julian reichelt bild

L'IPOCRISIA DEL DIRETTORE DELLA ''BILD'' - GOFFREDO DE MARCHIS: ''AL VIDEO-EDITORIALE IN CUI ATTACCAVA LA CINA PERCHÉ È UN REGIME LIBERTICIDA, COPIA I BREVETTI ALTRUI E AZZITTISCE IL DISSENSO, MANCAVA UN RIFERIMENTO AI RAPPORTI STRETTISSIMI TRA CINA E GERMANIA, CON LA MERKEL CHE È STATA DECINE DI VOLTE NEL PAESE ED È IL LEADER OCCIDENTALE CON IL RAPPORTO MIGLIORE CON XI JINPING''

 

 

Goffredo De Marchis su Facebook:

 

Ho scritto il mio pensiero su questo video del direttore della Bild. I miei sentimenti non sono né anti né filo.

 

Julian Reichelt bild

In ritardo e su segnalazione del mio amico Bruno Sinopoli, capo del dipartimento di ingegneria alla WashU di St. Louis, Missouri (il mondo interconnesso), ho visto il video del direttore della Bild Julian Reichelt rivolto direttamente al presidente cinese Xi Jinping. “Così si fa”, mi ha scritto il professor Sinopoli (penso sia una coincidenza che giusto ieri il Missouri abbia chiesto i danni al governo di Pechino ma con Bruno non si sa mai). Il quotidiano tedesco sostiene che la Cina debba risarcire la Germania per l’enorme iattura economica causata dal virus nato nei suoi mercati di animali vivi e ha ricevuto una piccata lettera dell’ambasciata cinese a Berlino in cui il giornale viene accusato di minare “i rapporti di amicizia tra i nostri popoli”.

 

Questa storia dell’amicizia che i cinesi ripetono a ogni pie’ sospinto sta diventando stucchevole. Non metto in dubbio che dietro l’offerta di aiuti e l’invio di milioni di mascherine ci sia anche un sentimento di generosità, ma sappiamo bene che il regime cinese, con ogni sua mossa, persegue l’obiettivo di fondo dell’imperialismo.

Julian Reichelt bild

Eppure il video-editoriale di Reichelt mi ha colpito per altri motivi, due in particolare. Uno fa sorridere, l’altro meno perchè coinvolge la deontologia professionale, il dovere che abbiamo di dire la verità, possibilmente tutta la verità.

 

Primo, il direttore della Bild è permalosissimo. Un lato del carattere molto latino e poco tedesco. Forse sono luoghi comuni ma se guardate la clip vedrete che Reichelt l’ha presa proprio sul personale.

 

Secondo, mi consolo con il fatto che anche il discorso del giornalista tedesco è puntellato di una serie di luoghi comuni. Cito: la Cina non inventa niente, copia e basta. E’ la più grande ladra di brevetti industriali. Esporta solo idee degli altri e a basso costo. Adesso però esporta il virus che provoca morti e dolore e il virus sì è un’invenzione tutta cinese.

 

goffredo de marchis foto di bacco

L’idea che Pechino sia capace esclusivamente di clonare prodotti dell’ingegno occidentale mi sembra un po’ datata, ma non è questo il punto. Giustamente Reichelt rivendica la libertà di stampa che caratterizza i nostri Paesi a differenza della Cina. Dove il regime sorveglia Internet e i giornali (quando non li chiude direttamente), vigila sui suoi cittadini e sulle loro idee libere, ma poi si fa scappare il Coronavirus sotto il naso, non sorveglia i mercati di animali vivi che sono un retaggio di secoli fa e semina il suo batterio letale in tutto il pianeta.

 

xi jinping merkel juncker macron

Ecco, al ragionamento del direttore manca un passaggio fondamentale che avrebbe reso l’editoriale più onesto e più distaccato, che è sempre una regola del buon giornalismo. Manca un accenno ai rapporti tra la Germania e la Cina pre-virus. Rapporti economici intendo. Strettissimi.

 

Quella del Paese asiatico non è un’economia di mercato proprio perché lì c’è un regime che come dice l’indignato Reichelt esercita una sorveglianza feroce su tutte le attività dei suoi cittadini. Dunque ogni partnership commerciale passa dai canali politici, dal via libera di Xi Jinping. E la Germania è un formidabile partner commerciale della Cina. Nell’automotive, nelle costruzioni, nell’acciaio e in altri settori strategici.

MERKEL XI

 

Non è un caso che la Cancelliera Angela Merkel sia la leader mondiale che più volte si è recata in visita di Stato in Cina (anche per la longevità della sua carriera politica, certo). Quando, esattamente tre anni fa, andammo a Pechino per il summit sulla nuova Via della Seta (allora non era così famigerata) con il premier Paolo Gentiloni, io e i colleghi rimanemmo stupiti leggendo la lista dei partecipanti. Il presidente del Consiglio italiano era l’unico leader di un Paese del G7 a intervenire personalmente. Berlino aveva mandato il ministro degli Esteri o dell’Industria, non ricordo. Ma i due bravissimi consiglieri di Gentiloni, Antonio Funiciello e Marco Simoni, ci spiegarono l’arcano: “Sapete quante volte è già venuta in Cina la Merkel quest’anno? Tre”. Ed era solo aprile.

GENTILONI E MERKEL

 

Per parlare dei diritti umani violati, della libertà di stampa negata, della sorveglianza spietata sui cittadini cinesi? Non credo. La Cancelliera era volata in Cina in tante occasioni per fare business e stringere accordi economici che in quel Paese passano non dal mercato ma dalle stanze del regime. Il surplus commerciale tedesco, fuori dai vincoli europei al pari dell’extra-deficit, nasce anche dal legame con “gli esportatori di virus”, “i seminatori di morte”, gli imperialisti senza scrupoli con i quali la Germania ha preferito fare alleanze anziché difendersi in maniera compatta attraverso l’Unione europea dalla delocalizzazione o dal loro dumping selvaggio.

 

merkel xi jinping

Reichelt ha profetizzato la caduta di Xi, “prima o dopo”. Sarebbero bastati dieci secondi in più per far cadere anche il velo dell’ipocrisia sui rapporti del mondo con la Cina prima del Coronavirus.

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