mario draghi enrico letta

DI LETTA E DI GOVERNO - ENRICHETTO È ANDATO A PALAZZO CHIGI E SI È CHIARITO CON MARIO DRAGHI. IL PD NON MOLLA LA PROPOSTA DELLA TASSA DI SUCCESSIONE, CHE CONFLUIRÀ IN UN PACCHETTO DI RIFORMA FISCALE. MA COME POTRÀ STARE INSIEME ALLA FLAT TAX CHE INEVITABILMENTE PROPORRÀ SALVINI? - L’ALA CENTRISTA DEL PD INIZIA A MUGUGNARE PER LA STERZATA A SINISTRA…

1 - IL PREMIER RICUCE CON LETTA MA SULLE TASSE IL PD NON CEDE

Ilario Lombardo per “la Stampa”

 

draghi letta 1

Nella fatica quotidiana di gestire una maggioranza composta da avversari, litigiosa e molto mediatica, Mario Draghi ha già imparato a smussare gli spigoli del dibattito politico appena questo minaccia di infiammarsi. E cioè: ha imparato a concedere quando deve concedere. E così, ampiamente previsto e annunciato già da una cortese telefonata di una settimana fa, il faccia a faccia con il segretario del Pd Enrico Letta ha prodotto un chiarimento e una mediazione, offrendo all'opinione pubblica l'immagine di un'intesa che resta anche quando i due non la pensano allo stesso modo.

LA TASSA DI SUCCESSIONE PROPOSTA DA ENRICO LETTA - VIGNETTA DI KRANCIC

 

«In piena sintonia - parole di Letta - e senza che ci sia alcuna freddezza». La giornata sembra sin dal mattino nascere sotto i migliori auspici per il Pd. E la duttilità politica di Draghi fa in modo di assecondare questa lettura.

 

Mentre il ministro del Lavoro, il democratico Andrea Orlando e il collega alla Salute, leader di Leu, Roberto Speranza, incassano lo stralcio della norma sul massimo ribasso e si occupano di convincere il premier ad aprirsi a un maggiore coinvolgimento dei sindacati sul decreto Semplificazioni e sulla governance del Recovery fund, Letta arriva all'incontro con i compiti già fatti.

 

ENRICO LETTA MATTEO SALVINI

Poco prima del suo ingresso a Palazzo Chigi fissa una segreteria di partito in cui si discute di fisco nel quadro di una riforma organica, esattamente come vuole il presidente del Consiglio, dentro la quale però il segretario conferma la presenza della tassa di successione sui patrimoni oltre i 5 milioni di euro, destinata a fornire una dote di diecimila euro ai diciottenni.

 

Una settimana fa Draghi aveva ruvidamente liquidato la proposta per due motivi: perché considerata improvvisata e parziale, e perché non ne avevano mai discusso prima. Ieri si sono chiariti in «un lungo e proficuo colloquio», lo definisce Letta, nel quale sono stati affrontati tanti nodi, dalla riforma della giustizia a quella degli appalti e delle semplificazioni.

ENRICO LETTA IN BICICLETTA SUL LITORALE PISANO - PH MASSIMO SESTINI

 

E nel quale Letta ha potuto articolare meglio la proposta. La tassa resta, ribadisce, ma «confluirà in un pacchetto di proposte fiscali completo che il Pd presenterà al governo». E che durante la segreteria ha esposto il responsabile economico Antonio Misiani. Per Letta è urgente spiegare che l'idea di una tassa sui patrimoni milionari introdotta per aiutare i giovani non va considerata come isolata, ma inserita in un progetto complessivo di riforma che, spiega Misiani, punta a ridurre la pressione fiscale sotto i 55 mila euro.

MARIO DRAGHI - FILIPPO ANDREATTA - ENRICO LETTA

 

«Proporremo varie idee di riduzione delle tasse per il ceto basso e medio - spiega Letta in serata -. E tra queste proporremo l'aumento della tassa di successione per l'1% della popolazione italiana, il 99% non sarà toccato da questi aumenti». Una precisazione che serve a Letta per placare i timori della parte del Pd che teme la virata a sinistra, nonostante sui temi della giustizia sociale il segretario dica di sostenere queste idee «da almeno tre anni».

