raffaele mincione becciu

PERSEVERARE E’ DIABOLICO - IN VATICANO SAPEVANO CHI ERA RAFFAELE MINCIONE: UN'INFORMATIVA DELLA GENDARMERIA, DEL 20 GIUGNO 2013, AVEVA EVIDENZIATO LA SUA PESSIMA REPUTAZIONE: “MORALMENTE INADATTO” - EPPURE LA SEGRETERIA DI STATO FECE FINTA DI NULLA E SI RIVOLSE A LUI PER INVESTIRE CENTINAIA DI MILIONI DI EURO - IL RUOLO DI MONSIGNOR PERLASCA CHE HA AVUTO IL PIENO CONTROLLO DELLA GESTIONE DEL FONDO “ATHENA CAPITAL GLOBAL”…

Fiorenza Sarzanini per www.corriere.it

RAFFAELE MINCIONE

 

Esiste una informativa riservata della Gendarmeria vaticana del 20 giugno 2013 che evidenzia «elementi reputazionali negativi» nei confronti del finanziere Raffaele Mincione. Un documento che la Segreteria di Stato della Santa Sede decise di ignorare rivolgendosi proprio a lui per investire centinaia di milioni di euro in affari immobiliari e investimenti all’estero.

 

Sono i verbali degli alti prelati coinvolti nelle indagini condotte dai promotori di giustizia del Vaticano Gian Piero Milano e Alessandro Diddi su questo fiume di denaro sottratto alle casse della Chiesa e utilizzato a fini personali, che hanno già portato alle dimissioni di monsignor Angelo Becciu, a raccontare la guerra che si è consumata in questi anni all’interno dell’ufficio che dovrebbe invece tutelarne gli interessi e comunque agire seguendo le disposizioni del Papa.

 

stabile di sloane avenue londra

Al centro delle verifiche c’è l’acquisto del palazzo di Sloane Avenue 60 a Londra, ma in realtà a leggere gli atti raccolti nell’ultimo anno appare chiaro che l’investimento sia stato soltanto il pretesto per quella che gli stessi inquirenti definiscono «una manovra ben pianificata per realizzare una ingente depredazione di risorse finanziarie della Segreteria di Stato che non ha eguali».

 

Sono quindici le persone finite sotto inchiesta per peculato, abuso di autorità e corruzione — i dipendenti della Segreteria di Stato e faccendieri — ma i protagonisti sono certamente lo stesso Becciu e monsignor Alberto Perlasca, indicato come il vero sostenitore dell’investimento che — forse nel timore di finire agli arresti o comunque di avere conseguenze gravi — ha deciso di collaborare con i promotori scagliandosi proprio contro Becciu.

 

Giovanni Angelo Becciu

Entrambi dovranno chiarire quali vantaggi abbiano ottenuto tenendo conto che tra le verifiche effettuate ci sono quelle sui conti aperti presso lo Ior, ma anche presso banche italiane ed estere dove potrebbero essere confluiti i proventi degli affari conclusi utilizzando l’obolo di San Pietro e altre disponibilità della Santa Sede.

 

Ma anche spiegare perché si decise di utilizzare faccendieri e banchieri come consulenti pagando loro parcelle da centinaia di migliaia di euro. Un lungo elenco di personaggi che negli ultimi sette anni risultano aver frequentato la Segreteria di Stato con la massima disinvoltura e senza alcun tipo di controllo.

 

I FONDI VINCOLATI DATI IN PEGNO

RAFFAELE MINCIONE

Nel verbale di sequestro dei conti correnti intestati a monsignor Perlasca, gli inquirenti vaticani scrivono: «Le indagini hanno consentito di accertare che per la conclusione dell’operazione londinese la Segreteria di Stato ha fatto ricorso a una complessa struttura finanziaria realizzata attraverso la costituzione in pegno dei fondi vincolati anziché attraverso l’impiego diretto delle disponibilità liquide, il cosiddetto Credito Lombardo, che a parere di questo ufficio rappresenta la forte evidenza indiziaria del fatto che tale struttura abbia rappresentato un escamotage per non rendere visibile, come del resto avvenuto per moltissimi anni, la distrazione compiuta».

