carlo fuortes pier luigi celli

“FUORTES HA STROMBAZZATO LA SUA INDIPENDENZA DICENDO ‘I PARTITI NON BUSSANO ALLA MIA PORTA’. È ANDATO LUI A BUSSARE ALLA POLITICA” - L’EX DG RAI PIER LUIGI CELLI MENA SUL “NAPOLEONE” DI VIALE MAZZINI: “LE PERSONE DIGNITOSE IN QUESTI CASI SI DIMETTONO. LA RAI RISCHIA IL FALLIMENTO E QUESTI CHE FANNO? SI SPARTISCONO LE DIREZIONI DI QUATTRO TG CHE ANDREBBERO ACCORPATI” - “DOVUNQUE SI CAMBIA. CI SI TRASFORMA. MA NON A VIALE MAZZINI. LA RAI È UN MODELLO ECONOMICO FALLIMENTARE. DIVENTA UN’ALTRA ALITALIA. SOLO CHE È PIÙ GRANDE. È IL FALLIMENTO PIÙ CHIARO DI MARIO DRAGHI…”

Salvatore Merlo per www.ilfoglio.it

 

PIER LUIGI CELLI

“Le persone dignitose in questi casi si dimettono”. E Pier Luigi Celli si riferisce a Carlo Fuortes, l’amministratore delegato della Rai. “Vent’anni fa stavo al suo posto. A capo dell’azienda. Al settimo piano di Viale Mazzini. I partiti cominciarono a mangiarmi la pappa in testa. E io me ne andai.

 

CARLO FUORTES

Anche Antonio Campo Dall’Orto si è dimesso, più di recente. È più dignitoso andarsene che fare i camerieri, specie se come Fuortes hai strombazzato la tua indipendenza. Specie se ti trovi a gestire una situazione tragica come quella attuale della Rai e poi finisce com’è finita”.

 

CAMPO DALL'ORTO

E com’è finita? Così: Fuortes doveva fare la rivoluzione e invece ha restaurato la lottizzazione. L’eternità di foresta della Rai. Eppure aveva esordito dicendo che “i partiti non bussano alla mia porta”.

 

Celli è sarcastico: “In effetti è vero. In questi mesi è andato lui a bussare alla politica”. Col cappello in mano a quanto pare. Da Franceschini, Di Maio, Salvini...

 

A prendere appunti. Così ieri, quando sono arrivate le nomine, le direzioni, ecco che si è aperto il mercato, fino a notte fonda.

monica maggioni

 

Il suk della spartizione radiotelevisiva. Uno a te uno a me, uno a te uno a me. “La Rai rischia il fallimento. Il mondo è cambiato”, ripete Celli. “Ci sono Netflix, Amazon, Disney+ e questi in Rai che fanno? Si spartiscono le direzioni di quattro tg che invece andrebbero accorpati come sta facendo persino Mediaset che non è precisamente un’azienda moderna”.

 

La Rai ha i conti in disordine, i bilanci in rosso malgrado il canone e la pubblicità.

 

Secondo i maggiori esperti del settore radiotelevisivo, le tv generaliste potrebbero non sopravvivere alla rivoluzione digitale dello streaming e scomparire in un arco di tempo anche piuttosto rapido, dieci o forse quindici anni. Persino meno.

 

Campo dall'Orto e Maggioni

 

Dovunque si cambia. Ci si trasforma. Ma non a Viale Mazzini. La Rai è infatti un problema industriale. Un modello economico fallimentare, paragonabile alla Cassa del Mezzogiorno, per giunta all’interno di un settore che sta morendo. Eppure, mentre il mondo cambia, mentre gli ascolti calano e si spostano inesorabilmente sulla tv via internet, mentre tutto dovrebbe spingere una classe dirigente consapevole al rinnovamento e alla fantasia, alla ricerca del talento e dell’innovazione, ecco che invece a Viale Mazzini si comportano come nulla fosse.

 

pierluigi celli

Anzi. Tutti spolpano un pezzo della carcassa, finché c’è qualcosa ancora da spolpare. I partiti, i manager, i funzionari, i giornalisti, i sindacati, i fornitori, gli agenti delle star e le società di produzione private che campano sull’inefficienza produttiva della Rai. Troppi interessi. Troppo forti.

 

Così persino Mario Draghi mette alla guida dell’azienda un amministratore delegato che anziché porre le basi del salvataggio, anziché intercettare il cambiamento, si comporta come i suoi predecessori di trenta e quarant’anni fa. Forse peggio. C’è infatti un’aggravante: lui avrebbe la forza di Draghi alle spalle. Ma niente.

