Paolo Colonnello per "La Stampa"
penati filippo"Ma lo sgobbo per Penati quant'è?». Nel colorito linguaggio del pirotecnico Piero Di Caterina, le tangenti si chiamano così: «sgobbo», ovvero, in milanese, la fatica, il piegarsi, lo scavallamento. La domanda rivolta a bruciapelo dal titolare della società di trasporti Caronte, piomba una sera di un paio di anni fa durante una cena, nel piatto del povero Antonio Princiotta, il fedele segretario generale della Provincia all'epoca governata da Filippo Penati.
Marcellino GavioDi Caterina è come al solito in affanno per ottenere i soldi dall'Atm, nonchè deciso a rientrare da quelli che lui considera «prestiti» fatti all'amico Penati: all'incirca 7 miliardi di lire. Per questo è così interessato a sapere degli «sgobbi» altrui. I due quella sera però non stanno parlando di autobus ma di autostrade, in particolare della Milano-Serravalle, il trafficatissimo nastro d'asfalto che collega Milano al mare della Liguria e che adesso è diventato il nuovo fronte d'indagine della Procura di Monza.
Da ieri infatti i pm Mapelli e Macchia hanno chiesto ai colleghi di Milano il fascicolo della vecchia inchiesta aperta dal pm Stefano Civardi prima sul tentato acquisto delle azioni da parte della Provincia guidata da Ombretta Colli e poi sulla vendita del 15 per cento delle quote della A7 da parte del gruppo Gavio alla Provincia guidata da Penati, perché sospettano che l'intera operazione abbia coperto uno «sgobbo» mica da ridere a vari politici. E non è detto solo del centrosinistra.
PIERO DI CATERINAAll'epoca, ovvero estate 2005, la plusvalenza realizzata dal defunto Marcellino Gavio fu pari a 176 milioni di euro. E l'operazione fece discutere anche perché l'anno prima, 2004, la Procura di Milano aveva aperto un'indagine proprio sulla battaglia per il controllo della Serravalle e gli accordi tra l'allora presidente della Provincia Ombretta Colli e il gruppo Gavio.
Le intercettazioni regalarono agli inquirenti uno spaccato interessante che però non riuscì ad essere corroborato da prove definitive, riuscendo a registrare sia «la gestione Colli» che quella di Penati.
OMBRETTA COLLICosì se all'inizio in alcuni passaggi vennero evocate «noccioline», oppure «latte di buona vernice» o «argomenti da portare alla signora», successivamente, 30 giugno 2004, sui nastri finì persino la voce del segretario Pierluigi Bersani: «Bersani dice a Gavio che ha parlato con Penati... Dice a Gavio di cercarlo per incontrarlo in modo riservato: ora fermiamo tutto e vedrà che tra una decina di giorni, quando vi vedrete, troverete un modo...»
bersani penatiIl 5 luglio è Penati a chiamare Gavio: «Buongiorno, mi ha dato il suo numero l'onorevole Bersani...». Ci fu un incontro in un albergo di Roma. E alla fine un accordo si trovò. La Provincia, che già deteneva la quota di maggioranza dell'autostrada, spese ben 238 milioni di euro per conquistarne un altro 15 per cento, senza nessun senso logico apparente. Anche perché ogni azione venne pagata 8,93 euro, mentre solo 18 mesi prima Gavio le aveva acquistate a 2,9.
unipol giovanni consorte 001 lapUn affarone, per Gavio. Un po' meno per i cittadini. Un po' più, invece, per un altro campione della finanza rossa: Gianni Consorte, l'ex presidente di Unipol che in quell'estate infuocata, l'estate dei «furbetti del quartierino», era impegnato nella scalata della Bnl, la banca di cui l'allora segretario dei Ds Piero Fassino si illuse a un certo punto di essere diventato proprietario («Allora, abbiamo una banca?»). Gavio infatti, dopo aver realizzato l'enorme plusvalenza, decise d'impegnare 50 milioni di euro nell'acquisto dello 0,5 per cento della banca per affiancare Consorte.
FASSINO VITTORIOSOC'entra qualcosa la decisione di Penati di acquistare contro ogni logica le quote Milano Serravalle con la gigantesca operazione finanziaria dell'allora gran capo di Unipol? È quanto vorrebbero capire i magistrati partendo proprio da quella domanda sullo «sgobbo per Penati» rivolta a bruciapelo da Di Caterina all'amico Princiotta.
Il quale, l'altro ieri, davanti ai pm ha un po' balbettato quando il sostituto procuratore Mapelli gli ha fatto presente che «lo sgobbo» poteva rappresentare un reato. «Ma io - ha risposto Princiotta - credevo fosse solo un'illazione».