 

antonio misiani giuseppe conte

Nessun timore a sfidare le rendite dei super ricchi, convinto, come dice anche al premier, che sia una ricetta economica molto liberale. Il resto non cambia: progressività, equità, lotta all'evasione. Sul fisco però concede a Draghi un aggiustamento di metodo. «Sarà condiviso. Noi portiamo le nostre idee poi troviamo la sintesi». Una questione di metodo che secondo il premier, già alle prese con i distinguo e i comizi infiniti di Matteo Salvini, è sostanziale.

MARIO DRAGHI ED ENRICO LETTA FOTO INFOPHOTO

 

Ma sarà compito di Draghi, secondo Letta, farsi garante di quella sintesi. Perché lealtà vuole, sostiene il segretario con i membri della segreteria, che i partiti abbiano il dovere di «rivendicare la propria visione della società», e il Pd deve farlo proprio «per aiutare Draghi a non finire schiacciato sul rumore di fondo salviniano». Letta comprende la fatica dell'ex banchiere. Anche lui è stato premier di una maggioranza anomala ed eccezionale.

ENRICO LETTA MATTEO SALVINI

 

E da questo punto di vista non può che ribadirgli il «più assoluto sostegno» perché «il governo più europeista della storia non può che essere il governo del Pd». Letta e Draghi si conoscono da troppi anni, aggiungono fonti della segreteria del Nazareno, perché una «rappresentazione caricaturale» possa creare ostilità tra i due. E il silenzio di Salvini, aggiungono, è significativo.

ENRICO LETTA E MATTEO SALVINI

 

Dopo aver chiesto la cancellazione del codice degli appalti, il leghista ha esultato per la rimozione dal decreto Semplificazioni del capitolo sul massimo ribasso, che però era stato chiesto con forza dalla sinistra e dai sindacati. Per Letta «un ottimo segnale». E una ragione in più per esultare, come lo è l'apertura ai sindacati nella governance del Recovery fund chiesta da Orlando, e «la piccola rivoluzione» che secondo il vicesegretario Giuseppe Provenzano rappresenta l'introduzione nel decreto della clausola per l'occupazione giovanile e femminile.

 

2 - IL PD BLINDA DRAGHI SULLE RIFORME «MA SUI TEMI DAREMO BATTAGLIA» - IL NUOVO CORSO "DI SINISTRA" PERÒ NON PAGA NEI SONDAGGI: I DEM DIETRO A FDI

MARIO DRAGHI ED ENRICO LETTA FOTO INFOPHOTO

Marco Conti per “il Messaggero”

 

«Lungo e proficuo colloquio a Chigi con Draghi. Sintonia piena e determinazione ad accelerare le riforme su giustizia, fisco, lavoro e semplificazioni che sono alla base del patto con l'Ue, riforme per le quali porteremo le nostre idee e troveremo le migliori sintesi. Avanti».

 

Affida ai social la sintesi dell'incontro mattutino con il presidente del Consiglio. Enrico Letta l'incontro lo aveva chiesto qualche giorno fa mentre infuriava lo scontro sul blocco dei licenziamenti e la polemica sulla patrimoniale per dare ai diciottenni diecimila euro.

antonio misiani

 

IL CANTIERE

Sul tavolo finiscono però anche le nomine nelle società pubbliche che molto hanno allarmato i 5S. Draghi fornisce a Letta lo schema che ufficializzerà poco dopo attraverso il ministero dell'Economia, e raccoglie le rassicurazioni del segretario del Pd che conferma la «totale adesione» all'agenda-Draghi e spiega che le proposte avanzate non vanno in conflitto con le iniziative del governo, ma rappresentano una sorta di completamento delle riforme in cantiere.

