"A TOKYO MI E' SCESA LA SCIMMIA DELLA PAURA" - IL NUOTATORE ITALIANO THOMAS CECCON, ARGENTO E BRONZO CON LE STAFFETTE OLIMPICHE: "NON MI ERA MAI SUCCESSO DI PROVARE IL TERRORE PRE-GARA. MI HA ASSALITO LA TREMARELLA" - "OGNI VOLTA CHE MI RITROVAVO NELLA STANZA DI CHIAMATA, MI METTEVO IL COSTUME E PENSAVO: 'IO NON ESCO, NON NUOTO'. CI STO LAVORANDO" - A GIUGNO AI MONDIALI PROMETTE DI "ANDARE ALLA GRANDE" E...

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Giulia Zonca per “Specchio – La Stampa”

 

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Il nuotatore che al primo giorno dei campionati italiani, utili per la qualificazione ai Mondiali di questa estate, si presenta non rasato e con i baffoni è Thomas Ceccon, ex ribelle che ci tiene a non omologarsi del tutto al copione della piscina.

 

Lui è sempre stato il giovane di talento purissimo, tanto dotato da non essere concentrato, così giovane e già in nazionale anche se non educato al ruolo, da inquadrare, da abituare al professionismo, da svezzare, da domare e a un certo punto argento e bronzo con le staffette olimpiche. Dentro il gruppo dopo essere stato un solitario alternativo e ora pronto a diventare l'uomo da battere. Il pass per i Mondiali lo ha preso, anche con i baffoni e dopo settimane buttate causa Covid.

 

Thomas Ceccon Thomas Ceccon

Ha messo la testa a posto?

«Non mi pareva di averla fuori posto, forse prima non ero a mio agio. Ora vedo molti ragazzi freschi che si affacciano tra i grandi, li conosco, per cui la nazionale non è più aliena. A lungo siamo stati io e Federico Burdisso e basta. Eravamo i più piccoli, considerati casinisti e in disparte. Ora la squadra senior è stata travolta dai nuovi arrivi e più giovani ci sono meglio è».

 

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La sua prima nazionale come la ricorda?

«Europei in vasca corta a Copenaghen, 2017. Non è andata benissimo. Erano tutti over 25, molti trentenni, io sedicenne e quindi legato all'unico coetaneo, sempre Fede, tra noi e gli altri si è creata come una frattura. In realtà semplicemente non conoscevamo nessuno e i veterani non aiutavano. Ci hanno detto "benvenuti" e poi a distanza. Non sapevamo come muoverci».

 

Differenze generazionali?

«Probabile. Non le saprei neanche definire, a me sembra che noi, i ventenni di oggi, siamo proprio di un'altra pasta rispetto a chi c'era prima, però ci sta che io sia coinvolto e non abbia la percezione reale. Mi pare che questa nazionale sia unita, condivida, quella precedente era molto competitiva anche all'interno. Vai a sapere, magari se lo chiedi a loro rispondono che erano in sintonia, io facevo fatica. Così è molto più semplice, certo, dopo l'addio di Federica Pellegrini ci manca un capitano».

 

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A che cosa serve un capitano in uno sport individuale?

«A trascinare e lei non aveva bisogno di fare nulla per riuscirci. Con lei tutti si sentivano di dover spingere al massimo, dare il meglio, soprattutto in staffetta perché vuoi sentirti all'altezza, dimostrare di valere quel livello. Federica ti metteva la pressione giusta, le bastava uno sguardo».

 

Le medaglie alle Olimpiadi di Tokyo l'hanno liberata?

«Mi hanno dato fiducia. E mancava. Fin da piccolo ero quello bravo, poliedrico, naturalmente portato e poi sembrava sempre che io non fossi all'altezza delle mie qualità però gli standard non li avevo fissati io. Ai Giochi qualcosa è scattato, una prova superata che mi ha tolto un po' di punti interrogativi da dosso».

 

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Per esempio, ha avuto il permesso di tornare in stanza con il suo amico Burdisso. Vi avevano separati.

«Sì, terapia d'urto. Ci vedevano più folli di quanto fossimo. Stavamo troppo insieme, sono successi due o tre episodi strambi, situazioni da spogliatoio, diciamo così. Nulla di grave anche se è partito il ritornello: si guastano a vicenda».

 

Era vero?

«Non credo. Mi immagino, provando a guardare da fuori, che la carica di due ragazzini in grado di andare più forti di tanti già titolati fosse difficile da gestire. Magari tra un po' arriva gente nata molto dopo di me che va come un treno e io reagisco allo stesso modo».

 

Lei nasce mistista, una promessa in una specialità complicata. Poi che succede?

«Per me le gare con i quattro stili restano top, le facevo stravolentieri però nel tempo i 100 dorso sono diventati la prova più concreta e il programma si è fatto incompatibile, con i 100 stile e i 100 dorso ci sono più probabilità. Mi gioco questa strada, poi si vedrà».

