mike pence donald trump

“SEI TROPPO ONESTO, CENTINAIA DI MIGLIAIA DI PERSONE TI ODIERANNO. LA GENTE PENSERA' CHE TU SIA UN IDIOTA” – MIKE PENCE, EX VICE DI TRUMP E UNICO VERO ARGINE AL TENTATIVO DI "MCDONALD" DI RIBALTARE LE ELEZIONI AMERICANE DEL 2020, RACCONTA IN UN LIBRO COSA GLI DISSE IL PRESIDENTE: "SARAI RICORDATO COME UN CODARDO' - FUORI GRIDAVANO IMPICCATE PENCE. GLI RAMMENTAI CHE..."

Testo di Mike Pence pubblicato da “La Stampa”

 

SO HELP ME GOD - LIBRO DI MIKE PENCE

Tredici giorni dopo le elezioni del 2020, pranzai con il presidente Trump. Gli dissi che se i suoi ricorsi legali non avessero portato a niente, avrebbe potuto semplicemente accettare l'esito delle elezioni, procedere con la transizione e il passaggio di consegne, e prepararsi a un ritorno politico vincendo il ballottaggio in Georgia per il Senato, la corsa per la poltrona di governatore della Virginia nel 2021 e conquistare la Camera e il Senato nel 2022.

 

A quel punto, nel 2024 avrebbe potuto candidarsi alla presidenza e vincere. Mi parve distaccato, forse anche sfinito: «Non so il 2024 è così lontano». In una telefonata del 5 dicembre, il presidente per la prima volta parlò di mettere in discussione i risultati elettorali davanti al Congresso.

 

MIKE PENCE, LA MOGLIE KAREN E LA FIGLIA DURANTE L'ASSALTO AL CONGRESSO USA

A metà dicembre, su Internet pullulavano le congetture sul mio ruolo. Un irresponsabile spot televisivo di un gruppo che si fa chiamare Lincoln Project ipotizzò che quando mi avessero chiamato a presiedere l'assembla generale del Congresso per procedere alla conta dei voti si sarebbe dimostrato che io sapevo che «era finita» e che, assolvendo al mio dovere costituzionale, avrei inferto il colpo di grazia alla rielezione del presidente. 

 

mike pence al congresso

Da quel che mi risulta, quella fu la prima volta che qualcuno alluse al fatto che ero in grado di alterare il risultato elettorale. Si trattava di un'affermazione antipatica, studiata apposta per irritare il presidente. E funzionò. Durante una riunione di gabinetto, a dicembre, il presidente Trump mi disse che lo spot «mi metteva in cattiva luce». 

 

Risposi che non rispondeva a verità: io avevo appoggiato in pieno i ricorsi legali contro i risultati elettorali e avrei continuato a farlo. Il 19 dicembre il presidente alluse a una manifestazione a Washington il 6 gennaio. Pensai che sarebbe stata utile per attirare l'attenzione sui ricorsi. Avevo appena parlato con un senatore dell'importanza di esprimere preoccupazioni sul risultato elettorale davanti al Congresso e al popolo americano. 

mike pence

 

Il 21 dicembre, alla Casa Bianca Jim Jordan, rappresentante dell'Ohio per il partito repubblicano, guidò i legislatori in una discussione sui piani finalizzati a presentare ricorso. Promisi che tutte le obiezioni debitamente presentate sarebbero state accolte e discusse.

 

Il 23 dicembre, salii a bordo dell'Air Force Two con la mia famiglia per andare a trascorrere il Natale con alcuni amici. Mentre sorvolavamo l'America, il presidente Trump ritwittò un articolo intitolato "Operation Pence Card", nel quale si accennava alla teoria secondo cui, nel caso in cui fosse fallita ogni altra iniziativa, il 6 gennaio avrei potuto modificare l'esito delle elezioni. Lo mostrai a mia moglie Karen, e lei sollevò gli occhi al cielo.

