IERI CRAXI, OGGI SPOSETTI - “LETTA VUOLE ABOLIRE I PARTITI: PER FARE POLITICA SERVONO I SOLDI”

Goffredo De Marchis per "la Repubblica"
«Letta non vuole abolire il finanziamento pubblico. Vuole abolire i partiti. E quando non avremo più i partiti, non ci sarà più la democrazia rappresentativa». Ugo Sposetti, mitico tesoriere dei Ds, senatore del Pd, difende e difenderà i contributi statali fino all'ultimo. «Il disegno di legge presentato dal governo deve finire su un binario morto. Abbiamo approvato una nuova norma sul finanziamento, dimezzandolo e portandolo a 91 milioni, appena un anno fa. Ce la teniamo altri cinque anni, alla fine tracciamo un bilancio».

Pensa davvero che Letta abbia presentato un provvedimento antidemocratico, golpista?

«Ma no. Questo è troppo. Eppoi, la legge non è mica stata approvata...».

Il premier condiziona all'abolizione delle risorse ai partiti la vita del suo governo. Letta è del Pd, il suo partito.

«Non diciamo fesserie...».

Lo dice Letta.

«Il destino del governo è legato al benessere delle famiglie e delle imprese. Facciamogli avere subito i rimborsi della pubblica amministrazione. Mettiamo in circolazione un po' di soldi per aiutare i datori di lavoro e i lavoratori».

Il Pd sta provando a modificare il testo dell'esecutivo. È la strada giusta?

«Il Pd fa il suo mestiere. E un emendamento non è un blitz. È lavoro parlamentare. Detto questo, io sono per lasciare le cose come stanno».

Con il risultato di consegnare altri voti all'antipolitica e a Grillo?

«Io considero antipolitico l'atteggiamento del governo. Anzi, su questo tema, considero questo un governo demagogico e populista che cavalca l'animale degli istinti più bassi. Il punto qui non sono i soldi. È la democrazia. Io non ho dubbi: la democrazia si regge sui partiti che debbono essere soggetti vitali e hanno bisogno di risorse pubbliche. Solo così non saranno condizionati dalle lobby».

Ma il disegno di legge prevede il 2 per mille, cioè un sostegno dell'opinione pubblica.

«Lo sa che il 2 per mille di 10 milioni di pensionati è comunque inferiore al 2 per mille di un solo milionario? Io non voglio che vincano le lobby. La democrazia è una cosa di tutti».

Una posizione isolata o minoritaria nel partito, la sua. Anche Renzi vuole cancellare il finanziamento.

«Alt. Renzi non parla di finanziamento pubblico da un mese. Lei è un po' distratto».

E cosa significa?

«Non lo so. Una pura osservazione ».

Perché ridare fiato al Movimento 5 stelle con una scelta conservativa?

«Ma quale fiato. Giro per le feste dell'Unità, per i circoli e nessuno mi parla male del finanziamento perché nessuno, nemmeno i giovani, vuole cancellare i partiti. Se uno ruba è un conto, se uno fa politica i soldi servono. Piuttosto, l'indecenza è che un vicepresidente della Camera, il grillino, si permetta di dire che il Quirinale ha bilanci opachi e Montecitorio va spento. E lui, perché non si dimette?».

Come finirà?

«Con un buco nell'acqua, spero. Persino Al Gore scrive che va ripensato il sistema di finanziamento negli Stati uniti aprendo al sostegno pubblico».

2. IL BRACCINO CORTO DI SPOSETTI & CO
Da "tusciaweb.it"

E io non pago.
Sono tempi di magra, ai partiti arrivano sempre meno soldi e allora, oltre a stringere la cinghia, ci si industria come si può.
Il Partito democratico, ad esempio, ha fatto sottoscrivere a tutti i candidati alle politiche appena passate, un impegno a versare 25mila euro ciascuno in caso di elezione. Elezione per molti versi sicura e decisa dal partito stesso con primarie o meno. I 25mila euro sono un contributo per sostenere il partito. Ma le politiche sono passate da più di quattro mesi e ancora c'è chi non ha versato un centesimo o chi lo ha fatto soltanto in parte.

Fra i parlamentari della Tuscia, Ugo Sposetti non ha pagato nulla, mentre Alessandro Mazzoli ha versato solo mille euro. In base ai dati in mano al Pd regionale al 19 giugno 2013. A quanto pare, chi viene ricandidato solitamente liquida subito il dovuto, i nuovi invece, pattuiscono di solito una dilazione. E' il caso dello stesso Mazzoli e con molta probabilità anche Alessandra Terrosi.

