boris johnson

BORIS DA ORBI! JOHNSON CACCIA I MINISTRI DI MAY: “VIA DALLA UE, SENZA SE E SENZA MA. IL 31 OTTOBRE CE NE ANDIAMO” IL SUO NUOVO TEAM È IL PIÙ “COLORATO” DI MINORANZE ETNICHE CHE SI SIA MAI VISTO FINORA: IL MUSULMANO JAVID SARA'CANCELLIERE DELLO SCACCHIERE - IL SUPERFALCO RAAB AGLI ESTERI - E BORIS RINCARA LA DOSE SULL'ULTRA-BREXIT LASCIANDO PLANARE LA MINACCIA DI NON PAGARE I FAMOSI 45 MILIARDI - C'E' ANCHE IL FURIOSO RAAB

Luigi Ippolito per il “Corriere della sera”

boris johnson regina elisabetta

 

Un governo multi-etnico per la Global Britain , quella Gran Bretagna globale che è il suo obiettivo. Il neo premier Boris Johnson non ha avuto indugi e ha dato un taglio netto al passato, cacciando in massa i ministri di Theresa May: e il suo nuovo team è il più «colorato» di minoranze etniche che si sia mai visto finora a Londra.

 

La nomina-chiave è quella del Cancelliere dello Scacchiere, ossia il ministro del Tesoro, il ruolo più importante nel governo dopo il premier: una casella che sarà occupata da Sajid Javid, musulmano di origine pachistana, il figlio di un povero immigrato che faceva l' autista d' autobus, il ragazzo che a scuola aveva subito razzismo e bullismo.

boris johnson 1

 

Di rilievo pure aver installato al ministero degli Esteri, al posto di Jeremy Hunt, quel Dominic Raab che sulla Brexit è ancora più ultrà, se possibile, di Boris Johnson, e che si era dimesso dal governo di Theresa May in polemica con l' attendismo della premier.

Ma ugualmente di rilievo è l' ascesa a ministra degli Interni di Priti Patel, di origine indiana. Anche lei è una ultra- Brexiteer che si era dovuta dimettere da titolare della Cooperazione perché scoperta a condurre all' estero una sua personale diplomazia parallela: ma ora torna sulla scena alla grande. E a condurre la cellula politica di Downing Street ci sarà Munira Mirza, musulmana di origine asiatica.

 

Sajid Javid

Un gabinetto multiculturale che riflette quello che Johnson, nel suo discorso inaugurale, ha definito «il ruolo naturale e storico di una Gran Bretagna che guarda all' esterno, veramente globale, impegnata nel mondo». Perché se è vero che Boris è l' alfiere della Brexit, lui non la interpreta come un rinchiudersi nella «piccola Inghilterra», alzando il ponte levatoio, ma invece come uno slancio verso tutte le direzioni.

 

La Brexit è l' onda di tsunami che alla fine lo ha fatto approdare a Downing Street ed è la questione numero uno che dovrà affrontare. Un distacco che avverrà il 31 ottobre, «senza se e senza ma», ha detto Boris. Perché sono finiti «i tre anni di indecisione» ed è ora di «restaurare la fiducia nella nostra democrazia», ossia attuare il mandato referendario del 2016.

priti patel

 

Ma come? Il Parlamento britannico ha già bocciato tre volte l' accordo raggiunto dalla May con Bruxelles: eppure Boris è convinto di poter ottenere «un nuovo accordo, un buon accordo», che consenta «di sfruttare al massimo le opportunità della Brexit». Tuttavia la Ue ha ripetuto fino all' estenuazione che non è disposta a rinegoziare le intese raggiunte.

Ed ecco allora che Boris fa planare la minaccia: il no deal , il temuto divorzio senza accordi.

 

«Non perché vogliamo quell' esito, certo che no», rassicura Johnson: «Ma se Bruxelles rifiuta di negoziare, saremo costretti a uscire senza accordi».

 

BORIS JOHNSONBORIS JOHNSON

Ecco dunque che è già partito il gioco ad addossare agli altri la responsabilità della rottura.

E Boris rincara la dose, lasciando planare la minaccia di non pagare i famosi 45 miliardi dovuti da Londra a Bruxelles, il «conto del divorzio»: miliardi che «serviranno a lubrificare il no deal ».