 

mike pence e nancy pelosi al congresso

(...) Molto presto, la mattina del primo dell'anno, il telefono squillò. Il rappresentante del Texas Louie Gohmert e altri repubblicani avevano sporto denuncia chiedendo a un giudice federale di dichiarare che io avevo «la facoltà e l'autorità esclusiva» di decidere quali voti elettorali dovessero essere contati. 

 

Il presidente disse che quella mattina non aveva intenzione di ritrovarsi a leggere un titolo come "Pence si oppone alla denuncia di Gohmert". Gli dissi che mi ero opposto. «Se te ne è concessa facoltà - proseguì - perché mai dovresti opporti?». Gli risposi, come avevo già fatto in molte occasioni, che non credevo di avere quell'autorità in base alla Costituzione. «Sei troppo onesto - mi rimproverò -. Centinaia di migliaia di persone ti odieranno. La gente penserà che tu sia un idiota». (...)

 

caos a washington

Il 4 gennaio, Mark Meadows, capo dello staff del presidente, mi convocò allo Studio Ovale per incontrare un lungo elenco di partecipanti, tra cui il giurista John Eastman. Ascoltai con il dovuto rispetto quando Eastman sostenne che avrei dovuto modificare la procedura che prevede di aprire e contare i voti elettorali in ordine alfabetico, lasciando per ultimi i cinque stati in ballo. 

 

la bandiera confederale al congresso

Eastman dichiarò che avevo la facoltà di rispedire indietro i voti agli Stati fino a quando ciascuna legislatura non avesse certificato quali voti contestati erano accettabili. Avevo già confermato che non vi erano voti contestati. Eastman ribadì più volte la sua tesi, dicendo che si trattava solo di una teoria legale.

 

mike pence al congresso certifica la vittoria di biden

Gli chiesi: «Pensa che io abbia la facoltà di respingere i voti contestati?». «Be', non se ne è mai parlato in un tribunale; quindi, penso che sia una questione aperta», balbettò. A quel punto mi girai verso il presidente, che era distratto, e dissi: «Signor Presidente, ha sentito? Perfino il suo avvocato non pensa che io abbia l'autorità di contestare i risultati elettorali». Il presidente annuì. Mentre Eastman si sforzava di spiegare meglio le cose, il presidente rispose: «Preferirei il contrario». (...) 

mike pence donald e melania trum p

 

Il 5 gennaio ricevetti una telefonata urgente: il presidente voleva vedermi allo Studio Ovale. I suoi legali, Eastman incluso, volevano che io respingessi i voti contestati. (...) Proprio prima di andare a coricarmi, vidi che il comitato elettorale di Trump aveva rilasciato una dichiarazione.

 

Il New York Times riferiva che avevo detto al presidente che non credevo di avere la facoltà di fermare l'autenticazione del risultato elettorale da parte del Congresso. Era vero, ma la dichiarazione diceva che si trattava di "fake news".

 

mike pence donald trump

Ebbi subito l'impressione che il 6 gennaio 2021 sarebbe stato un giorno lunghissimo. L'indomani mi alzai presto e mi misi a scrivere una dichiarazione per il Congresso. Poco dopo le 11 squillò il telefono. Era il presidente. Gli dissi che «malgrado il comunicato stampa che ha reso noto ieri sera, sono sempre stato lealmente dalla sua parte». 

 

Gli ripetei che non credevo di avere la facoltà di decidere quali voti potevano essere ammessi e quali no, e gli dissi che avrei inviato al Congresso un comunicato di conferma, prima che avesse inizio l'assemblea plenaria. 

donald trump nancy pelosi mike pence

 

Il presidente si scagliò contro di me. «Sarai ricordato alla stregua di un codardo. Se lo fai, cinque anni fa ho commesso un errore madornale!». Quando però disse «non stai proteggendo il nostro Paese! Dovresti sostenerlo e difenderlo!», gli rammentai con calma che avevamo «entrambi giurato di sostenere e difendere la Costituzione».

 

(...) Mentre il nostro corteo di auto arrivava in Campidoglio, vidi migliaia di manifestanti attendere tranquillamente sul prato Est e provai compassione per tutte quelle brave persone che avevano raggiunto Washington perché era stato detto loro che il risultato elettorale poteva essere ribaltato. 

