macron casco

GLI ELETTORI GOLLISTI E QUELLI SOCIALISTI SI UNIRANNO PER BATTERE IL PRESIDENTE CHE SI È DETTO NÉ DI DESTRA NÉ DI SINISTRA? DOPO 5 ANNI, MACRON, CONSIDERATO TROPPO VICINO AI RICCHI, RESTA UN UFO DELLA POLITICA, UN CAMALEONTE CHE RIFIUTA OGNI IDEOLOGIA E SI ADATTA ALLE CIRCOSTANZE. I SUOI DETRATTORI DENUNCIANO LA DISTANZA DAL POPOLO E DALLA VITA REALE…

Cesare Martinetti per “la Stampa”

 

il discorso di macron alla defense arena 4

La notte del 7 maggio di cinque anni fa Emmanuel Macron attraversava il Carrousel del Louvre in una lunga e teatrale marcia solitaria carica di simboli per andare incontro al popolo che l'aveva eletto. Il più giovane capo di Stato della storia (dopo Napoleone) saliva al vertice della Quinta Repubblica che il generale De Gaulle aveva disegnato come una monarchia repubblicana negli anni tempestosi della guerra d'Algeria.

 

Nell'aria risuonava l'Inno alla Gioia in omaggio all'Unione europea (la patriottica e bellicosa Marsigliese venne solo dopo il primo discorso) mentre sullo sfondo luccicava la piramide voluta da François Mitterrand, simbolo misterioso di razionalità ed esoterismo. Un «roi enfant», un re bambino, dissero allora i più diffidenti, saliva al soglio di Francia in una enigmatica messinscena di luci e di buio.

macron putin

 

Il curriculum Ma chi era esattamente Emmanuel Macron, 39 anni di Amiens, super dotato ex allievo delle alte scuole della Repubblica che nell'emblematico dibattito finale della campagna elettorale aveva letteralmente stracciato Marine Le Pen?

 

Andando incontro ai militanti raccolti sull'Esplanade dello storico palazzo dei re di Francia, Emmanuel Macron incedeva vittorioso sulle rovine del paesaggio politico nazionale: raso al suolo il Partito Socialista e con esso la sinistra, dopo i cinque anni all'Eliseo di François Hollande; auto affondata nel penoso scandalo di una rimborsopoli famigliare del candidato François Fillon quel che restava della destra gollista uscita in frantumi dagli anni Sakozy.

 

MARIO DRAGHI EMMANUEL MACRON

Macron rappresentava dunque un inedito esperimento politico, a capo di un movimento costruito in pochi mesi, la «République En Marche» (la Repubblica in cammino), con un programma dichiaratamente «né di destra, né di sinistra», con candidati in gran parte giovani professionisti, esordienti in politica come il loro giovane leader. Macron non era mai stato eletto, fenomeno del tutto inedito nella politica francese, dove il cursus elettivo fin dalle più piccole istanze locali è costitutivo anche per il deputato più periferico. La sua vittoria nasceva dunque da uno stato d'animo nazionale antisistema, di rifiuto della politica tradizionale, dalla richiesta di rinnovamento della classe politica.

 

macron trump

Il consenso per i «marcheurs» (i marciatori), come vennero chiamati i militanti del movimento, è stato qualcosa di molto simile a quello raccolto in Italia dal Movimento 5 stelle, con la differenza che il leader non era un comico ma un giovane tecnocrate dal brillantissimo curriculum: studi di filosofia all'università di Nanterre, allievo e assistente di Paul Ricoeur, poi allievo all'Ena e Sciences-Po, ispettore delle Finanze e infine ministro con Hollande presidente, dopo una parentesi nel privato alla banca d'affari Rothschild.

Un marchio che gli vale come timbro della famigliarità con l'élite finanziaria internazionale, da una parte, dall'altra come certificato di appartenenza alla società dei più ricchi, che ha pesato enormemente nei momenti più difficili dei suoi cinque anni.

 

emmanuel macron in visita allo stabilimento macron ge steam power di belfort 2

L'identità Emmanuel Macron era e resta un «Ovni» (come i francesi definiscono gli Ufo) della politica, l'incarnazione di un «logiciel», un software, del potere che rifiuta ogni ideologia e si adatta alle circostanze. Il giovane presidente è stato l'incarnazione di un nuovo modello di leader cui era stata affidata la missione di battere la destra diventata populista dei Le Pen, leader globale e patriottico, liberale ma anche interventista in economia, secondo tradizione nazionale, però con la bussola europea sempre in vista:

 

dopo la fatidica notte elettorale del Louvre il primo grande discorso da presidente, agli studenti della Sorbona, è stato dedicato all'Unione europea. E l'incessante duettare con Angela Merkel non è stato soltanto frutto della dovuta manutenzione dell'alleanza chiave nella politica europea, ma è valso anche come un'autocandidatura alla successione della leadership Ue declinante della cancelliera.

emmanuel macron al parlamento europeo

 

Emmanuel Macron ha interpretato il ruolo con energia, senza risparmiarsi nel dettagli della simbologia nazionale.

 

Quando Vladimir Putin arrivato a Parigi per la prima visita ufficiale, lui gli ha fatto da guida a Versailles nell'esibizione della storica grandeur. Donald Trump è stato ospitato nella tribuna presidenziale alla parata del 14 luglio e di quel giorno resta in archivio la tenacia con cui ha anticipato la stretta di mano da saloon del vecchio west con cui il presidente americano era solito spiazzare i suoi interlocutori.

