luigi di maio

LE DIMISSIONI DI MAIO VISTE DA PANARARI - “LA POSSIBILE ‘STRATEGIA DEL PASSO INDIETRO’ COINCIDE CON LA TATTICA DEL TEMPOREGGIARE PER POI RILANCIARSI. IL MALCONTENTO È CRESCIUTO CON LE AMBIZIONI PERSONALI DI TANTI EX PASDARAN DEL MANTRA DELL'”UNO VALE UNO”. IL M5S S'È SCOTTATO AL COSPETTO DI QUESTIONI CHE DIMOSTRANO COME DESTRA E SINISTRA NON SIANO INTERSCAMBIABILI. E SI È USTIONATO DI FRONTE ALLA PROVA DI RESPONSABILITÀ CHE IMPONE L'ESERCIZIO DEL GOVERNARE”

Massimiliano Panarari per “la Stampa”

 

MASSIMILIANO PANARARI

Corre veloce il Movimento 5 Stelle. Ma quando si va veloci si rischia seriamente di sbattere. E i segni sono più che evidenti, a partire dall' inarrestabile flessione elettorale. Esattamente come ha corso velocissima la carriera di Luigi Di Maio, da quando faceva lo steward allo stadio San Paolo a leader del M5S, vicepresidente del Consiglio del governo Conte 1 e titolare della Farnesina nel Conte 2. Adesso, una notevole accelerazione arriva a smuovere anche quello che era stato finora il granitico immobilismo del suo potere dentro il partito-movimento, obbligandolo a smettere di essere «uno e trino» (capo politico, tesoriere e ministro).

 

LUIGI DI MAIO

Stando alle voci che si rincorrono da ieri, Di Maio, starebbe così meditando una sorta di dantesco «gran rifiuto». Pochi giorni fa c'era stato l'annuncio della dismissione della carica di tesoriere, ora gira addirittura l'ipotesi delle dimissioni da capo politico, con la consegna della guida pro tempore del M5S a un'altra figura di traghettatore che lo dovrebbe accompagnare agli Stati generali di marzo. Formalmente per gli impegni come ministro degli Esteri, ma come consapevolezza della loro delicatezza e gravità appare, in effetti, un po' troppo a scoppio ritardato.

 

luigi di maio a madrid con virginia saba

E, dunque, si tratta piuttosto di una mossa per prevenire (e alleggerire) il dissenso che, presumibilmente, diventerà esplosivo dopo i verdetti delle regionali di domenica prossima in Emilia-Romagna e Calabria. E appare come una specie di chiamata alla corresponsabilità e alla correità - che è ciò a cui pensava davvero nelle rare occasioni in cui ha parlato di «gestione collegiale» - degli altri esponenti del mai formalizzato vertice grillino, che stanno affilando le lame per l'ennesima notte dei lunghi coltelli del 26 gennaio.

luigi di maio diretta facebook di capodanno 1

 

Perché Di Maio, l'accumulatore seriale di cariche, è il naturale capro espiatorio della potenziale ennesima Caporetto a 5 Stelle, e punta in tutta evidenza alla salvezza personale all' interno di quel Palazzo d'inverno pentastellato che da monolite si è praticamente convertito in un fluido gassoso. O in un nebuloso Palazzo nell'accezione pasoliniana, dove le idee sul che fare divergono e i conflitti tra i primattori divampano. Spannometricamente, la contesa è fra tre percorsi.

 

LUIGI DI MAIO

La discontinuità: il disegno «visionario» e movimentista di Beppe Grillo - l'unico, giustappunto, con una vision in qualche modo di prospettiva - di un'alleanza stabile con il Pd in vista di una fusione-ibridazione, e della nascita di una «Cosa giallorossoverde» (una semaforica sinistra postmoderna). La tradizione: il modello dell' azienda-partito digitale di Davide Casaleggio, imperniato su una perdurante centralità della piattaforma Rousseau, che si rivela però sempre più in difficoltà (anche per l' insofferenza dilagante nei gruppi parlamentari rispetto all'«obolo» da versare). La continuità a geometrie variabili: l'opzione del «governismo ontologico» con partner differenti, quella strategia di sopravvivenza in cui si compendia il dimaismo.