 

CARLO FUORTES MARINELLA SOLDI

Sembra di essere tornati agli anni Ottanta. Solo che non sono più gli anni Ottanta purtroppo. Ecco allora i partiti al pascolo Rai, come sempre, impegnati a curare i loro interessi di sottobottega televisiva, di marchetta in onda media.

 

Il Tg1 al Pd, il Tg2 ai sovranisti, una direzione di genere alla Meloni, una alla sinistra, con Giuseppe Conte e i grillini che protestano perché stavolta non sono riusciti a bagnarsi il becco, sono stati esclusi dalla spartizione... Un trauma per Conte, che durante la pandemia costringeva i tg Rai a trasmettere le sue dirette Fb.

CARLO FUORTES SALVO NASTASI GIUSEPPE CONTE MICHELA DE BIASE ROBERTO GUALTIERI

 

Dieci anni fa un altro amministratore delegato, Luigi Gubitosi, aveva tentato di fondere i telegiornali. Di razionalizzare. Sapeva che la cosa sarebbe esplosa ben presto. Che i conti non tornano. Quale azienda editoriale ha millesettecento giornalisti impiegati e otto testate giornalistiche? Gubitosi lo mandarono via, ovviamente.

 

I telegiornali servono perché ogni micro-potere ne deve avere uno. E infatti Fuortes non c’ha nemmeno provato a cambiarli. Un mese fa circa ha chiuso un accordo tacito col sindacato Usigrai di cui tutti sanno tutto: i tg non si toccano.

LUIGI GUBITOSI

 

In Rai non si tocca nulla. Dopo alcune proteste sindacali, ad agosto, Fuortes aveva persino accettato di mandare tutti i quindici vaticanisti della Rai a seguire il viaggio del Papa in Iraq. Quindici vaticanisti! Più numerosi del seguito che il Papa si portava dietro da Roma. Quale azienda può permettersi una  cosa del genere?

 

PIER LUIGI CELLI

Quanto può durare prima che salti in aria mandando per strada i suoi tredicimila dipendenti che sono di più di quelli che la Fiat ha in Italia? E quale azienda è talmente ricattata dalle multinazionali della produzione televisiva da non riuscire a modificare i propri palinsesti liberamente?

 

CARLO FUORTES

Solo la povera Rai di Fuortes, che infatti va in malora e non può nemmeno permettersi di spostare d’orario, dalla sera al pomeriggio, la fiction “Un posto al sole” perché altrimenti calerebbe un po’ la raccolta pubblicitaria e di conseguenza anche il budget che la Rai dà alla Freemantle di Lorenzo Mieli (oggi circa 13 milioni di euro l’anno garantiti).

 

PIERSILVIO BERLUSCONI

“Persino Mediaset, che  non è un’azienda moderna, si sta ristrutturando”, conclude allora Pier Luigi Celli, che il mondo delle aziende e della politica lo conosce bene, lui  che ormai, a ottant’anni, di tutto questo  parla anche con una certa spigliata libertà. Solo gli ottantenni infatti in Italia sembrano liberi di parlare.

 

Gli altri aspettano sempre una prebenda, un regalino, un pennacchio, una rendita, un favore da farsi restituire. Ragione per la quale anche del disastro Rai si parla poco. E male. “E comunque Mediaset ha una prospettiva”, riprende Celli. “Può essere venduta. Ma la Rai? La Rai non la vendi. La Rai non è un’azienda qualsiasi. La Rai diventa un’altra Alitalia. Solo che è più grande di Alitalia, dunque è un disastro sociale più grosso. E inoltre forse è anche molto più importante di Alitalia,  perché in teoria avrebbe una funzione sociale. La Rai è l’immaginario di questo paese, ammesso che questo paese abbia ancora un immaginario”.

 

E? stata la mano di Dio 2

E allora lasciarla morire è addirittura criminale. Lasciare che la Rai resti il pascolo della mediocrità politica fino all’esaurimento è criminale. Specie se è lampante ciò che sta succedendo. Inoccultabile ormai. 

