pd m5s taglio parlamentari

LA FACCIA COME IL CULO (MA DEMOCRATICO) - NEL PD SI SVEGLIANO A POCO PIU' DI UN MESE DAL REFERENDUM SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI: SERVE LA RIFORMA ELETTORALE - POVERINI, D'ALTRONDE È PASSATO SOLO UN ANNO DA QUANDO VOTARONO L'INUTILE TAGLIO, CHE SERVIVA SOLO COME BANDIERINA ELETTORALE AI GRILLINI E RENDE IL PARLAMENTO MENO RAPPRESENTATIVO SENZA AVER AVUTO NESSUNA EFFICIENZA IN CAMBIO - MATTIA FELTRI PIZZICA BETTINI

1 - UNA GENUINA FILOSOFIA

Mattia Feltri per “la Stampa

 

Bettini e Zingaretti

Goffredo Bettini, eminente pensatore del Pd, non è pentito d'aver consacrato la sua arguzia alla nascita del governo giallorosso. Con la destra sovranista al potere, dice, fra sottovalutazione del Covid e chiassate con l'Europa, la nostra democrazia avrebbe vacillato. Ma nemmeno ora è tanto salda. Infatti la riduzione dei parlamentari (da 945 a 600), votata con riforma costituzionale dalla maggioranza, senza un'adeguata legge elettorale è un bel rischio per le nostre care regole democratiche. Le ragioni le sappiamo. Diventeremmo il Paese europeo col più basso numero di rappresentanti in rapporto agli elettori, i partiti più piccoli sparirebbero, i parlamentari - meno numerosi e selezionati per obbedienza - sarebbero soldatini agli ordini del capo, il governo schiaccerebbe le camere e farebbe come gli pare (più di quanto faccia ora).

 

E del resto la riforma non deriva dall'esigenza di aggiornare e affinare la macchina, ma è il prodotto di una genuina, popolare filosofia: i parlamentari sono cialtroni, scaldapanche, mangiapane a ufo e pure ladri. Come il Partito democratico - e Bettini - si siano iscritti a questa scuola, e come pensino sia sufficiente una legge elettorale (proporzionale) per sistemare un tale pasticcio, lo sa solo il padreterno.

 

Ma la meraviglia è un'altra: l'eminente Bettini ci sta ricordando che a una prossima maggioranza - di destra ma non necessariamente - per instaurare una mezza dittatura basterebbe rifare la legge elettorale, senza nemmeno l'incomodo di mettere mano alla Costituzione: a quella ci hanno già messo mano loro. Ci rimangono il referendum e il segno della croce.

luigi di maio strappa le poltrone in piazza montecitorio flash mob m5s per il taglio dei parlamentari

 

 

2 - I DUBBI DEL PD SUL REFERENDUM: NIENTE SÌ SENZA RIFORMA ELETTORALE

Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera

 

Il referendum sul taglio dei parlamentari non è mai piaciuto al Pd. È cosa nota. Nicola Zingaretti, che pure ha fatto votare i «suoi» parlamentari a favore di quella riforma fortemente voluta dal M5S, non lo ha mai nascosto. E il fatto che la Camera non sia riuscita a incardinare la nuova legge elettorale di stampo proporzionale, che, dicono al Nazareno, stempera gli effetti di quel referendum, preoccupa non poco il Pd: «Possono presentarsi dei rischi per il regime democratico», spiegano. Zingaretti con i suoi non nasconde i dubbi che lo attanagliano: «Noi abbiamo accettato il taglio dei parlamentari perché c'era un accordo di governo per modificare la legge elettorale, senza quella modifica il referendum rischia di essere solo una chiamata alle armi populista», si è sfogato qualche giorno fa.

votazione per ddl costituzionale di riduzione del numero dei parlamentari

 

Per questo motivo al Nazareno è andata maturando la convinzione di non fare campagna elettorale sul quesito referendario: «È chiaro che senza la legge elettorale - ha spiegato il segretario del Pd ai fedelissimi - noi non possiamo sostenere il sì al referendum». Il che non vuol dire che il Partito democratico cambierà posizione e appoggerà le ragioni del No, che pure vengono sostenute con forza da alcuni parlamentari, ma di certo la posizione del Pd nella campagna referendaria sarà defilata. « Tenere bassi i toni»: è questa l'indicazione che viene dal Nazareno.

 

riccardo fraccaro

Tradotto, i dem metteranno la sordina al referendum: ne parleranno il meno possibile e nelle feste dell'Unità , che si terranno in tutta Italia durante l'estate, non vi saranno spazi dedicati ai dibattiti su questo argomento. Insomma, il Pd cerca di far calare il silenzio sul referendum: non potendo rimangiarsi la parola data (né tanto meno il voto in Parlamento), si muoverà come se la questione non esistesse. Nessun appello agli elettori per andare alle urne e votare a favore del taglio dei parlamentari. Anzi, al popolo dem verrà lasciata una sorta di libertà di coscienza. Certo, le parole dell'altro ieri di Luigi Di Maio, che si è detto favorevole a portare avanti la riforma elettorale cara al Nazareno, hanno ricevuto l'apprezzamento di Zingaretti, ma al Pd prevale comunque la cautela rispetto a questo referendum.

 

ZINGARETTI - CONTE - DI MAIO

 Anche perché si stanno ingrossando le file dei dem che sono contrari. Oltre al sindaco di Bergamo Giorgio Gori e al senatore Tommaso Nannicini, che hanno aderito ai comitati per il No, ci sono sempre più parlamentari che non nascondono le loro perplessità. «Senza la nuova legge elettorale - spiegava qualche giorno fa il deputato pd Fausto Raciti - in tanti ci riterremo liberi di sostenere il No».

 

 Il parlamentare, che appartiene alla corrente dei giovani turchi di Matteo Orfini, non attribuisce solo a Italia viva il fallimento delle trattative per varare la riforma elettorale prima della pausa estiva: «La questione è stata tenuta in sonno troppo a lungo, anche per responsabilità dem, ed è tornata in ballo solo quando era palesemente più difficile riuscire ad approvarla». Quali che siano le colpe e le tattiche politiche che si sono giocate su questa riforma, resta il fatto che la revisione della legge elettorale è divenuta ormai un'incognita. Non è detto che si approvi nemmeno subito dopo la pausa estiva. Così il Pd, che aveva ancorato il suo via libera al taglio dei parlamentari alla riforma, si ritrova spiazzato. E cerca di reagire nell'unico modo possibile: prendendo le distanze dal referendum.

NICOLA ZINGARETTI GIORGIO GORI

 

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…