biden afghanistan

“NON ESISTE UN BUON MOMENTO PER LASCIARE L’AFGHANISTAN, MA NON POSSIAMO RESTARE ALL’INFINITO” - JOE BIDEN PROVA A MINIMIZZARE LA FIGURACCIA USA DOPO IL RITORNO AL POTERE DEI TALEBANI: “NON VOLEVAMO COSTITUIRE UNO STATO DEMOCRATICO IN AFGHANISTAN MA FARE UN’OPERAZIONE ANTITERRORISMO. SOLDATI AMERICANI NON POTEVANO PIÙ MORIRE IN UNA GUERRA CHE KABUL NON SA COMBATTERE. LA SCELTA CHE AVEVO ERA PROSEGUIRE L’ACCORDO NEGOZIATO DA DONALD TRUMP CON I TALEBANI O TORNARE A COMBATTERE…”

Parla Biden: «Non potevamo più morire per l’Afghanistan»

la previsione sbagliata di biden sull afghanistan

«Non volevamo costituire uno Stato democratico in Afghanistan ma fare un’operazione antiterrorismo»: così ha detto il presidente Usa Joe Biden nell’atteso discorso pronunciato alla Casa Bianca. «Soldati americani non potevano più morire in una guerra che Kabul non sa combattere» ha proseguito. «Abbiamo dato tutti gli strumenti, ma non possiamo dare la volontà di combattere». «La scelta che avevo era proseguire l’accordo negoziato da Donald Trump con i talebani o tornare a combattere» ha detto ancora. Il discorso si è chiuso senza che ai giornalisti fosse concesso di porre domande.

 

Viviana Mazza per www.corriere.it

 

«Non intendo ripetere gli errori del passato, non esiste un buon momento per lasciare l’Afghanistan, ma non possiamo restare all’infinito». Il presidente Joe Biden parla alla nazione dalla Casa Bianca, definendosi «addolorato per le immagini strazianti» che arrivano da Kabul ma affermando che questi ultimi drammatici giorni dopo vent’anni di guerra non fanno che confermare che l’ora del ritiro è arrivata.

joe biden riunione sull afghanistan

 

Di fronte alle immagini storiche della caduta di Kabul, del caos dell’evacuazione e della disperazione degli afghani, Biden ieri mattina aveva fatto sapere da Camp David che avrebbe parlato «nei prossimi giorni», ma nel pomeriggio, sotto considerevole pressione, è tornato alla Casa Bianca per parlare alla nazione.

 

la previsione sbagliata di biden sull afghanistan 2

Joe Biden verrà ricordato come il presidente che ha posto fine alla guerra più lunga. Era quello che voleva, però non immaginava che sarebbe finita così. «Il presidente noto per l’empatia sceglie la freddezza», titolava prima del discorso il Washington Post. Biden ha usato anche toni personali, ricordando i viaggi fatti negli anni in Afghanistan, «parlando con il popolo, i leader e le truppe», e si è rivolto ai veterani, ai diplomatici e agli attivisti che hanno trascorso una vita aiutando l’Afghanistan e ora guardano addolorati.

 

Ma ha spiegato di aver capito, proprio per esserci stato, «ciò che è possibile e ciò che non lo è»: ha rivendicato il successo della missione che uccise Osama bin Laden e che ha «demolito» Al Qaeda, ma ha spiegato che il progetto di «costruire una nazione, una democrazia unificata e centralizzata, rovesciando secoli di storia» era impossibile. «Cina e Russia non vogliono niente di più che vederci sperperare in Afghanistan eterne risorse e attenzione».

 

la previsione sbagliata di biden sull afghanistan 3

I media americani gli rimproverano di non ha riconosciuto gli errori di valutazione e il fallimento dell’intelligence. Il presidente ha insistito che ogni scenario era stato contemplato e pur ammettendo che «tutto è avvenuto più rapidamente di quanto avessimo anticipato», ha attribuito la colpa alla fuga dei leader afghani e al collasso delle forze armate. Come già sabato scorso, Biden ha accusato Trump per aver condotto negoziati che hanno rafforzato i talebani, fissando una data del ritiro già il 1° maggio e lasciandogli solo la scelta tra rispettarla o tornare in guerra.

 

joe biden - riunione sull afghanistan

Le operazioni di antiterrorismo continueranno in Afghanistan ma anche nei numerose altre zone calde, e c’è la promessa di colpire con «forza devastante» i talebani se dovessero ostacolare l’evacuazione o attaccare gli interessi americani. «Dobbiamo combattere le minacce del presente, non quelle del passato». Ma c’è chi si chiede se davvero sarà possibile, visto che l’intelligence si aspettava la caduta di Kabul tra 90 o 30 giorni. Alle donne afghane, il presidente infine promette che difenderà i loro diritti, «con la diplomazia».

