubblico, appartatevi segretamente come fanno qui le coppiette, godete dell’assenza di dimostrazione per poi esplodere nella segretezza delle vostre stanze d’albergo. Non alzate la voce lì dove la gente tace, non parlate sui mezzi pubblici al cellulare, non ascoltate i vostri video o vocali senza cuffie, osservate l’ambiente così da capire come agire. L’osservazione e l’emulazione di chi è del posto sono sempre le migliori scelte.

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