 

assalto capitol hill.

Quando entrammo, applaudirono. Mi girai verso mia figlia e le dissi con un sospiro: «Che Dio li benedica. Rimarranno così delusi». Non avevo idea che a un isolato di distanza, sul lato Ovest del Campidoglio, si fosse formato quello che in seguito sarebbe stato descritto come un "muro di persone". 

 

Mentre facevo strada ai senatori al piano della Camera, l'atmosfera era solenne. Non c'era nessun segnale o indizio del caos che si stava scatenando fuori. (...) Quaranta minuti dopo, mentre parlava il repubblicano James Lankford dell'Oklahoma, la parlamentare del Senato Elizabeth MacDonough, seduta a poca distanza da me, si sporse in avanti e mi sussurrò: «Signor vicepresidente, i manifestanti hanno fatto irruzione sfondando le porte dell'edificio al primo piano. Volevo solo informarla». 

nancy pelosi durante l assalto a capitol hill

 

Un uomo della mia scorta dei servizi segreti entrò in Senato, venne dritto verso di me e mi disse: «Signor vicepresidente, dobbiamo andare via». Confidando nel fatto che la polizia del Campidoglio degli Stati Uniti avrebbe preso subito il controllo della situazione, gli dissi che avremmo atteso nell'ufficio accanto, riservato a me in qualità di presidente del Senato.

 

Timothy Giebels, agente capo della mia scorta, entrò in quell'ufficio affollato e mi disse subito: «Signore, dobbiamo portarla immediatamente fuori dall'edificio». I manifestanti, che avevano fatto irruzione sfondando le porte del Campidoglio dal lato della Camera, si stavano dirigendo verso il Senato.(...) Dissi agli agenti della scorta che non avrei abbandonato il mio posto. Giebels insistette affinché andassi via. I facinorosi raggiunsero il nostro piano.

 

il nuovo video sull assalto a capitol hill 1

Gli puntai un dito sul petto e gli dissi: «Lei non mi sta ascoltando. Io non me ne vado. Non permetterò che questa gente assista alla fuga dal Campidoglio di un corteo di 16 automobili». «Ok» rispose, con un tono di voce che chiaramente intendeva che non era affatto ok. «In ogni caso, non possiamo restare qui.

 

Questo ufficio ha porte di vetro e non possiamo proteggerla». A quel punto mia figlia Charlotte chiese: «Non c'è un altro posto nel quale mio padre possa andare, pur rimanendo sempre all'interno del Campidoglio?». Giebels rispose che potevamo dirigerci verso lo scarico merci e i garage, pochi piani più giù. Io acconsentii.

 

Trump - Assalto al Congresso

Le scale furono messe in sicurezza. Ci dirigemmo lentamente nell'atrio. Tutto attorno a noi c'era un turbinio convulso e caotico: gli agenti della sicurezza e delle forze dell'ordine davano indicazioni alle persone, i funzionari gridavano e correvano al sicuro. Sentii passi frenetici e cori rabbiosi. (...) Giebels iniziò a farmi strada verso le auto, ma io mi fermai e dissi: «Non salirò a bordo».

 

Trump - Assalto al Congresso

In garage non c'era una televisione, quindi la mia scorta mi mise al corrente della situazione usando le radio della polizia e Twitter. Zach Bauer, il mio imperturbabile assistente, mi si avvicinò un po' imbarazzato e mi porse il suo telefono. Alle 14.24 il presidente aveva spedito il seguente tweet: «Mike Pence non ha avuto il coraggio di fare quello che andava fatto per proteggere il nostro Paese e la nostra Costituzione, dando agli stati la possibilità di autenticare una serie di correzioni, non i voti fraudolenti o inaccurati che era stato loro chiesto di autenticare in precedenza. Gli Stati Uniti d'America esigono la verità». 

Trump - Assalto al Congresso

 

I facinorosi stavano mettendo a soqquadro il Campidoglio. Più tardi mi fu riferito che stavano gridando «Impiccate Mike Pence». Ignorai il tweet e mi rimisi al lavoro. (..) Alle 14.38 fu chiaro che alla Casa Bianca avevano avuto la meglio le persone più lucide. 