ENRICO LETTA - PH MASSIMO SESTINI

 

Tenere insieme la maggioranza e tenere insieme il Pd e una sinistra che comprende anche i 5S, sono compiti non facili ed è quindi normale che scatti tra i due una sorta di reciproca comprensione per il lavoro quotidiano. Resta però sullo sfondo il timore che quel legame possa alla lunga logorarsi e che alla fine Draghi possa rimanere stretto tra le proposte di Letta e quelle di Salvini.

 

Il presidente del Consiglio aveva messo nel conto l'arrivo di possibili turbolenze con l'avvicinarsi delle elezioni amministrative, ma le tensioni sono iniziate prima del previsto e rallentano il timing di applicazione del Recovery come accade con il decreto Semplificazioni già slittato di un paio di settimane. Letta ha spiegato a Draghi che intende riproporre la modifica della tassa di successione nelle riforma del fisco.

 

giuseppe conte roberto speranza

Ed è probabile che la Lega non sarà da meno e avrà tra i suoi punti irrinunciabili la flat tax. Alla fine una mediazione andrà trovata e non è detto che non possa finire come sul blocco dei licenziamenti dove l'iniziale proposta del Pd ha dovuto fare i conti con il muro di Confindustria. Marcare il profilo di sinistra del Pd è la missione che ha intrapreso Letta da quando è arrivato alla segreteria.

 

Una strategia che gli ha permesso di stabilizzare il partito legandolo all'alleanza non solo con Leu - scontata - ma anche con una parte del M5S. Un'intesa che verrà suggellata con il voto di Napoli, sempre che il candidato del centrosinistra, il ministro Manfredi, riesca nell'impresa e non si ripeta ciò che è già accaduto in Umbria.

ROBERTO SPERANZA MARIO DRAGHI

 

Un nuovo esperimento, benedetto da Giuseppe Conte e Roberto Speranza, ma che non convince tutto il Movimento che è ancora in mezzo al guado, senza un leader ufficiale e ancora alle prese con Casaleggio e la piattaforma Rousseau. Letta non intende però mollare. Nel Pd l'ala centrista inizia a mugugnare ma Letta è convinto che tutta la pattuglia ex renziana abbia poche chance fuori dal partito.

 

 LA ROTTURA

conte speranza

Eppure Forza Italia sta franando sotto la mole dei certificati medici che Silvio Berlusconi produce in Procura e il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro è riuscito laddove Conte ha fallito: sfilare una ventina di parlamentari a FI. «Mai stata freddezza con Draghi» rassicura Letta, intervistato da Zapping in serata.

 

E in effetti anche al presidente del Consiglio è utile mantenere uno stretto legame con i partiti della maggioranza. Infatti non è mai sfuggito alla richiesta di incontro sia con Letta, che è salito di recente già due volte a Palazzo Chigi, sia con Salvini. Nessuno dei due leader ha la forza per intestarsi una rottura, ma anche a Draghi la narrazione dell'uomo solo al comando non piace e non solo perché i provvedimenti decisi a palazzo Chigi debbono poi necessariamente passare per il Parlamento. Stando ai sondaggi di Alessandra Ghisleri diffusi da Porta a Porta, la strategia a sinistra di Letta non ha per ora portato nulla al Pd, anzi. La Lega di Salvini resta primo partito (21,8%), il Pd è terzo (18,8%) scavalcato dalla Meloni (19%) e il M5S quarto (15,5%).