ANGELO BECCIU E PAPA BERGOGLIO

 

A partire dal giugno 2013 ci sono state almeno quattro riunioni all’interno della Segreteria di Stato alle quali hanno partecipato faccendieri e banchieri interessati a dividersi i milioni di euro che — con l’avallo prima di monsignor Tarcisio Bertone e poi di monsignor Becciu — si era deciso di utilizzare in affari immobiliari o comunque a dirottare su conti esteri.

cardinal bertone

 

Ma quella determinante sembra essere avvenuta il 20 giugno 2014, quando monsignor Perlasca incontra Mincione e soprattutto Enrico Crasso, il dirigente di Credit Suisse che aveva portato proprio Mincione in Vaticano e «nel corso della quale è stata assunta la decisione, come visto rivelatasi disastrosa per le finanze vaticane, di intraprendere l’operazione londinese. Le indagini hanno consentito di accertare che la decisione di intraprendere tale operazione è da ascrivere alla competente I Sezione degli Affari Generali dalla Segreteria di Stato».

 

ALBERTO PERLASCA

L’AVVERTIMENTO DELLA MAGISTRATURA

Tra i primi ad essere interrogati c’è Vincenzo Mauriello, uno dei dipendenti vaticani inquisiti. Scrivono i promotori: «Il 13 gennaio 2020 questo ufficio ha ascoltato Mauriello, il quale a proposito dell’operazione londinese ha riferito che “nel 2013-2014 mentre si trovava davanti all’ufficio del sostituto monsignor Becciu incrociò il dottor Fabrizio Tirabassi (anche lui indagato, ndr) che usciva dalla stanza del Sostituto. In quell’occasione gli disse che la Segreteria di Stato aveva in animo di fare un investimento ma il Sostituto chiedeva, prima di dar seguito all’investimento stesso, di acquisire informazioni su uno dei partner che Tirabassi gli disse essere Raffaele Mincione”.

 

raffaele mincione

Mauriello, per come dallo stesso riferito, curò personalmente l’acquisizione delle informazioni su Raffaele Mincione ponendosi in contatto con la Gendarmeria la quale, in un rapporto a firma del dottor Alessandrini, metteva in evidenza le ragioni che avrebbero sconsigliato l’avvio di attività di investimento con il predetto Mincione. In particolare egli “non era persona moralmente adatta ad avere rapporti con la Segreteria di Stato”.

 

Mauriello ha specificato che nel 2013-2014 la persona che aveva deciso di avviare l’investimento per cui a procedimento era proprio monsignor Perlasca. La dichiarazione di Mauriello trova preciso riscontro in quanto accertato, in particolare che monsignor Perlasca ha seguito l’operazione londinese sin dall’origine avendo il 9 luglio 2014 sottoscritto, unitamente a Fabrizio Tirabassi, la proposta di partecipazione della Segreteria di Stato all’investimento che ha visto la destinazione a finalità speculative di fondi con vincolo di scopo».

MONSIGNOR ANGELO BECCIU

 

«COSÌ GESTIVANO LE NUNZIATURE»

Il 31 gennaio viene convocato, anche lui come indagato e dipendente della Segreteria di Stato, monsignor Mauro Carlino. Scrivono i promotori: «Oltre a delineare il ruolo e le funzioni di Tirabassi, precisa la posizione di assoluto rilievo rivestita da monsignor Perlasca che “si occupava di tutto ciò che ha a che fare con l’amministrazione, dei bilanci semestrali delle Nunziature, ma anche delle risultanze finanziarie dei vari centri di spesa e di entrate come ad esempio quelle dell’obolo di San Pietro”.

 

Dalle dichiarazioni di monsignor Carlino emerge che monsignor Perlasca ha avuto il pieno controllo della gestione del fondo Athena Capital Global e soprattutto della gestione, da lui stesso definita “deleteria”, personalistica e con gravi perdite del fondo, operato da Mincione. Monsignor Carlino ha riferito che l’attuale Sostituto monsignor Edgar Pena Parra, nel gennaio 2019, allorquando cioè si rese conto della gravità di quanto stava accadendo, gli riferì che la responsabilità della gestione deleteria dell’investimento era da attribuire a monsignor Perlasca e che aveva deciso di tenerlo fuori dalle operazioni di recupero dell’investimento».

MONSIGNOR EDGAR PENA PARRA

 

Perlasca ha cominciato a collaborare con le autorità vaticane e secondo quanto riferito dall’AdnKronos avrebbe rivelato la richiesta proveniente da monsignor Becciu di trasferire soldi alle attività dei suoi fratelli attraverso la Caritas e che lo stesso Becciu «si è servito durante il suo mandato dei giornalisti» per veicolare informazioni «su monsignor Battista Ricca, monsignor Edgar Pena Parra, sulla malattia del cardinale Parolin, sulla nascita dell’ospedale Mater Olbia». Ultimo capitolo di una guerra che appare tutt’altro che finita.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…