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"CHI NON È SARDO NON PUÒ SBARCARE" – IL DIETROFRONT DEL GOVERNATORE SOLINAS PER EVITARE A PASQUA IL BIS DEI CONTAGI DELL'ESTATE. IL FATTO È CHE LE SECONDE CASE IN SARDEGNA SONO BEN OLTRE 200MILA. QUESTO AVREBBE POTUTO SIGNIFICARE LO SBARCO SULL'ISOLA DI MEZZO MILIONE DI PERSONE NEI GIORNI A CAVALLO DELLA PASQUA. NUMERI TROPPO ALTI. FLUSSI INCONTROLLABILI IN TEMPO DI PANDEMIA... - INTANTO LA SARDEGNA PASSERA' IN ARANCIONE...

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Federico Geremicca per “la Stampa”

 

C'era una volta l'Isola Bianca, un paradiso smarrito, un luogo magico fatto di eventi straordinari, cene a lume di candela, serate al cinema o a teatro, perfino gite in barca, se ti va. Ci metti piede e osservi scene dimenticate, come guardassi un film che arriva dal passato. Rituali ai quali devi riabituarti. Qui, infatti, è come era prima. Prima che la Terra si trasformasse in un infinito campo di concentramento sanitario: indispensabile certamente, ma snervante, triste e faticoso.

 

L'Isola Bianca - intendiamo la Sardegna - naturalmente c'è ancora: ma da sogno si sta trasformando in un miraggio. La vedi vicina, sei pronto a sbarcarci e d'improvviso sparisce. Da ieri mattina non ci si può più arrivare. Non c'è seconda casa che tenga. E nemmeno tampone. O sei sardo e stai tornando a casa, o devi arrivarci per documentatissime questioni di lavoro oppure ti rimettono sull'aereo - o sulla nave - e ti rispediscono a casa.

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Può non piacere, ma così è. Ai sardi piace, diciamolo subito. E hanno un mucchio di ragioni. Per motivi che poi diremo, il presidente della Regione - Christian Solinas - è tornato sui propri passi e l'altra notte ha stabilito che avere una seconda casa non dà più diritto - nemmeno se negativi ad un tampone - a sbarcare sull'Isola Bianca. L'isola resta ai sardi, e a loro piace. Non è solo questione di scegliere tra affari e salute. Piace perché hanno memoria, e ricordano la via Crucis di un'estate fa.

 

SARDEGNA

Le discoteche, le feste, gli yacht in costa Smeralda, il Billionaire e l'isola - che già allora era di fatto Covid-free - nuovamente sprofondata in una pandemia che pareva dimenticata. I sardi non sono animati da pregiudizio e infatti hanno ripreso la vita di prima affollando locali e ristoranti fino a sera. Le città più grandi sono state attraversate da un brivido, un'emozione. Tutto, all'inizio, andava a perfezione. Si invocava la ripresa? Eccola la ripresa. Hanno ascoltato il ministro Dario Franceschini dire «l'apertura programmata del 27 marzo di cinema e teatri si applicherà solo alla Sardegna», e ne sono stati orgogliosi.

 

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«Noi ci siamo», gli ha risposto il direttore del Teatro lirico di Cagliari, Massimo Mancini. I sardi avevano ricominciato a divertirsi. Ma poi, ma poi... Puzza di bruciato. Una storia classicamente italiana. L'abisso che c'è tra il dire e il fare. Il solito e tristemente noto vorrei ma non posso. Segnali d'allarme erano stati avvertiti quasi subito. «Va bene i tamponi, ma chi controlla?».

 

Un certo scetticismo. Le cene - le ritrovate cene - passate a guardar bene chi si ha intorno. Fino alla resa: i controlli si stavano rivelando insufficienti. E diciamola tutta: il comportamento di molti - italiani e stranieri - si confermava al limite del codice penale. Fino a che i quotidiani locali hanno stampato la seguente notizia: «Imprenditrice sarda sbarca a Olbia e nessuno le chiede il tampone».

 

 Ecco parte del surreale racconto: «Allo sbarco pensavo di trovare dei controlli in stile militare. Nulla di nulla. Ho dovuto chiedere io con insistenza che controllassero i miei documenti... C'erano molte guardie giurate e quattro operatori della Croce Rossa: ma chi sbarcava veniva indirizzato verso l'uscita, invece che al controllo tamponi. Eravamo centinaia. C'erano austriaci, svizzeri, tedeschi... Che venivano in Sardegna per lavoro? Per cortesia... Stavano venendo in vacanza, mi pare evidente».

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La Sardegna è un richiamo comunque: oltre tre milioni di turisti nel 2019, l'ultimo anno buono. Figurarsi la Sardegna che trasfigura in Isola Bianca. Una Mecca. Un obiettivo. Il fatto è che le seconde case in Sardegna sono - secondo stime approssimate - ben oltre 200mila. Il che potrebbe (avrebbe potuto) significare lo sbarco sull'isola di mezzo milione di persone nei giorni a cavallo della Pasqua. Nel nord Sardegna, addirittura il 42% delle abitazioni è una seconda casa. Numeri troppo alti. Flussi incontrollabili e un rapporto insostenibile, in tempo di pandemia: i sardi sono poco più di un milione e mezzo, come a dire metà della città di Roma e niente di fronte ai dieci milioni di abitanti della Lombardia.

 

solinas

Riassumiamo così: Christian Solinas ci ha provato ma è stato costretto ad una marcia indietro. Come in un film dal finale tragico, devono essergli ripassate davanti le immagini dell'estate scorsa quando - nonostante le suppliche e gli allarmi - permise che locali notturni e discoteche restassero aperti fino a Ferragosto, rigenerando e moltiplicando un virus che pareva battuto. E mietendo contagiati eccellenti, da Silvio Berlusconi fino all'amico Flavio Briatore. Riproporre lo stesso film per Pasqua si sarebbe tradotto in un suicidio politico, oltre che in un danno enorme per la sua comunità. Quindi, dietrofront: l'Isola Bianca resta Bianca ma blindata.

 

Come altre regioni, del resto. Come forse sarebbe stato utile che fosse fin dall'inizio. Nelle ultime settimane, le immagini dei ristoranti illuminati la sera hanno fatto il giro del mondo via tv. Hotel e villaggi turistici stanno accumulando prenotazioni per la prossima stagione. Compagnie aeree e navali respirano.

christian solinas

 

Almeno metà dei turisti verranno dall'estero. Ma non è che in Italia l'Isola Bianca non abbia fatto notizia e smosso cose. Qualche giorno fa, Marco Corrias, sindaco di Fluminimaggiore - comune del sud Sardegna - è stato contattato da dirigenti del Ministero della cultura. Gli hanno chiesto informazioni sul bellissimo Tempio di Antas, già sacro in età nuragica. Se sul continente le cose non migliorassero, potrebbero far svolgere ad Antas la Giornata nazionale della festa della musica, il 21 giugno. L'Isola, però, deve restare bianca. Ce la farà. E assieme a lei, ce la farà l'Italia. Impaziente di ritrovare i suoi cinema e le sue cene a lume di candela.

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