 

“Ma la carcassa va spolpata fino all’ultimo pezzo”, dice Celli, con fatalismo. E forse, per rendere l’idea, basterebbe anche ricordare che Netflix produce il film di Sorrentino, partecipa pure ai premi Oscar, mentre la cosa più nuova della Rai sono le teche. Il programma “Techeté”. Il magazzino dei successi che furono. “Questo è il fallimento più chiaro di Mario Draghi”, conclude Celli. “Io non mi facevo illusioni per la verità”.

pierluigi cellipierluigi celli

Ultimi Dagoreport

ignazio la russa matteo salvini giorgia meloni maurizio lupi

DAGOREPORT: HOMO HOMINI “LUPI” - DIVENTATO UN BRAVO SOLDATINO DELLA FIAMMA, PER LA SERIE "IN POLITICA NON SI SA MAI...", IL MODERATISSIMO CIELLINO MAURIZIO LUPI SI BARCAMENA TRA I FRATELLI LA RUSSA E I FRATELLI D'ITALIA - ALLE LUSINGHE DI CANDIDARLO NEL 2027 A SINDACO DI MILANO DI 'GNAZIO, ORA AGGIUNGONO LE COCCOLE DELLA DUCETTA CHE SI E' SCAPICOLLATA ALL’ASSEMBLEA DEL NANO-PARTITO FONDATO DAL SOSIA DELLA FIGLIA DI FANTOZZI - ESSI': SE PASSA LA NUOVA LEGGE ELETTORALE, CON SOGLIA DEL 40%, ANCHE L’1% DI “NOI MODERATI” POTREBBE SERVIRE ALLA MELONA PER DE-SALVINIZZARE LA MAGGIORANZA... - VIDEO

antonio tajani pier silvio berlusconi marina roberto occhiuto deborah bergamini pietro labriola alessandro cattaneo

DAGOREPORT – QUALCOSA DI GROSSO SI STA MUOVENDO IN FORZA ITALIA: STUFA DI ESSERE PRESA PER I FONDELLI DAL PARACULISMO POLITICO DI TAJANI E DEI SUOI COMPARI SETTANTENNI GASPARRI E BARELLI, MARINA BERLUSCONI DA' IL VIA LIBERA AL CAMBIO DI LEADERSHIP IN FORZA ITALIA: IL PRESCELTO E' ROBERTO OCCHIUTO, REDUCE DA UNA TRIONFALE RICONFERMA ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE CALABRIA - IL PROSSIMO 17 DICEMBRE IL 56ENNE GOVERNATORE LANCERÀ LA SUA CORRENTONA NAZIONALE IN UN LUOGO SIMBOLO DEL BERLUSCONISMO, PALAZZO GRAZIOLI, CONTORNATO DAI FEDELISSIMI DELLA CAVALIERA DI ARCORE, i "NORDISTI" DEBORAH BERGAMINI E ALESSANDRO CATTANEO - CHE C'AZZECCA ALL'EVENTO DI OCCHIUTO, LA PRESENZA DELL'AD DI TIM, PIETRO LABRIOLA? C'ENTRA LO SMANTELLAMENTO DEL SERVIZIO CLIENTI "TELECONTACT" DI TIM...

antonio angelucci tommaso cerno alessandro sallusti

FLASH – UCCI UCCI, QUANTI SCAZZI NEL “GIORNALE” DEGLI ANGELUCCI! NON SI PLACA L’IRA DELLA REDAZIONE CONTRO L’EDITORE E I POCHI COLLEGHI CHE VENERDÌ SI SONO ZERBINATI ALL'AZIENDA, LAVORANDO NONOSTANTE LO SCIOPERO CONTRO IL MANCATO RINNOVO DEL CONTRATTO NAZIONALE E PER CHIEDERE ADEGUAMENTI DEGLI STIPENDI (ANCHE I LORO). DOPO LO SCAMBIO DI MAIL INFUOCATE TRA CDR E PROPRIETÀ, C’È UN CLIMA DA GUERRA CIVILE. L’ULTIMO CADEAU DI ALESSANDRO SALLUSTI, IN USCITA COATTA (OGGI È IL SUO ULTIMO GIORNO A CAPO DEL QUOTIDIANO). AL NUOVO DIRETTORE, TOMMASO CERNO, CONVIENE PRESENTARSI CON L'ELMETTO DOMANI MATTINA...

