carlo clericetti mario draghi

DRAGHI BIFRONTE - CARLO CLERICETTI: “L’UOMO DEL MOMENTO HA MOLTE FACCE. O, SE SI VUOLE SEMPLIFICARE, ALMENO DUE, UNA “BUONA” E UNA “CATTIVA”. QUAL È QUELLA CHE PREVALE? UN UOMO DELL’AUSTERITÀ CHE FIRMÒ LA LETTERA CHIEDENDO ALL’ITALIA LACRIME E SANGUE? QUELLO DEL ‘’WHATEVER IT TAKES’’? QUELLO CHE ASSECONDÒ LA FRENESIA PUNITIVA DI SCHÄUBLE CONTRO LA GRECIA? QUELLO CHE OBAMA, QUANDO C’ERA UN PROBLEMA SERIO, CHIEDEVA “MARIO CHE NE PENSA”? - L’UOMO SI ADATTA ALLE CIRCOSTANZE. PRIVATIZZATORE QUANDO ERA DIRETTORE GENERALE DEL TESORO, “AUSTERITARIO” A FRANCOFORTE, PER NON SCONTRARSI CON LA GERMANIA EGEMONE”

Carlo Clericetti -

https://clericetti.blogautore.repubblica.it

 

carlo clericetti

Un cattolico sociale, come dicono Enzo Visco e Roberto Schiattarella, che lo hanno conosciuto da vicino? Un uomo dell’austerità, che firmò la lettera col suo predecessore alla Bce Jean-Claude Trichet chiedendo all’Italia lacrime e sangue? Quello che ai greci le lacrime e il sangue ha pesantemente contribuito a farli versare, come lo accusa Yanis Varoufakis?

 

MARIO DRAGHI

Uno che considera sorpassato il modello sociale europeo, meno spietato del capitalismo anglosassone, come dichiarò in un’intervista al Financial Times? E magari un liberista fautore della “distruzione creatrice” schumpeteriana, secondo l’accusa di Emiliano Brancaccio e Riccardo Realfonzo appena pubblicata sempre sul Financial Times?

 

SEI BELLA COME IL Whatever it takes di mario draghi

E però Draghi è anche quello del whatever it takes, quello che Obama, quando c’era un problema serio, chiedeva “Mario che ne pensa”?. Quello che ha detto che con gli alti debiti pubblici bisogna rassegnarsi a convivere, quello che ha fatto una distinzione tra “debito buono e debito cattivo”. Quello che, solo per aver accettato l’incarico di provare a formare un governo, ha fatto scendere di colpo lo spread di una ventina di punti…

 

mario draghi 8

L’uomo del momento, Mario Draghi, ha molte facce. O, se si vuole semplificare, almeno due, una “buona” e una “cattiva”. Qual è quella che prevale?

 

Per tentare di elaborare una risposta andiamo un po’ indietro nel tempo. Nelle varie Considerazioni finali l’allora governatore di Bankitalia aveva toccato argomenti insoliti per quell’occasione, come i conflitti di interesse nel mondo della finanza, la riduzione dei costi per i risparmiatori e la loro tutela.

draghi berlusconi

 

Poi, il 25 ottobre 2007, tiene un discorso  alla riunione annuale della società degli economisti e denuncia: in Italia i salari sono troppo bassi, in parità di potere d’acquisto fra il 30 e il 40% inferiori rispetto a Francia, Germania e Regno Unito. E la crescita dei consumi, continua, “è fondamentale” per la crescita del Pil.

 

Accipicchia, pensano in tanti, Draghi batte su un tema tradizionalmente caro alla sinistra. Insomma, non un rivoluzionario, ma appariva come un governatore più attento anche ai problemi della gente e non solo a quelli delle banche.

 

MARIO DRAGHI GIULIANO AMATO

Ma nelle Considerazioni del 2010 arriva una sorta di doccia fredda. "E' urgente un rafforzamento del Patto di stabilità e crescita: l'impegno a raggiungere un saldo di bilancio strutturale in pareggio o in avanzo va reso cogente, introducendo sanzioni, anche politiche, in caso di inadempienze".

 

Accipicchia, pensano ancora più persone della volta precedente, Draghi è diventato più tedesco dei tedeschi. Già, ma c’era un motivo: di lì a poco sarebbe stato designato il nuovo presidente della Bce, e Draghi era in pole position tra i possibili candidati. Francoforte val bene una conversione all’austerità “dura”, deve aver pensato.

ANCHE I COMPAGNI TIFANO DRAGHI

 

Insomma, l’uomo si adatta alle circostanze. Privatizzatore quando era direttore generale del Tesoro, perché quello ci si aspettava in quella fase da chi guidava la politica economica: Guido Carli, Nino Andreatta, Romano Prodi, Carlo Azeglio Ciampi. “Austeritario” a Francoforte, per non scontrarsi con la Germania egemone.

