matteo salvini marine le pen giorgia meloni mateusz morawiecki ursula von der leyen ue unione europea

DAGOREPORT! – LA DUCETTA DEVE DECIDERE DA CHE PARTE STARE, E LO DEVE FARE ORA: DOPO LA DISFATTA DEGLI SPAGNOLI DI VOX, LA SCONFITTA DEGLI ALLEATI POLACCHI DEL PIS, OLTRE CHE A FARLA INCAZZARE, L’HA LASCIATA SENZA UN PIANO B IN EUROPA. CHE FARE? SGANCIARSI DA ECR O VOTARE PER LA RICONFERMA DI URSULA VON DER LEYEN (APPOGGIO ESTERNO)? – IL TEMPO STRINGE: IL RISIKO DELLE ALLEANZE È PARTITO, E ALL’ORIZZONTE CI SONO I GIUDIZI DELLE AGENZIE DI RATING E QUELLO DELLA COMMISSIONE EUROPEA SULLA FINANZIARIA. A BRUXELLES SONO GIÀ PRONTI CON LA MATITA ROSSA PER I RILIEVI SU DEBITO E DEFICIT – L’INCOGNITA MES (LEGA CONTRO) E I DUBBI SULLA RIFORMA DEL PATTO DI STABILITÀ

DAGOREPORT

GIANCARLO GIORGETTI GIORGIA MELONI

Per far quadrare i conti e portare a casa la manovra, Giorgia Meloni ha dovuto rifilare delle sonore “sberle” ai ministri che chiedevano più fondi. Un metodo che il titolare dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha sintetizzato con: “È una legge di bilancio che prende a schiaffoni i ministri”.

 

Una frase, questa, che mostra plasticamente il livello di nervosismo raggiunto a Palazzo Chigi. Le difficoltà a blindare la manovra arrivano dopo gli sganassoni rifilati dagli elettori in Spagna e Polonia agli storici alleati della sora Giorgia, Vox e il Pis, sonoramente sconfitti dai rivali alle urne. La performance loffia del partito di Kaczynski e Morawiecki ha molto irritato la Meloni, che ha visto sgonfiati gli alleati su cui contava di più per entrare nella stanza dei bottoni di Bruxelles.

 

GIORGIA MELONI MATEUSZ MORAWIECKI SANTIAGO ABASCAL

Il ridimensionamento del fronte dei conservatori europei ha lasciato Giorgia Meloni senza un piano B: sognava di disarticolare il tradizionale asse popolari-socialisti-liberali a Bruxelles, e si ritrova con un pugno di mosche in mano. Ora è costretta a procedere in modo tattico, giorno per giorno, senza una chiara strategia d’azione, mentre lo scenario europeo si va definendo.

 

La Ducetta è costretta a decidere, dunque, se sganciarsi da Ecr, gruppo degli euroconservatori di cui è presidente (dimissionaria), e votare come appoggio esterno per la riconferma di Ursula Von der Leyen alla presidenza della Commissione. Oppure, al grido di “meglio perdere che perdersi” (copy Fazzolari), tirare fuori il manganello e andare allo scontro frontale con il rischio di finire nella ridotta degli irrilevanti.

 

GIORGIA MELONI E URSULA VON DER LEYEN

Tutto questo, mentre incombono scadenze decisive per il destino economico e finanziario dell’Italia: come ricordava Marco Cremonesi sul “Corriere della Sera” stamani, “venerdì Standard&Poors, quello successivo Dbrs morningstar, il 10 novembre Fitch, il 17 novembre il più delicato di tutti, Moody’s. Fino all’ultimo esame dell’anno, Scope Rating, l’1 dicembre. Gli appuntamenti che sanciranno il costo del debito”.

 

MOODYS E IL DOWNGRADING

Si tratta di esami che puntano dritto all’azione politica di Giorgia Meloni: la scure più pericolosa è senza dubbio quella di Moody’s, che nell’ultima valutazione sul debito italiano aveva espresso un giudizio con outlook negativo.

 

Ora, come Dago-dixit, solo grazie al caos geopolitico in Medio Oriente e in Ucraina, l’agenzia americana sarà “obbligata” a non declassare il nostro debito a “spazzatura”. Un Paese come l’Italia, alleato chiave della Nato e “porta” dell’Europa sul Mediterraneo non si più mandare gambe all’aria in una fase storica così instabile.

 

GIORGIA MELONI GIANCARLO GIORGETTI

Dopo la girandola delle agenzie di rating arriveranno, il 22 novembre, anche le elezioni in Olanda, dove le destre rischiano l’ennesima bastonatura. Poi il governo Meloni sarà chiamato a portare a Bruxelles la bozza finale della legge finanziaria, e c’è da giurare che gli occhiuti tecnici della Commissione faranno ampi rilievi.

 

Non solo perché, come segnalato anche da “Le Monde”, poco s’è fatto per ridurre l’enorme debito pubblico, che ormai ha superato i 2800 miliardi di euro. Ma anche perché vi è molta incertezza sulle coperture delle misure previste, a partire dal Ponte sullo Stretto (una concessione a Salvini senza però stanziamenti effettivi di fondi), per proseguire su riforma fiscale, cuneo e pensioni. Si tratta di provvedimenti che hanno un orizzonte corto, di un anno, e non si possono considerare strutturali.

 

MANFRED WEBER INCONTRA GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGI - 11 NOVEMBRE 2022

Contemporaneamente, la legge finanziaria arriverà in Parlamento, dove i partiti della maggioranza tenteranno un assalto alla diligenza.

 

Si profila all’orizzonte, quindi, un duello tra Roma e Bruxelles. Uno scontro che Giorgia Meloni affronterà da una posizione di debolezza, dopo il ridimensionamento del fronte conservatore in Europa.

 

La vittoria di Donald Tusk in Polonia ha ringalluzzito il PPE, che sarà più severo di prima verso l’Italia sovranista della “Thatcher della Garbatella”. I popolari si potranno permettere maggiore rigidità: ora si sentono più sicuri di avere una maggioranza, insieme a socialisti e liberali, dopo il voto europeo.

GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI - PONTE SULLO STRETTO E LEGGE FORNERO - VIGNETTA BY OSHO

 

In questo bailamme, la sora Giorgia si ritrova anche la patata bollente del voto definitivo sul Mes, con la Lega pronta a votare contro la ratifica del Fondo salva stati, come “vendetta” del sostanziale affossamento dell’autonomia regionale. E poi si arriverà allo showdown con la riforma del patto di stabilità.

 

giorgia meloni con paolo gentiloni

Giorgia Meloni ha le spalle al muro e deve decidere da che parte stare: stretta tra la Lega, sempre più schiacciata a destra, e Forza Italia, saldamente ancorata al PPE, si ritrova in un limbo pericoloso. E il tempo stringe: se è vero che le elezioni europee si svolgeranno a giugno 2024, il risiko delle alleanze è già partito e la premier si deve schierare ora, perché da questo dipenderà anche la “flessibilità” e la benevolenza della Commissione sulla legge di bilancio di Roma…

MATTEO SALVINI - GIORGIA MELONI - ANTONIO TAJANI giorgia meloni ursula von der leyen matteo salvini con il plastico del ponte sullo stretto di messina MOODY'S

 

matteo salvini con il plastico del ponte sullo stretto di messina IL PONTE SULLO STRETTO NECESSARIO - VIGNETTA BY GIANNELLI

Ultimi Dagoreport

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…