 

emmanuel macron al parlamento europeo

Nei cinque anni passati all'Eliseo ha avuto modo di mettere alla prova il suo «logiciel». Partito con l'ambizione di liberare il sistema caratterizzato da infiniti particolarismi, ha subito lo scontro più simbolico sulle pensioni, spezzettate in regimi di categorie piccole e grandi. Il no è stato frontale e aneddotico: dagli avvocati alle ballerine dell'Opéra, dagli attori agli insegnanti, ai ferrovieri, al personale sanitario. Ma il conflitto più duro, diventato emblematico della sua presidenza, è stato quello con i gilets gialli, nato dalla tassa «ecologica» sulle vetture diesel che ha fatto emergere una Francia profonda, impoverita e incattivita contro lo Stato che tagliava servizi e protezione, in un modello di governo che sembrava andare a beneficio solo dei privati, benestanti e cittadini, a cominciare dagli snob parigini.

emmanuel macron al parlamento europeo

 

Una rivolta che ha diviso e ferito profondamente il Paese e che non si è tradotta se non sporadicamente in una nuova istanza politica. La pandemia e ora la guerra in Ucraina hanno fatto il resto. Il presidente, come nella sua natura ha avuto varie metamorfosi: capo guerriero e insieme leader protettivo, sempre pragmatico, capace di adattare il suo software alle circostanze, un presidente «camaleonte».

 

Le prospettive Con ogni probabilità nel ballottaggio Emmanuel Macron si ritroverà di fronte Marine Le Pen, e se nel 2017 nessuno avrebbe scommesso un euro sulla vittoria dell'erede del carismatico Jean-Marie, storico duce dell'estrema destra, l'arcipelago della società francese appare più disunito. Se il «sistema» è con lui e con la sua idea di «Stato start up», che dirà il popolo? Dopo cinque anni Emmanuel Macron resta inafferrabile, «insaisissable», come scrisse Le Monde, e si trova ora di fronte a un paradosso politico: gli elettori di destra e quelli di sinistra si uniranno per battere il presidente che si è detto né di destra né di sinistra?

emmanuel macron e marine le penmacronemmanuel macron 2marine le pen mascherinata Brigitte MacronEmmanuel Macronemmanuel macron

Ultimi Dagoreport

giuseppe conte rocco casalino marco travaglio roberto fic o todde paola taverna elly schlein

DAGOREPORT - DOVE STA ANDANDO A PARARE QUELL’AZZECCAGARBUGLI DI GIUSEPPE CONTE? ALL’INTERNO DEL M5S SI CONTRAPPONGONO DUE POSIZIONI: LA LINEA MOVIMENTISTA ED EUROSCETTICA SQUADERNATA DAGLI EDITORIALI DI MARCO TRAVAGLIO, CONVINTO COM'È CHE IL "CAMPOLARGO" SIA UNA DISGRAZIA PEGGIORE DELL'ARMATA BRANCA-MELONI; CHE HA UNA CERTA PRESA SULLA BASE DEGLI ELETTORI EX GRILLINI - DALL’ALTRA, LA LINEA DI TAVERNA, FICO, PATUANELLI E TODDE, IN SINTONIA CON LA BASE PARLAMENTARE DEI CINQUE STELLE, FAVOREVOLE A UN ACCORDO PROGRAMMATICO DI GOVERNO CON IL PD, ANCHE AL DI LÀ DEL FATTO CHE CONTE SIA, VIA PRIMARIE, IL CANDIDATO PREMIER DELLA COALIZIONE DI CENTROSINISTRA (GOVERNARE SIGNIFICA CONQUISTARE POTERE, POSTI E PREBENDE) – PERCHÉ CONTE ZIGZAGHEGGIA BARCAMENANDOSI CON SUPERCAZZOLE PRIMA DI STRINGERE UN APERTO ACCORDO PROGRAMMATICO COL PD? - COME MAI TA-ROCCO CASALINO, L’APPRENDISTA STREGONE RASPUTINIANO CHE HA CONFEZIONATO PER ANNI LE MASCHERE DEL CAMALEONTISMO DI “CONTE PREMIER”, HA MOLLATO ''LA POCHETTE DAL VOLTO UMANO'' PER FONDARE UN GIORNALE ONLINE?

beatrice venezi secolo d italia libero verita italo bochino fenice venezia

DAGOREPORT - DI PIÙ STUPEFACENTE DELLA DESTRA CI SONO SOLO I SUOI GIORNALI MALDESTRI. SULLA VICENDA VENEZI A VENEZIA, PRODUCONO PIÙ BUFALE CHE NELL’INTERA CAMPANIA - SI SORRIDE SULLA RINASCITA DEL TEATRO LA FENICE CON “LIBERO” E “LA VERITÀ” MA LA RISATA (PIU’ PERNACCHIO) ARRIVA COL “SECOLO D’ITALIA”: “BUONA LA PRIMA: 7 MINUTI DI APPLAUSI PER VENEZI”. PECCATO CHE NON DIRIGESSE AFFATTO LEI, LA “BACCHETTA NERA”, MA IVOR BOLTON, COME C’È SCRITTO PERFINO NEL PEZZO. INCREDIBILE MA VERO. PERÒ LÌ SOTTO C’È LA GERENZA DEL GIORNALE, DOVE SI SCOPRE CHE NE È DIRETTORE EDITORIALE TALE BOCCHINO ITALO. E ALLORA TUTTO SI SPIEGA

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”