 

carlo clericetti

In una prima fase, tutt’altro che rivoluzionario in politica monetaria: tra il 2012 e il 2015 (sì, proprio nel periodo successivo al whatever it takes) il bilancio della Bce si riduce di circa 1.000 miliardi, altro che politica monetaria espansiva…

 

Probabilmente il prezzo da pagare proprio per quella frase, insieme all’accettazione del Mes, organismo tecnocratico a guida tedesca, come organo decisionale sulle vicende dei paesi che si fossero trovati in difficoltà.

 

MARIO DRAGHI JENS WEIDMANN

Difficile pensare che uno come lui non sapesse che quella politica era sbagliata e che sbagliata era l’austerità. Ma nel frattempo bisognava rintuzzare i feroci attacchi (anche legali, con i ricorsi alla Corte costituzionale tedesca) di Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, e bisognava che i tedeschi pro-euro (non solo Merkel, ma anche il granitico ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble) si fidassero di lui tanto da appoggiarlo contro Weidmann.

MARIO DRAGHI MARIO MONTI

 

E la fiducia bisogna costruirsela, per esempio assecondando la frenesia punitiva di Schäuble contro la Grecia, che doveva pagare cari gli imbrogli del passato, anche se i greci avevano un governo che nulla aveva a che fare con quel periodo. Quando la Bce (nel 2015) tagliò la liquidità di emergenza alle banche greche il governo Tsipras dovette capitolare.

 

draghi merkel

Poi, quando l’inflazione dell’Eurozona non solo non si avvicinava all’obiettivo del 2%, ma scivolava verso la deflazione, Draghi poté finalmente azzardare il lancio del quantitative easing, gli acquisti massicci di titoli di Stato. Con cinque anni di ritardo rispetto alla Federal reserve, ma a quel punto la motivazione poteva esser fatta rientrare nei compiti statutari della Bce, al riparo – come avrebbe in seguito confermato la Corte di giustizia europea – dagli attacchi di Weidmann e compagni.

 

MARIO DRAGHI

E dopo aver consolidato l’asse con Merkel – solo dopo – Draghi ha cominciato a dire, e ripetere in più occasioni, che la politica monetaria non poteva bastare, e toccava agli Stati intervenire con la politica fiscale.

 

Ricorda per esempio l’economista Sergio Cesaratto (che peraltro con Draghi non è affatto tenero), intervistato dal sito Brave New Europe, che nel discorso del 2014 a Jackson Hole (sede di un incontro periodico dei banchieri centrali) il presidente della Bce criticò le politiche europee perorando il sostegno della domanda e citando Keynes: i rischi del non fare sono maggiori di quelli del fare.

 

sergio mattarella e mario draghi

Insomma, la storia di Draghi dice che le cose giuste si fanno se si può e quando si può, con un occhio attento agli obiettivi personali. Quali possono essere, oggi, i suoi obiettivi?

 

Il fatto che abbia accettato di guidare il governo in situazione di emergenza e con le forze parlamentari che ci sono è una grande sfida anche per lui. Non escludiamo l’amor di patria, che senz’altro avrà avuto un peso. Ma significa anche che punta a concludere la sua carriera sul colle più alto, succedendo a Mattarella.

 

Ora ha 73 anni, se tra un anno verrà eletto presidente concluderà il suo mandato a 81 e dopo sarà senatore a vita. Degna collocazione dopo una vita professionale ricca di riconoscimenti e soddisfazioni.

sergio cesaratto 2

 

Ma perché ciò avvenga questa sfida la deve vincere. L’Europa gli permetterà quello che ad altri non permetterebbe, e questo è un vantaggio enorme. Da anni la nostra classe politica non brilla per capacità, ma anche le decisioni europee hanno influito pesantemente in modo negativo sulla nostra situazione. Con lui non dovrebbe succedere.

 

Resta il fronte interno. Draghi starà attento a non umiliare le forze politiche e il Parlamento che poi lo dovranno votare, anzi, cercherà di andare il più possibile d’accordo con tutti. La composizione della squadra di governo, d’altronde, conforta questa tesi. Questo rende plausibile l’ipotesi che non ci saranno lacrime e sangue, e che le questioni più spinose, se non riuscirà trovare un compromesso accettabile per tutti, farà in modo di rinviarle.

 

MATTARELLA COME DANAERYS TARGARYEN INVOCA DRAGHI

E conferisce ai partiti che sostengono il governo un po’ di potere contrattuale. Il sol dell’avvenire non sta certo per sorgere, ma le alternative al governo Draghi, fallito il tentativo del Conte-ter, non erano più allettanti. Tutto considerato, e con beneficio di verifica su quello che effettivamente farà il governo, poteva andare peggio.

 

Ultimi Dagoreport

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…