giorgia meloni

COME DAGO-RIVELATO, GIORGIA MELONI È SPAVENTATA: HA CAPITO CHE RISCHIA DI FINIRE NEL PANTANO E RIMPIANGE IL GIORNO IN CUI SALVINI E BERLUSCONI HANNO FATTO CADERE DRAGHI - IERI HA PROVATO AD ABBASSARE I TONI DOPO L’IMPROVVIDA USCITA SUI “RITARDI” DEL PNRR. DALL’EUROPA HANNO SUBITO REPLICATO A MSUO DURO: “STA TUTTO PROCEDENDO SECONDO QUANTO PREVISTO” – IL RIFIUTO DI PANETTA E GLI OCCHI PUNTATI DEI MERCATI, CON LE AGENZIE DI RATING CHE LA MINACCIANO UN GIORNO SÌ E L’ALTRO PURE

Tommaso Ciriaco per www.repubblica.it

 

GIORGIA MELONI COME ILARY BLASI MEME

È il giorno in cui Giorgia Meloni si volta ad osservare la marea che si ritira. E si rende conto che, restando ferma, finirà nel pantano. Non può aprire troppi fronti. Non può scontrarsi con Mario Draghi, mettere in dubbio gli impegni con Bruxelles, rinunciare a figure chiave nell'esecutivo e poi pensare di non pagare un prezzo politico.

 

E soprattutto, non può sostenere che in Italia il Pnrr sconta ritardi quasi irrecuperabili, credendo che la Commissione non reagisca. E infatti reagisce, facendo filtrare che eventuali aggiustamenti al Piano possono riguardare non le riforme promesse, ma solo gli investimenti. E che, comunque, resta inaccettabile l'idea di dirottare risorse per fronteggiare, ad esempio, il caro energia.

 

mario draghi ursula von der leyen

Meloni abbassa i toni

Non è sindrome da accerchiamento, quella della leader. Più semplicemente, unisce i puntini e capisce che un metro più in là c'è l'isolamento. Criticare i "ritardi" del governo Draghi sul Pnrr non ha soltanto fatto infuriare il premier.

 

Ha acceso un faro sul caso Italia. Un portavoce della Commissione europea fa sapere che finora l'esecutivo di Roma ha seguito il percorso tracciato sul Pnrr. "Le cose - sottolineano fonti europee - stanno procedendo secondo quanto previsto". Meloni incassa. E abbassa per mezza giornata i toni.

LA DRAGHETTA - BY EMAN RUS

 

Accorpare i progetti ma niente deroghe

Al mattino entra in contatto con Palazzo Chigi, per un primo chiarimento. Poi consegna alle agenzie parole meno belligeranti: "Non mi pare che ci sia uno scontro con Draghi. Però il governo scrive nella Nadef che entro la fine dell'anno spenderemo 21 dei 29,4 miliardi che avevamo. Lo diciamo con spirito costruttivo, per dire che dobbiamo fare ancora meglio".

 

Sono concetti che vanno decriptati. Significa che intende chiedere alla Commissione di sedersi a un tavolo per ridiscutere alcuni aspetti del Pnrr. Per dirla con Antonio Tajani: "Parlando con Bruxelles, si possono portare degli aggiustamenti. Questo non significa stravolgere il Piano". Il proposito è sempre la stesso: i costi dell'energia indeboliscono le imprese e bloccano i cantieri, troviamo una soluzione.

 

mario draghi a praga.

Il problema è che la Commissione resta scettica. Pur riconoscendo che l'emergenza energetica e la guerra in Ucraina hanno stravolto il contesto, Bruxelles fissa un paletto netto: i Piani nazionali "possono subire una revisione degli investimenti, ma non delle riforme". In altri termini, è possibile tagliare o accorpare i progetti, ma non chiedere deroghe agli impegni presi. O, peggio, dirottare risorse su altri capitoli di spesa (come ad esempio le bollette). Difficile che basti.

 

L'incontro con von der Leyen

il banchiere fabio panetta

Meloni comunque proverà a discuterne molto presto. Si appoggia a Raffaele Fitto, destinato a diventare ministro degli Affari europei. E prepara uno dei primissimi viaggi da premier, da Ursula von der Leyen. Pensa di poter mostrare un volto pragmatico che le eviti una falsa partenza con l'Europa.

 

Eppure, la tensione con Draghi non sembra del tutto assorbita. A Praga per il Consiglio informale, il premier rivendica il lavoro sul Pnrr. "Nel secondo semestre del 2022 siamo stati più veloci del previsto". E Meloni, a sera, torna a stuzzicarlo: "Lavoriamo a una squadra di governo di alto profilo che metta al centro la difesa dell'interesse nazionale. Vogliamo un'Italia che torni a pensare in grande". Come a dire: finora non è andata così bene.

SERGIO MATTARELLA GIORGIA MELONI MEME

 

Il rifiuto di Panetta

E poi c'è il rifiuto di Panetta. L'indiscrezione di Bloomberg lascia pochi margini. Ma la partita non è del tutto chiusa. Così, almeno, ritiene Meloni. La sua speranza è che possa pesare il Quirinale.

 

Certo, il Colle - che nei giorni ha avuto diversi contatti con i leader, tra cui Meloni - ha lasciato trapelare che non interferirà nelle trattative politiche per la compagine governativa, in questa fase. Fino a quando, almeno, la premier incaricata non avrà sottoposto a Mattarella le sue opzioni. Dunque, toccherà a lei chiedere eventualmente l'aiuto del Quirinale.

domenico siniscalco

 

È una necessità. Perché se anche circolano i nomi alternativi di Domenico Siniscalco e Dario Scannapieco, Meloni imposta ogni bozza di lista partendo da Panetta. Questo schema porta con sé due conseguenze.

 

La prima: la leader sarebbe obbligata a reclutare una squadra di altissimo livello nei ministeri chiave, senza la quale sarebbe impossibile strappare un sì. La seconda: imporrebbe a Meloni di scremare alcuni nomi improbabili anche per gli altri ministeri. Matteo Salvini e Silvio Berlusconi la attendono al varco. E il momento delle scelte si avvicina.

fabio panetta

giorgia meloni francesco lollobrigida

giorgia meloni mario draghi

luca ciriani giorgia meloni

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”