 

Il presidente twittò: «Per favore, aiutate gli agenti della polizia del Campidoglio e delle forze dell'ordine. Loro stanno dalla parte del nostro Paese. State tranquilli!». (...) Alle 19, ci permisero di tornare nel mio ufficio. 

assalto al campidoglio

 

Quando l'assemblea riprese, cambiò tutto. Molti legislatori ritirarono il loro sostegno alle obiezioni che erano state presentate. Aldilà della violenza e della devastazione, i facinorosi del 6 gennaio erano riusciti a porre fine alle discussioni sulle irregolarità del voto. 

 

Intorno alle 3.40 di notte, la senatrice Amy Klobuchar del Minnesota lesse i risultati delle elezioni del 2020. L'11 gennaio incontrai il presidente. Appariva stanco, la voce era più debole del solito. «Come stai?», esordì. «Come stanno Karen e Charlotte?». Risposi freddamente che stavamo bene e gli dissi che il 6 gennaio anche loro si trovavano in Campidoglio. 

 

membri del three percenters durante l assalto al campidoglio

Con un pizzico di rammarico, rispose: «L'ho appena saputo». Poi mi chiese: «Hai avuto paura?». «No - risposi -. Ero arrabbiato. Quel giorno, presidente, lei e io abbiamo avuto delle divergenze e vedere quelle persone devastare il Campidoglio mi ha mandato su tutte le furie». (...) 

 

Il 14 gennaio, il giorno dopo che il presidente Trump fu messo sotto accusa per la seconda volta, feci visita allo Studio Ovale. La sera prima il presidente aveva denunciato senza mezzi termini le violenze in Campidoglio e aveva esortato tutti alla calma e all'unità nazionale. Mi congratulai per le sue parole. «Sapevo che ti sarebbero piaciute», disse. 

assalto al congresso usa

 

Mi parve scoraggiato, quindi gli rammentai che stavo pregando per lui. «Non disturbarti», disse. Mentre mi alzavo per congedarmi, disse: «È stato bello». «È stato un privilegio, signor presidente», risposi. «Sì, con te lo è stato». Mentre camminavo verso la porta, mi fermai, guardai il presidente negli occhi e gli dissi: «Immagino che non saremo d'accordo soltanto su due cose». «Quali?». Gli ricordai le nostre divergenze del 6 gennaio e poi dissi: «Inoltre, io non smetterò mai di pregare per lei». 

sostenitori di trump – assalto al congresso

 

Il presidente sorrise e disse: «Va bene. Non cambiare mai». *Mike Pence è stato vicepresidente degli Stati Uniti dal 2017 al 2021. Questo brano è un'anticipazione dal suo libro So Help Me God.

cronologia dell assalto a washington

Ultimi Dagoreport

la scala opera attilio fontana ignazio la russa daniela santanche santanchè matteo salvini

A PROPOSITO DI… QUANTO PIACE LA MATRICIANA ROMANA - IL FORFAIT DELLE ISTITUZIONI ALLA PRIMA DELLA SCALA, IVI COMPRESO LA SECONDA CARICA DELLO STATO, IL SICULO-MILANESE IGNAZIO LA RUSSA, HA SPINTO IL GOVERNATORE DEL PIRELLONE LOMBARDO, ATTILIO FONTANA, INDOSSATI I PANNI DI NOVELLO ALBERTO DA GIUSSANO A DICHIARARE: “ANCHE SE TUTTI APPREZZIAMO LA MATRICIANA, IL NORD DÀ FASTIDIO” – DÀ COSÌ FASTIDIO CHE NEL GOVERNO DELLA “PULZELLA” DELLA GARBATELLA, SIEDONO BEN 6 MINISTRI “LUMBARD” SU 24. E BEN 5 SONO DELLA LEGA – A RISPONDERE A FONTANA, CI HA PENSATO IL RODOMONTE DEL CARROCCIO, SALVINI: “TRA UNA MATRICIANA E UNA CARBONARA TROVI I SOLDI PER SISTEMARE LE CASE POPOLARI”…