 

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Rosolino l'ha definita «il nostro Phelps».

«Perché faccio le sue gare, non perché sono come lui. Non mi tufferei nemmeno nel paragone, sto alla larga».

 

Staffette: 4x100 e mista, l'Italia, con lei in formazione, sul podio ai Giochi in entrambe le gare. Dove volete arrivare?

«La mista soprattutto ha un potenziale pazzesco e siamo tutti grandi amici: Miressi l'ho conosciuto per ultimo e ora abbiamo un rapporto splendido, Martinenghi è proprio un socio e Fede è Fede anche se lui è specialista dei 200 delfino e nei 100 va capito che succede. Io sono curioso di vedere se mi è scesa la scimmia della paura».

 

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Scusi?

«Terrore pre gara. Non mi era mai successo, anzi, in passato mi hanno dato dello sbruffone per l'approccio, sempre esagerazioni. In ogni caso, a Tokyo mi assale proprio la tremarella, l'ansia da prestazione. E mi dico "è il debutto, la prima batteria, passa", invece va sempre peggio, divorato dalle aspettative. L'energia nervosa consumata mi ha tolto centesimi buoni».

 

Il momento più duro?

«Ogni volta che mi ritrovavo nella stanza di chiamata, mi mettevo il costume e pensavo "io non esco, non nuoto". Ci sto lavorando».

 

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Con un mental coach?

«Non ancora, prima devo mettere a posto certi meccanismi, abituarmi».

 

I Mondiali di giugno si aggiungono a un calendario già pieno. Meglio averli o si rischia l'eccesso?

«Quando è saltata l'edizione di Fukuoka avrebbero dovuto aspettare il 2023 invece la federazione internazionale non voleva lasciare il calendario libero alla Isl, la Lega indipendente. Non si stanno simpatici. Così hanno inventato i Mondiali di Budapest, una competizione extra. Poi la International swimming League è pure saltata per colpa della guerra in Ucraina. Un po' di confusione, comunque questi Mondiali ci sono, valgono e io voglio andare alla grande».

 

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Un Mondiale senza i russi quindi senza diversi concorrenti.

«Esatto, anche se sono perplesso. Un singolo nuotatore che può fare contro una guerra così?».

 

Magari non andare alla parata per Putin con la zeta al braccio come ha fatto Rylov, oro nei 100 e 200 dorso a Tokyo.

«Lui fa parte dell'esercito russo, è proprio la sua squadra intendo. Siamo sicuri che avesse alternative? Non poteva dire no e forse proprio per questo subito dopo ha detto che ai Mondiali non ci sarebbe andato. Magari per levarsi l'imbarazzo prima delle decisioni sulla nazionale».

 

Thomas Ceccon a Tokyo Thomas Ceccon a Tokyo

Lei che cosa avrebbe fatto al suo posto?

«Non si può rispondere, io non so che conseguenze avrebbe dovuto affrontare Rylov se si fosse negato».

 

Alberto Burlina: il suo tecnico quando tutti la indicavano come baby fenomeno, il suo tecnico quando tutti dicevano che lei era troppo indisciplinato e il suo tecnico oggi, da ventenne sbocciato.

«Lo conosco da sempre. Ci capiamo, ci intendiamo e in tutti questi anni, in questi cambiamenti, mi sono sempre fidato di lui. Mi ha aiutato nelle fasi più toste. Dopo il trasferimento a Verona non è stato facile, ottima struttura ma io sempre solo. E intrattabile».

 

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Come l'ha superata?

«Alberto mi ha trovato dei compagni di allenamento, anche se ora sono rimaste solo le ragazze e con loro non è che posso tirare, neanche se io faccio dorso mentre loro fanno stile. Pazienza, ormai riesco a motivarmi lo stesso».

 

Punti di riferimento nello sport?

«Direi Phepls, ma poi chi ci arriva lì? No, seguo un credo personale: non guardare gli altri, ma te stesso».

 

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Musica prima delle gare?

«Sicuro, a piacere: dalla classica, alle canzoni italiane, al rock o rap. Quel che gira».

 

Letture?

«Qualche volta. Ora ho sul comodino la biografia di Peaty, il ranista da record, sempre nuoto, ma leggo anche testi di filosofia, dieci pagine al giorno e poi crollo, ma piano piano».

 

Serie tv?

«Decine, anche lì ampio raggio di generi diversi, basta che non siano roba da donne».

 

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Quali sono roba da donne?

«Quelle che possono vedere solo loro, tipo "Orange is the new black"».

 

Si è fidanzato?

«Sì. Con Giorgia Biondani, una delle ragazze che nuotano a Verona con me. Lo sanno in pochi, è una storia recente e non è che sto a postare foto insieme o che. La mia vita privata non la spiffero».

 

Ha proprio messo la testa a posto.

«Diciamo così, ho fatto un po' di esperienza. Se non altro mi lasciano tranquillo».

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