 

Johnson è un maestro del bluff e tutto ciò fa parte del gioco, ma non sono frasi che saranno bene accolte dai leader europei, che pure vogliono evitare una rottura. Lui comunque ha lanciato il guanto di sfida: «Non sottovalutate il nostro Paese - ha esclamato - tutti quelli che scommettono contro la Gran Bretagna perderanno la camicia». Ma vedremo chi alla fine resterà in mutande.

 

JOHNSON GIURA E FA UN GOVERNO DI FALCHI-BREXIT

Alessandra Rizzo per “la Stampa”

 

DOMINIC RAAB

«Il 31 ottobre siamo fuori dall' Unione europea, senza se e senza ma». Nel suo primo discorso da primo ministro britannico, Boris Johnson rinforza, se mai ce ne fosse bisogno, il suo obiettivo e la sua missione, e manda un segnale all' Unione Europea: «La gente è stanca di aspettare, è arrivato il momento di agire». E, a sottolineare ancora di più le sue intenzioni, nomina alcuni dei fautori della Brexit più dura nei posti di comando, inclusi i ministeri degli Interni e degli Esteri.

 

Il cambio a Downing Street È stato il giorno del passaggio di consegne tra Johnson e Theresa May, salutata da una "standing ovation" ai Comuni, dignitosa come sempre nell' addio («Essere primo ministro è stato l' onore più grande», ha detto). Il nuovo leader conservatore ha accettato ufficialmente il mandato in un incontro con la Regina a Buckingham Palace. Johnson è il quattordicesimo primo ministro del regno di Elisabetta: il primo era stato Churchill, di cui Johnson è ammiratore, biografo e, almeno nelle sue ambizioni, incarnazione moderna.

 

DOMINIC RAAB THERESA MAY

Nel suo discorso alla nazione di fronte a Downing Street, Johnson ha fatto sfoggio di ottimismo ed entusiasmo, come nelle sue corde, ma ha anche trasmesso un senso di rinnovata urgenza per attuare la Brexit. E se ne è assunto personalmente l' onere. «La responsabilità è solo mia», ha detto. Johnson giura di poter negoziare con Bruxelles un accordo nuovo e migliore, che rinneghi il "backstop" tanto inviso agli euroscettici, cioè il meccanismo di salvaguardia per evitare un ritorno a barriere fisiche al confine Irlandese. Ma ribadisce di essere pronto al «no deal», minacciando di trattenere i 39 miliardi di sterline del conto di divorzio. Ai tre milioni di cittadini europei presenti nel Regno Unito (tra loro anche 600 mila italiani) offre la «certezza assoluta» di poter restare.

 

Le prime nomine indicano un governo fortemente euroscettico, almeno nei punti chiave.

Agli Esteri va Dominic Raab, ex ministro della Brexit, fautore di un divorzio netto, noto anche per essere una cintura nera di karate. Priti Patel, un falco del partito che nel passato si è espressa in favore della pena di morte e contro i matrimoni omosessuali, arriva al dicastero degli Interni.

 

DOMINIC RAAB

Più moderato, ma convertito alla causa della Brexit, il neo cancelliere dello Scacchiere Sajid Javid, un ruolo chiave soprattutto nel caso in cui si rendesse necessaria una manovra finanziaria di emergenza. Javid, già ministro degli Interni, figlio di un conducente d' autobus pakistano, è il primo rappresentante di una minoranza etnica a diventare cancelliere, e succede a Philip Hammond, che guiderà invece la ribellione europeista contro il nuovo premier. Johnson, che viene da una famiglia aristocratica ed è un prodotto delle scuole di élite inglesi, vuole mostrare un partito cosmopolita e aperto a tutti. Anche dietro le quinte i Brexiteers sembrano essere al comando: si prepara a entrare a Downing Street l' architetto della campagna Leave durante il referendum sulla Brexit del 2016, Dominic Cummings.

 

 

BORIS JOHNSON sajid javid con moglie e figli sajid javid sajid javid SAJID JAVID b sajid javid jpegBORIS JOHNSON boris johnson eletto leader dei tory 1boris johnson eletto leader dei tory 2boris johnson a buckingham palace

Ultimi Dagoreport

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…