bruno vespa jfk kennedy cuba baia dei porci fidel castro

JFK FERITO E SPIAGGIATO – NEL SUO NUOVO LIBRO, “KENNEDY. FU VERA GLORIA?”, BRUNO VESPA RIPERCORRE I PRIMI DISASTROSI CENTO GIORNI DI PRESIDENZA DEL 1961, CULMINATI CON LA FALLITA INVASIONE DELLA BAIA DEI PORCI A CUBA: “KENNEDY FU TRAVOLTO DAI SENSI DI COLPA: I RIVOLTOSI MORTI, I PRIGIONIERI TRATTATI CON DUREZZA, L’IMMAGINE DEGLI USA FORTEMENTE LESIONATA. I SUOI COLLABORATORI LO VEDEVANO DISFATTO, SUA MOGLIE LO VIDE PIANGERE. JACK EBBE TUTTAVIA UNO SCATTO DI RENI…”

Estratto del libro di Bruno Vespa, “Kennedy. Fu vera gloria? Amori e potere di un mito” (Railibri) -  pubblicato da “il Giornale”

 

john kennedy telefono 1961

Castro ormai rappresentava la testa di ponte dell’Unione Sovietica nel continente americano. La Cia premeva perché esuli cubani addestrati in Guatemala invadessero l’isola, ed ebbe il via libera per i preparativi. In un rapporto del Dipartimento di Stato è scritto che per quanto l’intervento potesse essere ben camuffato, sarebbe stato comunque addebitato agli Stati Uniti, con il risultato di provocare proteste in tutto il mondo, vanificando l’enorme favore con cui era stato accolto l’arrivo del giovane Presidente alla Casa Bianca.

 

Kennedy era indeciso. Da un lato patrocinare l’invasione in quello che pur sempre era uno Stato sovrano smentiva tutta la sua politica liberal. Dall’altro lato era tentato di rovesciare un regime che aveva promesso libertà e si era rivelato una dittatura.

 

Kennedy. Fu vera gloria? Amori e potere di un mito di Bruno Vespa

Il Presidente chiese alla Cia di programmare un piccolo sbarco di uomini che avrebbero dovuto avviare la guerriglia in montagna e acquisire poi consensi per simulare una rivolta popolare. Apparve tuttavia evidente che nessun movimento avrebbe potuto apparire estraneo agli americani. Il fallimento dell’operazione avrebbe guastato l’immagine degli Stati Uniti e del suo Presidente, ma a Kennedy fu fatto rivelare che smobilitare i guerriglieri anticastristi in addestramento in Guatemala avrebbe avuto comunque conseguenze pesantissime.

 

Quegli uomini sarebbero necessariamente tornati negli Stati Uniti e avrebbero spifferato ai quattro venti che l’azione non era andata in porto per la vigliaccheria degli americani. Schlesinger rinnovò il suo parere contrario all’operazione con un memorandum di dieci pagine. Anche McGeorge Bundy, assistente per la sicurezza nazionale, si disse contrario, ma il Presidente andò avanti.

 

john fitzgerald kennedy fotografato da tony vaccaro

Kennedy decise di autorizzare lo sbarco dopo aver chiarito agli anticastristi che non avrebbero potuto contare sull’aiuto militare americano. Gli anticastristi decisero di procedere ugualmente: la disastrosa organizzazione della Cia e le indecisioni di Kennedy portarono al fallimento dell’operazione.

 

Lo sbarco alla Baia dei Porci, difficile per la presenza della barriera corallina e per l’assenza di vie di fuga, avrebbe dovuto essere assistito dal bombardamento degli aeroporti cubani da parte di sedici aerei anticastristi. All’ultimo momento Kennedy ne dimezzò il numero. Sabato 15 aprile otto aerei decollarono da una base del Nicaragua e riuscirono a distruggere soltanto cinque dei trenta aerei dell’aviazione cubana.

 

fidel castro

Era stata programmata una seconda ondata di bombardamenti, ma sempre nell’ottica di ridimensionare l’appoggio americano, Kennedy volle aspettare che gli invasori consolidassero la loro testa di ponte. Poiché questo non avvenne, l’operazione fu annullata. Fin dall’inizio, scrisse subito lo storico Theodore Draper nel report Five Years of Castro’s Cuba (1964) avvenne «uno di quegli eventi rari nella Storia: un fallimento perfetto».