Ultimi Dagoreport

villa casa giorgia meloni antonio tajani matteo salvini

DAGOREPORT - AH, CHE STREGONERIA È IL POTERE: TRAFIGGE TUTTI. SOPRATTUTTO I PARVENU. E COSÌ, DA PALAZZO GRAZIOLI, CHE FU LA SEDE INFORMALE DI GOVERNO E DI BUNGA-BUNGA DI BERLUSCONI PREMIER, SIAMO PASSATI A "VILLA GRAZIOLI" CON LA NUOVA DOVIZIOSA DIMORA DELL’EX ABITANTE DELLA GARBATELLA, DOVE OCCUPAVA CON MADRE E SORELLA DUE DISGRAZIATE CAMERE E CUCINA - UN IMMOBILE CHE STA SOLLEVANDO UN POLVERONE DI POLEMICHE: VILLA O VILLINO? COL SOLITO AGOSTINO GHIGLIA CHE AVREBBE SOLLECITATO GLI UFFICI DELLA PRIVACY DI TROVARE UN MODO PER LIMITARE LE INFORMAZIONI DA RENDERE PUBBLICHE ALLA CAMERA, IN RISPOSTA A UN’INTERROGAZIONE DELLA BOSCHI SULLA RISTRUTTURAZIONE DELLA VILLA – LA SINDROME DI "IO SO' GIORGIA E NUN ME FIDO DE NESSUNO!" HA POI TRASFORMATO LA MAGIONE NEL SUO BUNKER PERSONALE, LONTANO DAGLI SGUARDI E ORECCHIE INDISCRETE CHE INFESTANO PALAZZO CHIGI - TUTTO BENE QUANDO VENGONO CHIAMATI A RAPPORTO I SUOI FEDELISSIMI, MOLTO MENO BENE QUANDO TOCCA AGLI ALTRI, AGLI “ESTRANEI” DELLA CONVENTICOLA MELONIANA. DAL CENTRO DI ROMA PER RAGGIUNGERE “VILLA GRAZIOLI” CI VOGLIONO, IN LINEA D’ARIA, BEN 40 MINUTI DI MACCHINA. ANCHE DOTATI DI SIRENE E LAMPEGGIANTI, È “UN VIAGGIO”…. - VIDEO

simone canettieri giorgia arianna meloni

DAGOREPORT - MASSÌ, CON I NEURONI SPROFONDATI NELLA IRRITABILITÀ PIÙ SCOSSA, ARIANNA MELONI AVEVA URGENTE BISOGNO, A MO’ DI SOLLIEVO, DELL’ARTICOLO DI DEBUTTO SUL “CORRIERONE” DI SIMONE CANETTIERI - MESSA DALLA SORELLA GIORGIA A CAPO DELLA SEGRETERIA DI FDI, ARIANNA NON NE HA AZZECCATA UNA - ALLA PARI DI QUALSIASI ALTRO PARTITO DI MASSA, OGGI FDI SI RITROVA ATTRAVERSATO DA UNA GUERRIGLIA INTESTINA FATTA DI COLPI BASSI, RIPICCHE E SPUTTANAMENTI, INTRIGHI E COMPLOTTI – DALLA SICILIA (CASINO CANNATA-MESSINA) A MILANO (AFFAIRE MASSARI-LA RUSSA), FINO AL CASO GHIGLIA-RANUCCI, DOVE IL FILO DI ARIANNA SI È ATTORCIGLIATO PERICOLOSAMENTE INTORNO AL COLLO - CHE LA SORELLINA NON POSSIEDA LA ‘’CAZZIMMA’’ DEL POTERE, FATTA DI SCALTREZZA E ESPERIENZA, SE N'E' AMARAMENTE ACCORTA ANCHE LA PREMIER. E PUR AMANDOLA PIÙ DI SE STESSA, GIORGIA L’AVREBBE CHIAMATA A RAPPORTO PER LE SCELTE SBAGLIATE: SE IL PARTITO VA AVANTI COSÌ, RISCHIA DI IMPLODERE… - VIDEO

carlotta vagnoli flavia carlini

COME SIAMO POTUTI PASSARE DA ELSA MORANTE E MATILDE SERAO A CARLOTTA VAGNOLI? È POSSIBILE CHE SI SIA FATTO PASSARE PER INTELLETTUALI DELLE FEMMINISTE INVASATE CHE VERGAVANO LISTE DI PROSCRIZIONE ED EVOCAVANO METODI VIOLENTI E LA GOGNA PUBBLICA DIGITALE PER “FARE GIUSTIZIA” DEI PROPRI NEMICI? LA CHIAMATA IN CORREITÀ DEL SISTEMA EDITORIALE CHE HA UTILIZZATO QUESTE “VEDETTE” LETTERARIE SOCIAL DA MILIONI DI FOLLOWER PER VENDERE QUALCHE COPIA IN PIÙ – VAGNOLI PUBBLICA PER EINAUDI, FLAVIA CARLINI HA VERGATO UN ROMANZO INCHIESTA SULL’ITALIA DEL GOLPE INFINITO PER SEM (FELTRINELLI) . MA SULLA BASE DI COSA? BASTA AVERE UN MINIMO SEGUITO SOCIAL PER ESSERE ACCREDITATI COME SCRITTORI O DIVULGATORI?