 

Nelle ultime 72 ore Biden si è trovato sotto pressione non solo da rivali repubblicani o da Trump, ma dai media progressisti, da ex generali e diplomatici. Fino a martedì scorso il presidente aveva sostenuto che le forze afghane erano in grado di difendersi dai talebani. L’8 luglio aveva negato la possibilità di una nuova Saigon («Non vedrete mai la gente prelevata dal tetto dell’ambasciata»). Ryan Crocker, ex ambasciatore Usa a Kabul sotto Obama, ha definito questo ritiro dall’Afghanistan «una macchia indelebile». Molte delle critiche ricadono anche sul segretario di Stato Antony Blinken e il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan.

 

joe biden

La domanda è quale sarà il costo politico per il presidente. L’America è stanca di interventi militari all’estero. Biden lo sa quando chiede «Quante generazioni volete che mandi a combattere queste guerra civile?». L’ultimo sondaggio del Chicago Council, a luglio, indicava che il 70% degli americani vuole il ritiro dei militari. I sondaggi devono ancora recepire l’impatto delle immagini drammatiche che arrivano e continueranno ad arrivare, ma anche le troupe di giornalisti alla fine lasceranno il Paese. In Europa il premier britannico Boris Johnson annuncia un vertice virtuale del G7, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron promettono di non abbandonare gli afghani ma sono preoccupati dall’ondata di profughi. Ora il mondo sta a guardare in che modo i talebani gestiranno il potere.

Joe Biden

Ultimi Dagoreport

2025scala la russa

DAGOREPORT - LA DOMANDA CHE SERPEGGIAVA NEL FOYER DELLA SCALA, IERI SERA, ERA: “E ‘GNAZIO? DOVE STA LA RUSSA?”. COME MAI LA SECONDA CARICA DELLO STATO NON HA OCCUPATO LA POLTRONA DEL PALCO REALE, DOVE SI È SEMPRE DISTINTO NELLO STRAZIARE L’INNO DI MAMELI CON I SUOI SICULI ACUTI? IL PRESIDENTE DEL SENATO, TRA LA PRIMA DELLA SCALA SANTA E IL FESTIVAL DI SAN ATREJU, HA PREFERITO ATTOVAGLIARSI AL RISTORANTE “EL CAMINETO”, DIMORA DELLA SODALE SANTANCHÈ A CORTINA D’AMPEZZO...

john elkann mirja cartia dasiero theodore kyriakou

DAGOREPORT - DOMANI, FINALMENTE, GLI EMISSARI DI JOHN ELKANN SI DEGNERANNO DI INCONTRARE I CDR DI “REPUBBLICA” E “LA STAMPA” PER CHIARIRE LO STATO DELLA VENDITA DEL GRUPPO GEDI AL GRUPPO ANTENNA DI THEODORE KYRIAKOU. PER IL MAGNATE GRECO, I QUOTIDIANI SONO SOLO UN ANTIPASTO: IL SUO VERO OBIETTIVO SAREBBE ACQUISIRE UN'EMITTENTE TELEVISIVA - YAKI NON VEDE L'ORA DI LIQUIDARE IL GRUPPO EDITORIALE, PER FARE SEMPRE PIÙ AFFARI CON EXOR: LA CARTA RAPPRESENTA NEMMENO L'UN PER CENTO DELLA HOLDING, NON DÀ ALCUN GUADAGNO MA SOLO ROTTURE DI COJONI (E LA LINEA ANTI-TRUMP DEI DUE QUOTIDIANI È UNA ROGNA PER IL SEMPRE PIÙ AMERICANO JOHN) - KYRIAKOU HA SUBITO INIZIATO CON IL PIEDINO SBAGLIATO LA CAMPAGNA D’ITALIA: AVREBBE SCELTO COME ADVISOR NIENTEMENO CHE MIRJA CARTIA D’ASERO, EX AD DEL “SOLE 24 ORE” - RETTIFICA! CARTIA D'ASERO: "NON SONO ADVISOR DI ANTENNA O DI KYRIAKOU E NON MI OCCUPO DI EDITORIA DALL'USCITA DAL 'SOLE'"