pam bondi

DAGOREPORT - COME MAI L’INFORMAZIONE ITALICA SI È TOTALMENTE DISINTERESSATA DELLO SBARCO A ROMA DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, LA FOSFORESCENTE SESSANTENNE PAM BONDI, ARRIVATA CON TANTO DI AEREO DI STATO IL 10 DICEMBRE? - EPPURE LA FEDELISSIMA DI TRUMP NON SI È TENUTA NASCOSTA: HA ALLOGGIATO ALL’HOTEL ST. REGIS, SI E’ ATTOVAGLIATA AL BOLOGNESE DI PIAZZA DEL POPOLO, HA INCONTRATO AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DI VIA ARENULA CARLETTO NORDIO, HA AVUTO L'INESPRIMIBILE GIOIA DI CONOSCERE IL VICEPREMIER MATTEO SALVINI A UN RICEVIMENTO DELL'AMBASCIATORE USA IN ITALIA, TILMAN J. FERTITTA. E, FORSE, LA BEN DOTATA DALLA NATURA PAMELONA HA PURE INCOCCIATO IL MINISTRO PIANTEDOSI - MA DELLA “VACANZA ROMANA” DELL'ITALOAMERICANA CARISSIMA A TRUMP, NON SI REGISTRA MANCO UNA RIGA SUI GIORNALONI DE' NOANTRI - VABBE', A NATALE BISOGNA ESSERE BUONI: MAGARI ERANO TUTTI TROPPO IMPEGNATI A SEGUIRE LA FESTILENZA DI ATREJU DEI FRATELLINI DI GIORGIA…

john elkann theodore kyriakou leonardo maria del vecchio

DAGOREPORT - L’OSTACOLO PIÙ TOSTO DELLA TRATTATIVA IN CORSO TRA IL MAGNATE GRECO KIRIAKOU E JOHN ELKANN NON E' L'ACQUISIZIONE DEL GRUPPO GEDI BENSÌ COME “RISTRUTTURARE” UN ORGANICO DI 1300 DIPENDENTI, TRA TAGLI ALLE REDAZIONI LOCALI, PREPENSIONAMENTI E “SCIVOLI”, DI CUI CIRCA 280 GIORNALISTI FANNO CAPO A “REPUBBLICA” E ALTRI 170 A “LA STAMPA” - LA PARTITA SUL FUTURO DEL QUOTIDIANO TORINESE, ASSET CHE NON RIENTRA NEL PROGETTO DI KYRIAKOU, NON ACCELERA CON LA CORDATA VENETA MESSA SU DA ENRICO MARCHI - NEL CASO LA TRANSIZIONE ELLENICA NAUFRAGASSE, LEONARDINO DEL VECCHIO HA CONFERMATO DI ESSERE PRONTO: “NOI CI SIAMO” - “NOI” CHI? ESSENDO “QUEL RAGAZZO'' (COPY ELKANN), DEL TUTTO A DIGIUNO DI EDITORIA, I SOSPETTI DILAGANO SU CHI SI NASCONDE DIETRO LA CONTRO-OFFERTA CON RILANCIO DELL’AZIONISTA DELL’IMPERO DEL VECCHIO, IL CUI CEO MILLERI È STATO ISCRITTO NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI CON CALTAGIRONE E LOVAGLIO, PER LA SCALATA DI MPS SU MEDIOBANCA-GENERALI - E DA TORINO, AVVISANO LE REDAZIONI IN RIVOLTA DI ROMA E TORINO DI STARE ATTENTI: DALLA PADELLA GRECA RISCHIANO DI FINIRE NELLA BRACE DI CHISSÀ CHI...

