stato-mafia mori provenzano dell'utri

STATO-MAFIA, 3 MILA PAGINE E UNA TESI “SCANDALOSA” – LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA DI ASSOLUZIONE PER GLI UFFICIALI DEL ROS E PER MARCELLO DELL'UTRI NON RISPONDONO A TROPPE DOMANDE – FRANCESCO LA LICATA: “CIÒ CHE VIENE SANCITO È CHE UNO STATO PER FERMARE LA FURIA STRAGISTA DI UNA ORGANIZZAZIONE CRIMINALE È DOVUTO VENIRE A PATTI CON ESSA ATTRAVERSO UNA ‘IBRIDA ALLEANZA’ CON L'ALA MODERATA DI COSA NOSTRA (QUELLA DI BERNARDO PROVENZANO). MA ALLORA CI SAREBBE DA CHIEDERSI SE..."

Francesco La Licata per “la Stampa”

 

mario mori

Le quasi tremila pagine con cui la Corte d'assise d'appello di Palermo motiva la sentenza di assoluzione per gli ufficiali del Ros (Reparto speciale dei carabinieri) e per il politico Marcello Dell'Utri sono state accolte con molta freddezza (tranne qualche eccezione) dai media e dalle segreterie dei partiti, impegnate nell'insolita campagna elettorale estiva. Eppure quelle pagine, certamente molto «scandalose», meriterebbero una più attenta considerazione, perché contengono molti spunti di riflessione che dovrebbero interessare soprattutto le forze politiche che si accingono a candidarsi alla guida del Paese.

 

PROVENZANO

Pagine scandalose, certamente. E non perché si voglia mettere in discussione il succo di una sentenza che sembra logica rispetto a quanto il processo ha potuto accertare. Lo scandalo, se così si può dire, non consiste nelle assoluzioni, ma nel «quadro generale» che i giudici hanno offerto nel tentativo di spiegare il perché delle loro conclusioni.

 

Già, perché ciò che viene sancito in sentenza è che uno Stato moderno e democratico - e non un manipolo di investigatori azzardosi - per fermare la furia stragista di una organizzazione criminale è dovuto venire a patti con essa attraverso una «ibrida alleanza», un accordo non esplicito, con l'ala moderata di Cosa nostra (quella di Bernardo Provenzano) fino a proteggere la latitanza di un capo lasciato libero perché potesse imporre una scelta di non aggressione allo Stato che, invece, era la linea intrapresa da Totò Riina e in attesa di prosecuzione da parte degli eredi di Totò 'u curtu, cioè Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e i Graviano di Brancaccio.

 

toto' riina

I giudici parlano apertamente di «patto» con la «corrente più moderata di Cosa nostra». E leggendo queste righe non si può fare a meno di pensare come la mafia, quella del '92, '93 e '94, fosse diventata una specie di «Stato alternativo» a quello legale e costituzionale. Tanto da indurre le autorità costituite a mettere in atto azioni simili alle operazioni di geopolitica nelle guerre in corso.

 

In sostanza, dicono i giudici, la Trattativa ci fu, ma non per decisione dei singoli investigatori quanto per scelte istituzionali che avallarono vere e proprie «operazioni di intelligence». Solo che a guidare l'azzardo erano agenti di polizia giudiziaria che avrebbero dovuto sottostare alle regole del codice senza fughe in avanti in un terreno privo di regole di ingaggio, comportandosi, alla fine, come un servizio segreto. E quando «agganciano» don Vito Ciancimino (mediatore col «consenso» di Totò Riina) sfuggono a ogni controllo, tanto da essere redarguiti oggi dai giudici che definiscono l'operazione una «improvvida iniziativa».

 

toto' riina 2

E qui il pensiero va al giovane Massimo Ciancimino, prima portato sugli altari e poi abbandonato al proprio destino e massacrato giudiziariamente, pur avendo dato un buon contributo sulle vicende oggi scandagliate dai giudici di appello. Certo, la Trattativa ci fu e riuscì pure a fermare la deriva stragista di Cosa nostra, ma fu portata avanti per la «salvaguardia dell'incolumità della collettività nazionale e di tutela di un interesse generale e fondamentale dello Stato».

 

mario mori foto di bacco

Mentre la mancata perquisizione al covo di via Bernini (la casa di Totò Riina) e i diversi episodi di mancata cattura di Bernardo Provenzano erano segnali di amicizia, propedeutici a fare cessare le stragi sanguinose. Tutto definito dai giudici «sconcertante», ma perfettamente inquadrabile nella logica di «indicibili ragioni di interesse nazionale a non sconvolgere gli equilibri di potere interni a Cosa nostra».