 

L’ambasciatore degli Stati Uniti presso l’Onu, Adlai Stevenson, fu tenuto all’oscuro di tutto e considerò folle aver promosso l’iniziativa a due giorni da una riunione dell’assemblea generale della Nazioni Unite dedicata appunto alla crisi cubana.

INVASIONE DELLA BAIA DEI PORCI 1961

 

Il fallimento dell’operazione fu chiaro il 18 aprile: non c’era stata l’attesa rivolta popolare, ventimila militari castristi dotati di carri armati sovietici ebbero facilmente ragione dei 1.400 invasori, mentre Khruschev minacciava l’intervento armato in favore di Castro. Un contingente della Cia, guidato personalmente dal direttore dell’agenzia, Allen Dulles, fu richiamato per il fallimento dell’invasione.

 

INVASIONE DELLA BAIA DEI PORCI 1961

1.113 controrivoluzionari si arresero e furono rilasciati dopo venti mesi di carcere duro dietro un riscatto di alimenti e farmaci del valore di 53 milioni di dollari. Dulles dovette dimettersi. «In una repubblica parlamentare», gli disse Kennedy, «avrei dovuto dimettermi io. In una presidenziale è lei che deve andarsene».

 

Kennedy fu travolto dai sensi di colpa: i rivoltosi morti, i prigionieri trattati con durezza, l’immagine degli Stati Uniti fortemente lesionata. I suoi collaboratori lo vedevano disfatto, sua moglie lo vide piangere. Jack ebbe tuttavia uno scatto di reni che gli consentì di recuperare rapidamente consensi.

 

john kennedy studio ovale

Telefonò a Nixon e invitò il vecchio Eisenhower per un weekend a Camp David. Entrambi apprezzarono molto. Il primo gli suggerì di intervenire militarmente su Cuba e Kennedy si guardò bene dal farlo (due terzi degli americani erano contrari). Il secondo gli dette una benevola pacca sulla spalla. L’opinione pubblica americana era seriamente preoccupata per il dilagare del pericolo comunista dall’America centrale al Sud-Est asiatico all’Africa.

 

La ritrovata solidarietà nazionale fece risalire i consensi per Kennedy sopra l’80%. Ma vista anche la stagnazione economica, i primi cento giorni di mandato non furono positivi. Scrisse acidamente Time il 5 maggio 1961: «La settimana scorsa John Kennedy ha concluso i primi cento giorni della sua amministrazione e gli Stati Uniti un mese di rovesci, rari nella storia della repubblica».

robert kennedy john kennedy 1961john kennedylyndon johnson robert kennedy john kennedyjohn kennedy studio ovale 1

Ultimi Dagoreport

emmanuel macron friedrich merz giorgia meloni donald trump volodymyr zelensky vladimir putin

DAGOREPORT – ET VOILA', ANCHE SULLA SCENA INTERNAZIONALE, IL GRANDE BLUFF DI GIORGIA MELONI È STATO SCOPERTO: IL SUO CAMALEONTISMO NON RIESCE PIÙ A BARCAMENARSI TRA IL TRUMPISMO E IL RUOLO DI PREMIER EUROPEO. E L'ASSE STARMER-MACRON-MERZ L'HA TAGLIATA FUORI – IL DOPPIO GIOCO DELLA "GIORGIA DEI DUE MONDI" HA SUPERATO IL PUNTO DI NON RITORNO CON LE SUE DICHIARAZIONI A MARGINE DEL G20 IN SUDAFRICA, AUTO-RELEGANDOSI COSÌ AL RUOLO DI “ORBAN IN GONNELLA”,  CAVALLO DI TROIA DEL DISGREGATORE TRUMP IN EUROPA - DITE ALLA MELONA CHE NON È STATO SAGGIO INVIARE A GINEVRA IL SUO CONSIGLIERE DIPLOMATICO, FABRIZIO SAGGIO… - VIDEO