nietzsche e marx si danno la mano venditti meloni veneziani

VIDEO! “ATREJU E’ IL LUOGO IN CUI NIETZSCHE E MARX SI DAVANO LA MANO, COME DIREBBE ANTONELLO VENDITTI” – GIORGIA MELONI CITA “COMPAGNO DI SCUOLA”, IL BRANO DATATO 1975 DEL CANTAUTORE DI SINISTRA. OVVIAMENTE MARX E NIETZSCHE NON SI DIEDERO MAI LA MANO, NÉ AD ATREJU NÉ ALTROVE. CIÒ È STATO ANCHE IMMAGINATO NELL’ULTIMO LIBRO DI MARCELLO VENEZIANI “NIETZSCHE E MARX SI DAVANO LA MANO”. LO SCRITTORE IPOTIZZA COME MISE EN SCÈNE CHE LA SERA DEL 5 MAGGIO 1882 I DUE SI SIANO TROVATI IN UNA LOCANDA DI NIZZA (DOVE ENTRAMBI PASSARONO). NON SI CAPISCE BENE SE LA MELONI CI ABBIA CREDUTO DAVVERO – VIDEO

giorgia meloni balla ad atreju

GIORGIA, ER MEJO TACCO DI ATREJU! - ZOMPETTANDO COME UN MISIRIZZI, LA MELONI CAMALEONTE HA MESSO IN SCENA CIO' CHE SA FARE BENISSIMO: IL BAGAGLINO DI CORBELLERIE (''QUESTO È IL LUOGO IN CUI NIETZSCHE E MARX SI DANNO LA MANO'') E DI SFOTTO' SU ELLY SCHLEIN: "IL CAMPO LARGO L'ABBIAMO RIUNITO NOI... CON IL SUO NANNIMORETTIANO 'MI SI NOTA DI PIÙ SE VENGO O STO IN DISPARTE O SE NON VENGO PER NIENTE' HA FATTO PARLARE DI NOI" -UBRIACA DI SE' E DEI LECCAPIEDI OSPITI DI ATREJU, HA SCODELLATO DUE ORE DI PARACULISSIMA DEMAGOGIA: NULLA HA DETTO SU LAVORO, TASSE, SANITA', ECC - IDEM CON PATATE SULLA GUERRA RUSSIA-UCRAINA, SUL CONFLITTO STATI UNITI-EUROPA, SUL RUOLO DEL GOVERNO SU DIFESA E IL RIARMO EUROPEO - IN COMPENSO, HA STARNAZZATO DI VITTORIE DEL GOVERNO MA  GUARDANDOSI BENE DI CITARE MINISTRI O ALLEATI; SI E' INFERVORATA PER IL PARTITO MA NON RICORDA CHE L’HA FONDATO CON CROSETTO E LA RUSSA ('GNAZIO E' STATO DEL TUTTO OSCURATO AD ATREJU) - "GIORGIA! GIORGIA!", GRIDA LA FOLLA - OK, L'ABBIAMO CAPITO: C’È UNA PERSONA SOLA AL COMANDO. URGE UN BALCONE PER LA NUOVA MARCHESA DEL GRILLO - DAGOREPORT+VIDEO 

elly schlein pina picierno stefano bonaccini giorgio gori lorenzo guerini giuseppe conte pd

NAZARENO, ABBIAMO (PIU’ DI) UN PROBLEMA - L’ASSEMBLEA PD DI DOMANI RISCHIA DI TRASFORMARSI IN UN BOOMERANG PER SCHLEIN: I DELEGATI DISERTANO, A RIDOSSO DI NATALE, NESSUNO SPENDE SOLDI E TEMPO PER VENIRE NELLA CAPITALE AD ASCOLTARE UNA RELAZIONE SENZA DIBATTITO – LA MOSSA DEI PRETORIANI DI ELLY PER SCONGIURARE LA SALA VUOTA ED EVITARE IL CONFRONTO IMPIETOSO CON MELONI CHE CONTEMPORANEAMENTE FARA’ IL PIENO A ATREJU – SORGI: “BONACCINI ENTRERA’ IN MAGGIORANZA MA SE I RIFORMISTI NON DOVESSERO RICEVERE RASSICURAZIONI SULLE LISTE ELETTORALI, IL RISCHIO DI UNA EVENTUALE SCISSIONE, SI FAREBBE PIÙ CONCRETO…”