Infatti, ha fatto per intero il suo dovere di contribuente democratico, Giuseppe Fioroni, che in diverse rate, ancora prima del voto aveva già dato tutti i 25mila euro.
L'intesa era infatti a contribuire ancora prima del voto, poi il termine sarebbe stato stato prorogato a immediatamente dopo, ma arrivati al 19 giugno, dal Pd regionale hanno dovuto richiamare agli impegni presi tutti i parlamentari del Lazio con una lettera.

Una lettera che non riguarda Donatella Ferrante, la quale in due rate, da quindicimila e diecimila euro ha onorato gli impegni.

Giuseppe Fioroni, invece, ha pagato in cinque comode rate da cinquemila euro l'una. Se Mazzoli è a quota mille euro, Alessandra Terrosi è a millecinquecento euro.
Chi invece ha deciso di non dare il proprio contributo, almeno fino al 19 giugno, è Ugo Sposetti, senatore della Repubblica.

La sua casella versamenti segna un triste (per la direzione regionale Pd) zero euro.
Un altro che sui numeri dovrebbe essere abbastanza preparato, è Stefano Fassina, vice ministro all'Economia e alle finanze. Eppure il suo "debito" verso il Pd non è stato ancora estinto. Risultano tre pagamenti, due da cinquemila e uno da duemila692 euro fra marzo e maggio. Niente di più.

Il segretario regionale Pd Enrico Gasbarra, al contrario già il 12 febbraio aveva versato la sua quota, 25mila euro tutti d'un colpo, così come Paolo Gentiloni, Marietta Tidei, Matteo Orfini, Fabio Melillo, Mariateresa Amici, Piero Martino Francesco Scalia, Raffaele Ranucci.
Pure Luigi Zanda già il 20 febbraio aveva versato tutto il dovuto e prima ancora di lui, in cinque pagamenti, ultimo dei quali il 29 gennaio, pure Bruno Astorre si era messo in pari col partito.

A quota zero, insieme a Ugo Sposetti, invece, ci sono Umberto Marroni, Renzo Carella, Lorenza Bonaccorsi e Maria Spilabotte.

Pure Michele Meta ha dilazionato, in undici bonifici è arrivato quasi alla meta, 24mila 500 euro, mentre Roberto Morassut per dodici effettuati si è fermato a 17mila 500 euro.
Ileana Argentin è a quota diecimila euro, Anna Maria Madia a tremila euro, Gianni Cuperlo cinquemila, così come Roberto Giacchetti, Maria Coscia, Francesco Garofani, Andrea Ferro mille euro, Marta Leonori quattromila, Monica Gregori millecinquecento, Marco Miccoli duemila, Annamaria Parente ottomila, Claudio Moscardelli ventimila euro, Monica Cirinnà diecimila, Walter Tocci cinquemila 500 euro, Giuseppina Maturani arriva a ottomila euro, Carlo Lucherini a cinquemila e Daniale Valentini si ferma a duemila934 euro.
Molti, insomma, sono rimasti insensibili ai richiami del presidente del consiglio garanzia Pd Lazio Piero Badaloni e del tesoriere Pd Lazio Antonio Olivieri.

"Sono passati tre mesi dall'insediamento delle camere - scrivono - e a oggi non avete provveduto (in parte o del tutto) ad adempiere al deliberato dalla direzione nazionale dell'8/12/2012 da voi sottoscritto al momento dell'accettazione di candidatura che prevede il versamento di 25mila euro come contribuzione degli eletti.
Vi ricordiamo che la contribuzione al partito è un impegno giuridico, oltre a rappresentare un atto d'adesione politica che va obbligatoriamente rispettato".

Quindi i due rammentano i progressivi tagli del parlamento ai partiti, su proposta dello stesso Pd, con i contributi elettorali dimezzati: "Siamo stati costretti - ricordano - a compiere la drammatica scelta della cassa integrazione per sei dipendenti.
Inoltre permangono serie difficoltà nel mantenere gli impegni di spesa sostenuti in campagna elettorale e la difficoltà di dare continuità gestionale alla struttura.

All'impegno giuridico e politico, dunque, si somma un altro impegno, quello morale nei confronti di chi paga in prima persona il non rispetto di quanto sottoscritto all'atto di accettazione della candidatura.

Se crediamo al valore solidaristico, fondante per il nostro partito, questa inadempienza è ancora più grave".
Seguono le coordinate per versamenti, evidentemente necessari a mantenere la struttura del Pd, seppure un dubbio rimane: chi al momento della candidatura non aveva disponibilità di 25mila euro cosa doveva fare?
Escludendo la strada di firmare l'impegno e poi non onorarlo, cos'altro rimaneva? Indebitarsi? Non candidarsi? Veramente strano questo mondo politico.

 

 

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