fulvio baldi nino di matteo alfonso bonafede

DAP, BANG, BUM! - NUOVE ACCUSE DI DI MATTEO: ''QUALCUNO DISSE A BONAFEDE DI NON SCEGLIERMI PER IL DAP''. IL CASO NON È AFFATTO CHIUSO, E IL PM AGGIUNGE UN ALTRO ELEMENTO: ''DI MAIO PROPOSE DUE VOLTE DI FARMI MINISTRO, SIA ALLA GIUSTIZIA CHE ALL'INTERNO. DIEDI LA MIA DISPONIBILITÀ MA POI NESSUNO HA PIÙ CHIAMATO. NON È UN PROBLEMA PERSONALE, MA ISTITUZIONALE''. OVVERO: CHE MESSAGGIO DANNO ALLA MAFIA I 5 STELLE, UMILIANDO IL PM?

Giovanni Bianconi per il ''Corriere della Sera''

 

nino di matteo alfonso bonafede

«Non è una vicenda personale, ma istituzionale», accusa l'ex pubblico ministero antimafia Nino Di Matteo, oggi componente del Consiglio superiore della magistratura. E nella sede istituzionale che per settimane ha evocato come il luogo per tornare a parlare del conflitto innescato con il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede sulla sua mancata nomina nel giugno 2018 a capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, la commissione parlamentare antimafia, rilancia: «Nel momento del dietrofront mi fece chiaramente intendere che c'erano stati dinieghi o mancati gradimenti. A chi si riferisse può dirlo solo lui». Subito dopo rivela: «Prima delle elezioni del 2018, in due occasioni, Luigi Di Maio mi chiese se ero disponibile a fare il ministro; la prima volta dell'Interno o della Giustizia, la seconda dell'Interno. Diedi una disponibilità di massima, ma poi nessuno mi ha più chiamato».

 

Un precedente che nella lettura di Di Matteo rafforza i dubbi sul «dietrofront» di Bonafede, e gli fa dire: «Che segnale diamo alla mafia? Non c'è da fare nessuna pace con il ministro perché non c'è stata una guerra; non è un problema di invidiuzze o posti da reclamare, bensì una questione dalle implicazioni istituzionali». Il presidente dell'Antimafia Nicola Morra chiosa: «Mi pare che il dottor Di Matteo abbia parlato con sufficiente chiarezza». Ora in commissione si aprirà la battaglia sull'audizione di Bonafede, ministro grillino che ha contro un pezzo di Movimento.

 

nino di matteo marco travaglio

Le opposizioni hanno già annunciato la richiesta, così come Mario Giarrusso, espulso dal M5S. Non a caso i commissari dei Cinque Stelle provano a contrastare o ridimensionare le dichiarazioni di Di Matteo, tentando di proteggere il Guardasigilli. Mentre il commissario del Partito democratico Walter Verini fa sgombrare il campo almeno da una questione; su sua domanda l'ex pm precisa che se avesse avuto elementi per dire che dietro la sua mancata nomina c'erano indizi di una nuova trattativa tra lo Stato e la mafia, il magistrato ha risposto che non si sarebbe limitato a fare una telefonata in diretta tv: «Sarei andato in una Procura della Repubblica».

 

Tuttavia gli affondi di Di Matteo non si fermano. Ricorda che per motivare il suo ripensamento Bonafede cercò di sminuire il ruolo del Dap rispetto all'impegno antimafia, mostrando - dice ora l'ex pm - «di non essere in grado di valutare bene determinate dinamiche della lotta alla mafia. La corretta gestione del circuito carcerario è centrale nel contrasto alle organizzazioni mafiose, sia per dare sostanza al "41 bis", sia per evitare inquinamenti da parte dei servizi segreti, sia per la valorizzazione delle attività della polizia penitenziaria a scopi informativi e investigativi».

walter verini

 

Inoltre l'alleggerimento del «carcere duro» è sempre stato un pallino dei boss, da Totò Riina in giù, e sebbene il magistrato non abbia prove riaffiorano i sospetti, soprattutto dopo le scarcerazioni legate all'emergenza Covid: «Sono state un segnale devastante, da parte della mafia può essere stato interpretato come un cedimento, e un motivo speranza per loro». Per il magistrato che ha istruito e condotto il processo sui contatti tra capimafia e esponenti delle istituzioni «non si tratta di trattativa», ma poi aggiunge: «È chiaro che le scarcerazioni a me hanno fatto venire in mente le vicende vissute a Palermo, e una possibile analogia con il ricatto portato avanti con le bombe del 1993, di cui ci parlò l'ex capo dello Stato Giorgio Napolitano.

 

Ero preoccupato perché c'erano state le rivolte nei penitenziari, e si pensava che potevano essere state organizzate a un livello più alto dei detenuti saliti sui tetti». Opinioni, impressioni, sensazioni. Cosa diversa, però, dalle «percezioni» su cui ha recriminato Bonafede a proposito di quel colloquio del 2018.

 

«Ridurre tutto a un malinteso o una percezione sbagliata non è corretto - accusa ancora l'ex pm -, perché significa farmi passare per uno che non capisce». Capì invece benissimo, ribadisce, che qualcuno indusse il ministro grillino a cambiare idea. Ora l'ha capito pure l'Antimafia; prossimo capitolo: il prevedibile scontro sulla convocazione di Bonafede.

NAPOLITANO MANCINO E GIORGIO SANTACROCE rivolta al carcere santa maria maggiore di venezia 1detenuti evadono dal carcere di foggia 4RIVOLTA AL CARCERE DI SAN VITTORE - DETENUTI SUL TETTO

 

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…