silvia salis giorgia meloni elly schlein matteo renzi

DAGOREPORT - IN ITALIA, DOPO TANTI OMETTI TORVI O INVASI DI VANITÀ, SI CERCANO DONNE FORTI. DONNE COL PENSIERO. DONNE CHE VINCONO. E, NATURALMENTE, DONNE IN GRADO DI COMANDARE, CAPACI DI TENER TESTA A QUELLA LADY MACBETH DELLA GARBATELLA CHE DA TRE ANNI SPADRONEGGIA L’IMMAGINARIO DEL 30% DEGLI ELETTORI, ALIAS GIORGIA MELONI - IERI SERA ABBIAMO ASSISTITO ATTENTAMENTE ALLA OSPITATA DI SILVIA SALIS A “OTTO E MEZZO”, L’EX LANCIATRICE DI MARTELLO CHE DALLA LEOPOLDA RENZIANA E DAL CONI DELL’ERA MALAGÒ HA SPICCATO IL VOLO NELL’OLIMPO DELLA POLITICA, SINDACO DI GENOVA E SUBITO IN POLE COME LEADER CHE SBARACCHERÀ ELLY SCHEIN E METTERÀ A CUCCIA LA CRUDELIA DE MON DI COLLE OPPIO - DOPO MEZZ’ORA, PUR SOLLECITATA DA GRUBER E GIANNINI, CI SIAMO RITROVATI, ANZICHÉ DAVANTI A UN FUTURO LEADER, DAVANTI A UNA DONNA CHE DAREBBE IL PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA ALL'AUTORE DE "IL MANUALE DELLA PERFETTA GINNASTICATA" - ECCITANTE COME UN BOLLETTINO METEO E LA PUBBLICITÀ DI TECHNO-GYM, MELONI PUO' DORMIRE SONNI TRANQUILLI - VIDEO

john elkann donald trump

DAGOREPORT – ITALIA, BYE BYE! JOHN ELKANN NON NE PUÒ PIÙ DI QUESTO DISGRAZIATO PAESE CHE LO UMILIA SBATTENDOLO PER 10 MESI AI "SERVIZI SOCIALI", COME UN BERLUSCA QUALSIASI, E STUDIA LA FUGA NEGLI STATI UNITI - PRIMA DI SPICCARE IL VOLO TRA LE BRACCIA DEL SUO NUOVO IDOLO, DONALD TRUMP, YAKI DEVE LIBERARSI DELLA “ZAVORRA” TRICOLORE: CANCELLATA LA FIAT, TRASFORMATA IN UN GRUPPO FRANCESE CON SEDE IN OLANDA, GLI RESTANO DUE GIORNALI, LA FERRARI E LA JUVENTUS – PER “LA STAMPA”, ENRICO MARCHI È PRONTO A SUBENTRARE (MA PRIMA VUOLE SPULCIARE I CONTI); PER “REPUBBLICA”, IL GRECO KYRIAKOU È INTERESSATO SOLO ALLE REDDITIZIE RADIO, E NON AL GIORNALE MANGIASOLDI E POLITICAMENTE IMPOSSIBILE DA GOVERNARE) - DOPO IL NO DI CARLO FELTRINELLI, SAREBBERO AL LAVORO PER DAR VITA A UNA CORDATA DI INVESTITORI MARIO ORFEO E MAURIZIO MOLINARI – SE IL CAVALLINO RAMPANTE NON SI TOCCA (MA LA SUA INETTA PRESIDENZA HA SGONFIATO LE RUOTE), PER LA JUVENTUS, ALTRA VITTIMA DELLA SUA INCOMPETENZA, CI SONO DUE OPZIONI IN BALLO…