elly schlein giuseppe conte giorgia meloni rocco casalino

DAGOREPORT - QUESTA VOLTA, ROCCO CASALINO HA RAGIONE: ELLY SCHLEIN SULLA QUESTIONE ATREJU “HA SBAGLIATO TUTTO” - LA GRUPPETTARA DEL NAZARENO, CHIEDENDO UN FACCIA A FACCIA CON GIORGIA MELONI, HA DIMOSTRATO DI ESSERE ANCORA UNA VOLTA UN’ABUSIVA DELLA POLITICA. HA SERVITO SUL PIATTO D’ARGENTO ALLA DUCETTA L’OCCASIONE DI FREGARLA, INVITANDO ANCHE GIUSEPPE CONTE PER UN “THREESOME” IN CUI LA PREMIER AVREBBE SPADRONEGGIATO – IN UN CONFRONTO A TRE, CON ELLY E PEPPINIELLO CHE SI SFANCULANO SULLA POLITICA INTERNAZIONALE, DAL RIARMO ALL’UCRAINA, E FANNO A GARA A CHI SPARA LA “PUTINATA” O LA “GAZATA” PIÙ GROSSA, LA DUCETTA AVREBBE VINTO A MANI BASSE – QUEL FURBACCHIONE DI CONTE NON SI TIRA INDIETRO: NONOSTANTE LA DEM SI SIA SFILATA, LUI CONFERMA LA SUA PRESENZA AL DIBATTITO: "MI DISPIACE DEL FORFAIT DI ELLY, PER ME È IMPORTANTE CHE CI SIA UN CONFRONTO E POTEVAMO FARLO ANCHE INSIEME. POTEVAMO INCALZARE LA PREMIER..."

alessandro giuli beatrice venezi gianmarco mazzi

DAGOREPORT - A CHE PUNTO SIAMO CON IL CASO VENEZI? IL GOVERNO, CIOÈ IL SOTTOSEGRETARIO ALLA CULTURA GIANMARCO MAZZI, HA SCELTO LA STRATEGIA DEL LOGORAMENTO: NESSUN PASSO INDIETRO, “BEATROCE” IN ARRIVO ALLA FENICE DI VENEZIA NEI TEMPI PREVISTI, MENTRE I LAVORATORI VENGONO MASSACRATI CON DISPETTI E TAGLI ALLO STIPENDIO. MA IL FRONTE DEI RESISTENTI DISPONE DI UN’ARMA MOLTO FORTE: IL CONCERTO DI CAPODANNO, CHE SENZA L’ORCHESTRA DELLA FENICE NON SI PUÒ FARE. E QUI STA IL PUNTO. PERCHÉ IL PROBLEMA NON È SOLO CHE VENEZI ARRIVI SUL PODIO DELLA FENICE SENZA AVERE UN CURRICULUM ADEGUATO, MA COSA SUCCEDERÀ SE E QUANDO CI SALIRÀ, NELL’OTTOBRE 2026 - CI SONO DUE VARIABILI: UNA È ALESSANDRO GIULI, CHE POTREBBE RICORDARSI DI ESSERE IL MINISTRO DELLA CULTURA. L’ALTRA È LA LEGA. ZAIA SI È SEMPRE DISINTERESSATO DELLA FENICE, MA ADESSO TUTTO È CAMBIATO E IL NUOVO GOVERNATORE, ALBERTO STEFANI, SEMBRA PIÙ ATTENTO ALLA CULTURA. IL PROSSIMO ANNO, INOLTRE, SI VOTA IN LAGUNA E IL COMUNE È CONTENDIBILISSIMO (LÌ LO SFIDANTE DI SINISTRA GIOVANNI MANILDO HA PRESO UNO 0,46% PIÙ DI STEFANI)

emmanuel macron friedrich merz giorgia meloni donald trump volodymyr zelensky vladimir putin

DAGOREPORT – ET VOILA', ANCHE SULLA SCENA INTERNAZIONALE, IL GRANDE BLUFF DI GIORGIA MELONI È STATO SCOPERTO: IL SUO CAMALEONTISMO NON RIESCE PIÙ A BARCAMENARSI TRA IL TRUMPISMO E IL RUOLO DI PREMIER EUROPEO. E L'ASSE STARMER-MACRON-MERZ L'HA TAGLIATA FUORI – IL DOPPIO GIOCO DELLA "GIORGIA DEI DUE MONDI" HA SUPERATO IL PUNTO DI NON RITORNO CON LE SUE DICHIARAZIONI A MARGINE DEL G20 IN SUDAFRICA, AUTO-RELEGANDOSI COSÌ AL RUOLO DI “ORBAN IN GONNELLA”,  CAVALLO DI TROIA DEL DISGREGATORE TRUMP IN EUROPA - DITE ALLA MELONA CHE NON È STATO SAGGIO INVIARE A GINEVRA IL SUO CONSIGLIERE DIPLOMATICO, FABRIZIO SAGGIO… - VIDEO