conte franceschini

COSTRETTI A SOPPORTARSI - CONTE E IL PD NON SI AMANO MA SONO OBBLIGATI A RESTARE UNITI PER SOPRAVVIVERE - CHE FARE? I DEM SONO DIVISI: ZINGARETTI NON VUOLE PIU’ RENZI IN MAGGIORANZA. MARCUCCI VORREBBE RIPRENDERE ITALIA VIVA E SCARICARE CONTE - FRANCESCHINI E ORLANDO HANNO MESSO LE COSE IN CHIARO: PRIMA SI SFANGA LA CRISI, POI CI SI RIMETTE INTORNO A UN TAVOLO PER RIDIMENSIONARE IL CONTE-CASALINO…

Tommaso Labate per il “Corriere della Sera”

 

conte franceschini

«Al punto in cui siamo, non abbiamo altra soluzione che fidarci. Gli uni degli altri.

Se superiamo mercoledì, e lo supereremo, ci siederemo attorno a un tavolo e decideremo assieme come arrivare a fine legislatura».

 

Se l' antivigilia era stata il giorno dello sconforto, dei numeri mancanti, dei sospetti e di quel filo di diffidenza reciproca che s'affaccia all' interno di una squadra quando le cose non girano come dovrebbero, la vigilia è il giorno in cui tra Conte e il Pd arriva la schiarita. Il presidente del Consiglio, la notte di sabato, se n'era andato a dormire con lo spettro dei conti che non tornavano, assillato dall' incubo di Matteo Renzi e da quelle frasi sibilline che il numero uno di Italia Viva aveva lasciato cadere nelle conversazioni private già da mercoledì scorso.

conte di maio franceschini

 

«Se la crisi si allunga, ho buone ragioni per pensare che il Pd possa arrivare a scaricare Conte», andava ripetendo il senatore di Rignano ai suoi interlocutori, corollario di quella visione di un nuovo governo «con un ruolo centrale per il Pd» poi consegnata all' intervista sul Corriere di ieri.

 

Ieri mattina - come la forza della disperazione che coglie a sorpresa chi si avvicina a un esame difficile nonostante le notti insonni - Conte si carica e sente i ministri più vicini, il capodelegazione del Pd Dario Franceschini, secondo alcuni anche il vicesegretario Andrea Orlando. E consegna un messaggio univoco: siamo sulla stessa barca, superiamo i passaggi in Aula, il dopo lo decideremo assieme se le cose andranno come devono.

conte zingaretti

I messaggi che arrivano dalla Direzione nazionale del Pd, che si riunisce a metà mattinata ed è già riconvocata per mercoledì per fare i conti con quello che verrà fuori dal pallottoliere del Senato, bastano a rasserenare il clima a Palazzo Chigi.

 

«La crisi al buio non migliora l' azione di governo», dice nella sua relazione il segretario Nicola Zingaretti, lasciando intendere che le strade con Italia Viva si sono separate per sempre e che non può esistere alcun piano B che preveda un nuovo governo con Renzi dentro. Certo, ci sono le perplessità espresse da veterani del calibro di Luigi Zanda, i sospetti sulle mosse del capogruppo al Senato Andrea Marcucci, la nutrita pattuglia di renziani che l' ex premier, all' atto della fondazione di Italia Viva, ha lasciato dentro il Pd; ma sono dettagli, al momento.

 

ANDREA ORLANDO

Il senatore toscano Dario Parrini, all' epoca del Rottamatore uno degli «intellettuali» della cerchia ristretta dei renziani, con cui poi ha rotto, prepara una nota storiografica con i tredici precedenti di esecutivi della Repubblica che hanno iniziato a governare senza avere la maggioranza assoluta dei componenti di Montecitorio o Palazzo Madama: si va dal De Gasperi IV del 1947-48 (c' era ancora l' Assemblea Costituente) al D' Alema II del 1999-2000 (310 sì alla Camera), passando per due governi di Fanfani, due di Leone, uno di Moro, Andreotti, Cossiga, Ciampi, Berlusconi e Dini. Un modo come un altro per ribadire, come fanno dal Pd, che basta un voto in più al Senato e il governo è nel pieno dei suoi poteri.

 

marcucci zingaretti

È il «dopo», semmai, il luogo del tempo in cui s'addensano i più oscuri presagi. Senza quel miracolo di quota 161, che al momento viene considerato fuori da tutti i radar di Palazzo Madama, si apre una nuova fase. «Conte deciderà su come siglare il patto di legislatura. L'intendenza seguirà», dicono ai piani alti del Nazareno citando De Gaulle.

 

Più bassa sarà la soglia raggiunta dal pallottoliere, però, più urgente sarà siglare quell'«accordone» che allargherà la maggioranza a una nuova forza di «costruttori» e che dovrà tener conto, questa è la visione dei Democratici, di una visione di lungo respiro: dall' alleanza alle prossime elezioni amministrative fino al varo di una legge elettorale proporzionale.

renzi marcucci

 

D'altronde, come ripete uno dei ministri di prima fascia del governo, «l' astensione dei senatori di Italia Viva congela un problema rinviandolo di qualche giorno o di qualche settimana. Conte legittimato da Palazzo Chigi dovrà mettersi a costruire un percorso che può portare anche a un nuovo governo. Se con due posti liberi di governo arriveremo a quota 155, immaginatevi dove potrà arrivare con un governo nuovo di zecca. A meno che...». Oltre i puntini di sospensione, l' incubo di andare sotto. Che è lontano, certo. Ma non ancora scongiurato del tutto.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…