 

Ma allora ci sarebbe da chiedersi se, una volta superata la punta più alta della crisi con la strategia del dialogo, non fosse stato indefettibile un intervento veloce e definitivo che estirpasse alle radici le mafie ben radicate nelle quattro regioni del nostro Meridione, anche per evitare di dover ricorrere ad altre trattative in futuro. E invece continuiamo a scrivere e leggere della geometrica potenza della 'ndrangheta, capace di muovere miliardi di cocaina poi reinvestiti in imprese per la realizzazione di opere pubbliche.

 

MARCELLO DELL'UTRI

Ecco, i soldi. Anche di questo aspetto si occupa la sentenza che smentisce la tesi che Paolo Borsellino sia stato ucciso perché costituiva un impedimento allo svolgersi della Trattativa. Ipotizzano i giudici di Palermo che la decisione di uccidere il giudice fu presa con grande fretta, come se fosse sopraggiunto qualcosa che andava fermato subito.

 

Questo qualcosa, sospetta la corte d'appello, era l'interesse di Borsellino per il «rapporto su mafia e appalti» frettolosamente chiuso dalla Procura di Palermo diretta da Pietro Giammanco e ripreso da Falcone e Borsellino. Una inchiesta esplosiva che ha fatto dire all'ex giudice Antonio Di Pietro che «la Tangentopoli prima di noi l'avevano scoperta i magistrati di Palermo e in particolare Giovanni Falcone».

 

massimo ciancimino processo sulla trattativa stato mafia 3

Lo stesso Falcone che si era sovraesposto parecchio su questi temi, fino a dichiarare pubblicamente, riferendosi alle indagini sulla Calcestruzzo di Gardini: «La mafia è entrata in Borsa». Da qui la fretta di eliminare Borsellino, l'unico in grado di proseguire quella inchiesta che avrebbe attraversato il sistema di potere politico-imprenditoriale di tutta l'Italia. Riina convoca una riunione della cupola per mettere in cantiere via D'Amelio e dimostra grande fretta.

 

Lo confermerà nel 2013, quando scambia confidenze col detenuto con cui «fa socialità» e gli dice che la strage Borsellino non fu come l'altra, «fu un fatto studiato alla giornata». Ma anche il rapporto sugli appalti è rimasto seppellito per decenni. D'altra parte i depistaggi e le indagini a vuoto sono espedienti adoperati non tanto per cancellare la storia dei fatti accaduti quanto per ritardarne il più possibile il valore processuale.

 

toto' riina

Oggi l'inchiesta è stata riaperta a Caltanissetta e c'è da aspettarsi il solito «trattamento»: anni di ricerche di prove su fatti avvenuti negli Ottanta, immancabili polemiche, scontri fra garantisti e manettari, insomma la via crucis che va in scena da sempre. Speriamo, soprattutto, ci sia risparmiata un'altra Trattativa, lo dobbiamo principalmente ai familiari delle vittime di precedenti «improvvide iniziative».

BERNARDO PROVENZANO AL 41 BIStoto riina MARIO MORImassimo ciancimino processo sulla trattativa stato mafiamassimo ciancimino processo sulla trattativa stato mafia 2Marcello Dell'Utri

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa

DAGOREPORT - LA RISSA CONTINUA DI LA RUSSA - L’ORGOGLIOSA  CELEBRAZIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE, NUME TUTELARE DEI DELLE RADICI POST-FASCISTE DEI FRATELLINI D'ITALIA, DI SICURO NON AVRÀ FATTO UN GRANCHÉ PIACERE A SUA ALTEZZA, LA REGINA GIORGIA, CHE SI SBATTE COME UN MOULINEX IN EUROPA PER ENTRARE UN SANTO GIORNO NELLE GRAZIE DEMOCRISTIANE DI MERZ E URSULA VON DER LEYEN - DA MESI 'GNAZIO INTIGNA A FAR DISPETTI ALLE SORELLE MELONI CHE NON VOGLIONO METTERSI IN TESTA CHE A MILANO NON COMANDANO I FRATELLI D'ITALIA BENSI' I FRATELLI ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA – DALLA SCALATA A MEDIOBANCA ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DAL CASO GAROFANI-QUIRINALE ALLO SVUOTA-CARCERI NATALIZIO, FINO A PROPORSI COME INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI DI ‘’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ E IL MAGNATE GRECO IN NOME DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE – L’ULTIMO DISPETTUCCIO DI ‘GNAZIO-STRAZIO ALLA LADY MACBETH DEL COLLE OPPIO… - VIDEO

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”