luigi di maio a natale

 

Che, sebbene di preferenze sovraniste, è, innanzitutto, Realpolitik e gestione del potere a prescindere, e punta a rimandare la resa dei conti all' appuntamento degli Stati generali, dove negli auspici si dovrebbe compiere in quattro e quattr' otto (la velocità, ancora) la metamorfosi del M5S da «non-partito» populista anticasta a cartel party (ovvero partito che ricorre al controllo delle risorse pubbliche e alla posizione di governo per mantenere il proprio ruolo nel sistema politico). Sperando di poter contare, di nuovo, sull' assenza di alternative (nella fattispecie di formule organizzative) e sulla debolezza dei competitor diretti. Ma, come evidente, si tratta di tre progetti poco (o per niente) conciliabili, per l' appunto.

luigi di maio chiara appendino paola pisano

 

Al pari di vari altri esponenti della generazione dei trenta-quarantenni che calcano in questi anni la scena pubblica, Di Maio si è formato sul modello politico-comunicativo della triade «T-r-t», che significa «televisione-rete-territorio» (nel suo caso, quello dei meet-up grillini delle origini e della fase pionieristica). Aveva esordito, infatti, dalla sua Pomigliano d'Arco fondando nel 2007 un meetup grillino e, bruciando una tappa dietro l'altra, si era ritrovato vicepresidente della Camera dei deputati appena sei anni dopo.

LUIGI DI MAIO - DAVIDE CASALEGGIO - PIETRO DETTORI

 

Beneficiando di un occhio molto di riguardo da parte dei padri fondatori, nel 2017 era stato intronizzato come capo politico, e da leader esclusivo e accentratore ha alimentato una crescente fronda di scontenti, alcuni dei quali, negli ultimi mesi, hanno fragorosamente sbattuto la porta e lasciato il M5S. Facendo nel frattempo la sua stella polare di un' altra «t», poiché «T-r-t» vuol dire anche «televisione-rete-tatticismo».

 

GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO

La possibile «strategia del passo indietro» del finora instancabile collezionista di incarichi coincide, difatti, con la mossa tattica del temporeggiare per poi rilanciarsi e riafferrare le redini di una formazione ormai perennemente sull' orlo della crisi di nervi. Un segnale della sua adattabilità e flessibilità (un autentico «doroteismo 2.0», anzi «4.0») per cercare di restare in sella. E, al medesimo tempo, un manifesto della parabola piena di paradossi e contraddizioni di un' organizzazione nata antipolitica e quale «partito anti-partito» che si dirige alla velocità della luce in tutt' altra (e comunque confusa) direzione.

 

«Dimma» si fa "piè veloce" e prova a portare un po' di guerra di movimento nella palude di un Movimento balcanizzato da una sorta di hobbesiana guerra di tutti contro tutti, dove il malcontento è cresciuto in maniera esponenziale insieme alle ambizioni personali di tanti ex pasdaran del mantra dell'«uno vale uno».

LUIGI DI MAIO

 

E che si è molto scottato al cospetto di tutta una serie di questioni che dimostrano come destra e sinistra non siano esattamente categorie interscambiabili neppure nel bel mezzo dell' età postmoderna, e che i problemi devono essere affrontati - e, sperabilmente, risolti - mediante politiche di orientamento conservatore oppure progressista. Vale a dire: «aut-aut» e non «et-et», come vorrebbe una certa narrativa furbesca del postideologismo e dell' essere oltre la dicotomia che ha fondato la politica nella modernità. E, più in generale, il Movimento si è ustionato di fronte a quella prova di responsabilità (e a quel bagno di realtà) che impone l' esercizio del governare, pratica alquanto differente dal mero desiderio del comando.

 

luigi di maio a l'aria che tira 4

Ultimissimo esempio: Virginia Raggi che prospetta una nuova discarica a Monte Carnevale, e viene sconfessata da un' ampia frazione del suo gruppo consiliare. Penultimi esempi: il Di Maio che non riuscì a chiudere nessun tavolo di crisi significativo da ministro dello Sviluppo economico del governo gialloverde, e il Di Maio travolto dalla crisi libica dell' esecutivo giallorosso. E, arrivati sin qui, non è affatto detto che basti una mossa del cavallo.

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