francesca albanese carlotta vagnoli valeria fonte

DAGOREPORT - COS’HANNO IN COMUNE L’INDECENTE ASSALTO DEI PRO-PAL ALLA REDAZIONE DELLA “STAMPA” E IL "FEMMINISMO" BY CARLOTTA VAGNOLI E VALERIA FONTE? MOLTISSIMO: LA VIOLENZA, L’IDEOLOGIA TOSSICA, L’ACCONDISCENDENZA DI UNA CERTA STAMPA E DI QUEL MONDO EDITORIAL-GIORNALISTICO CHE HA TOLLERATO E SOSTENUTO, CON IMBARAZZANTE CONFORMISMO, QUALUNQUE NEFANDEZZA - E' UNA SVEGLIA PER CHI HA ALLISCIATO E POMPATO ACRITICAMENTE LA GALASSIA MOVIMENTISTA, CONVINTO CHE FOSSE LA PARTE GIUSTA DELLA STORIA - NON ERA NECESSARIO ARRIVARE ALL’IRRUZIONE DEI PRO-PAL E ALL’INCHIESTA DELLA PROCURA DI MONZA SU VAGNOLI-FONTE, PER CAPIRE QUANTA VIOLENZA SI NASCONDESSE DIETRO CERTI “ATTIVISTI” E I LORO METODI...

caltagirone milleri donnet nagel lovaglio giorgetti generali

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DEI “FURBETTI DEL CONCERTINO”? IL PRIMARIO OBIETTIVO DI ESPUGNARE IL “FORZIERE D’ITALIA”, ASSICURAZIONI GENERALI, ATTRAVERSO L’OPERAZIONE MPS-MEDIOBANCA, SI ALLONTANA SEMPRE PIÙ - L’ISCRIZIONE NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI DI LOVAGLIO, CALTAGIRONE E MILLERI HA INTERROTTO LA TRATTATIVA CHE ERA IN CORSO PER CONVINCERE L’AD DI GENERALI, PHILIPPE DONNET, IL CUI MANDATO SCADE FRA DUE ANNI, A RASSEGNARE LE DIMISSIONI. E L’IPOTESI CHE POSSANO IN CDA SFIDUCIARLO SEMBRA APPARIRE LONTANISSIMA - NEL MIRINO GIUDIZIARIO È FINITO ANCHE IL RUOLO DETERMINANTE DELLE CASSE DI PREVIDENZA, ENPAM (MEDICI), ENASARCO (AGENTI DI COMMERCIO), FORENSE (AVVOCATI), PER LEGGE VIGILATE DAL GOVERNO - ANCHE SE I “CONCERTI OCCULTATI” NON SONO CERTO UNA NOVITÀ PER IL MERCATO, LA SCALATA MEDIOBANCA COLPISCE IN QUANTO È LA PRIMA VOLTA CHE, A SUPPORTO DI PRIVATI, C’È DI MEZZO IL SOSTEGNO DELL'ARMATA BRACAMELONI CHE DOVREBBE OCCUPARSI DELL’INTERESSE PUBBLICO ANZICHÉ RIBALTARE I POTERI DELLA FINANZA ITALIANA...

giorgia meloni matteo salvini vladimir putin

DAGOREPORT - A CHE SERVE QUEL FIGLIO DI PUTIN DI SALVINI? SERVE ECCOME A GIORGIA MELONI PER APPARECCHIARE, AL DI LÀ DELLE FRONTIERE, IL MIRACOLO DEL SUO CAMALEONTISMO - SE, IN CASA, LADY MACBETH DE’ NOANTRI GETTEREBBE QUEL ROMPICAZZO DELLA LEGA OGNI GIORNO DAL BALCONE DI PALAZZO CHIGI, IN POLITICA ESTERA IL COPIONE CAMBIA E IL SUO DISPREZZO SI TRASFORMA IN AMORE - C’È DA VOTARE IN PARLAMENTO IL DECRETO SULLA FORNITURA DI ARMI A KIEV? MANCA SOLO L’ITALIA PER RATIFICARE IL MES PER GARANTIRE I PAESI EUROPEI DAI RISCHI CHE POTREBBERO DERIVARE DALL'UTILIZZO DEGLI ASSET RUSSI CONGELATI? VOILÀ, FIATO ALLE TROMBE! ECCO FARSI AVANTI L’ ANTI-EUROPEISMO DEL ‘’PATRIOTA’’ ORBANIANO SALVINI CHE SI RIVELA UN OTTIMO SCHERMO PER LA MELONA PER PIAGNUCOLARE SULLA SPALLA DI URSULA VON DER LEYEN: ‘’NON È COLPA MIA… PURTROPPO HO UN ALLEATO DI GOVERNO CHE È UN PAZZO IRRIDUCIBILE E NON POSSO CORRERE IL RISCHIO DI FAR CADERE IL GOVERNO…BLA-BLA-BLA…”