barigelli cairo

DAGOREPORT - PANDEMONIO ALLA "GAZZETTA DELLO SPORT"! IL DIRETTORE DELLA “ROSEA” STEFANO BARIGELLI VIENE CONTESTATO DAL COMITATO DI REDAZIONE PER LE PRESSIONI ANTI-SCIOPERO ESERCITATE SUI GIORNALISTI – LA SEGRETARIA GENERALE FNSI DENUNCIA: “I COLLEGHI DELLA 'GAZZETTA' CHE VOGLIONO SCIOPERARE VENGONO RINCORSI PER I CORRIDOI DAI LORO CAPIREDATTORI E MINACCIATI: ‘NON TI FACCIO FARE PIÙ LA JUVENTUS…” - BARIGELLI AVREBBE RECLUTATO UNA VENTINA DI GIORNALISTI PER FAR USCIRE IL GIORNALE SABATO E DIMOSTRARE COSI' ALL’EDITORE URBANETTO CAIRO QUANTO CE L’HA DURO – LA VICE-DIRETTRICE ARIANNA RAVELLI AVREBBE PURE DETTO IN MENSA A BARIGELLI: “STIAMO ATTENTI SOLO CHE NON CI SPUTTANI DAGOSPIA...” - VIDEO

luigi lovaglio giuseppe castagna giorgia meloni giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone milleri monte dei paschi di siena

DAGOREPORT - È VERO, COME SOSTENGONO "CORRIERE" E “LA REPUBBLICA”, CHE L’OPERAZIONE MPS-MEDIOBANCA È “PERFEZIONATA E IRREVERSIBILE”? PIU' SAGGIO ATTENDERE, CON L'EVENTUALE AVANZAMENTO DELL'INCHIESTA GIUDIZIARIA MAGARI (IERI ED OGGI SONO STATI PERQUISITI GLI UFFICI DEGLI INDAGATI), QUALE SARÀ LA RISPOSTA DEGLI INVESTITORI DI PIAZZA AFFARI (GIA' MPS E' STATA MAZZOLATA IN BORSA) - POTREBBERO ANCHE ESSERCI RIPERCUSSIONI SUL COMPAGNO DI AVVENTURE DI CALTARICCONE, FRANCESCO MILLERI, CHE GUIDA L'HOLDING DELFIN LA CUI PROPRIETÀ È IN MANO AI LITIGIOSISSIMI 8 EREDI DEL DEFUNTO DEL VECCHIO - MA IL FATTO PIÙ IMPORTANTE SARA' IL RINNOVO AD APRILE 2026 DELLA GOVERNANCE DI GENERALI (PER CUI È STATA ESPUGNATA MEDIOBANCA) E DI MPS DEL LOQUACE CEO LUIGI LOVAGLIO (VEDI INTERCETTAZIONI) - INFINE, PIÙ DI TUTTO, CONTANO I PASSI SUCCESSIVI DELLA PROCURA DI MILANO, CHE PUÒ SOSPENDERE L’OPERAZIONE DELLA COMBRICCOLA ROMANA FAVORITA DA PALAZZO CHIGI SE INDIVIDUA IL RISCHIO DI REITERAZIONE DEI REATI (DA PIAZZA AFFARI SI MOLTIPLICANO LE VOCI DI NUOVI AVVISI DI GARANZIA IN ARRIVO PER I "FURBETTI DEL CONCERTINO''...)

putin witkoff marco rubio donald trump zelensky

DAGOREPORT – SI ACCENDE LA RIVOLTA DEL PARTITO REPUBBLICANO CONTRO TRUMP - I DANNI FATTI DA STEVE WITKOFF (SOTTO DETTATURA DI PUTIN), HANNO COSTRETTO L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A METTERE IN CAMPO IL SEGRETARIO DI STATO MARCO RUBIO CHE HA RISCRITTO IL PIANO DI PACE RUSSIA-UCRAINA - CON IL PASSARE DELLE ORE, CON UN EUROPA DISUNITA (ITALIA COMPRESA) SUL SOSTEGNO A KIEV, APPARE CHIARO CHE PUTIN E ZELENSKY, TRA TANTE DISTANZE, SONO IN SINTONIA SU UN PUNTO: PRIMA CHIUDIAMO LA GUERRA E MEGLIO È…

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?