giorgia meloni massimo giannini

MELONI MARCI – GIANNINI AL MASSIMO: “IL GOVERNISSIMO DELLA ‘MAMMA DI FERRO’ È RIDOTTO A UN GOVERNICCHIO IN AFFANNO E IN BOLLETTA. MA QUELLO CHE COLPISCE È L’ISTERISMO PSICO-POLITICO NEL QUALE MELONI STA RAPIDAMENTE SCIVOLANDO: SI SENTE CIRCONDATA, INSIDIATA, MINACCIATA. VEDE NEMICI OVUNQUE - SE NON FOSSE PER UN’OPPOSIZIONE INESISTENTE, IL GOVERNO DELLE TRE DESTRE GIÀ OGGI APPARIREBBE QUASI IN UNO STATO DI PRE-CRISI - MA ANCHE L’ASSENZA DI ALTERNATIVE, IN FONDO, NON È POI QUESTA VERA POLIZZA VITA. IN QUESTA ITALIA SPAIATA E SGUAIATA, ALLA FINE, UN’ALTERNATIVA C’È SEMPRE. MAGARI IL SOLITO GOVERNO TECNICO….”

Massimo Giannini per “La Stampa”  - Estratto

 

GIORGIA MELONI

Dopo aver fatto finta di niente per settimane, ora la premier si affaccia su questo abisso con lo sguardo vitreo e il tono aspro dell’ora più grave. Come Macbeth, si sente circondata, insidiata, minacciata. Vede nemici ovunque, salire tra le foglie della foresta di Birnam e cingere d’assedio Palazzo Chigi, che lei stessa ha trasformato nella sua Dunsinane.

 

Fa effetto vedere quel drammatico videomessaggio alla nazione che la presidente del Consiglio, dopo l’ennesima giornata di passione e di caos, ha postato in tutta fretta venerdì sera, mandando di traverso la cena agli italiani seduti a tavola.

 

Rispolverando il trito repertorio cattivista e complottista della vecchia “destra nazionale”, Meloni non si limita a dichiarare guerra ai migranti. Non si accontenta di annunciare la solita gragnola di “misure straordinarie” e posture securitarie contro i poveri disgraziati che cercano fortuna in Europa. Promette il pugno di ferro a chi fugge da persecuzioni, dittature, carestie.

 

massimo giannini

Per “difendere Dio”, mortifica gli Uomini. Non provate a venire in Italia, perché “sarete trattenuti e rimpatriati”. Non pensiate di trovare pace nel nostro territorio, perché sarete rinchiusi in “spazi facilmente perimetrabili e sorvegliabili”. Ha detto proprio così, dei nuovi centri di rimpatrio da costruire al più presto, “facilmente perimetrabili e sorvegliabili”, come i campi di concentramento del bel tempo che fu. Volendo, ci sarebbe da scrivere un trattato storico-etico-giuridico sul merito di questi proclami da trucido Law and order.

 

Su queste parole usate come pietre, per nutrire ancora una volta la paura, che è l’esatto contrario di quello che giustamente ha invocato il presidente della Repubblica Mattarella all’Assemblea di Confindustria.

 

[…]

giorgia meloni

 

Come se bastasse la visita di Von der Leyen a Lampedusa a far fare all’Unione il sussulto che manca da troppi anni. Come se la Germania e la Francia non ci avessero appena punito, bloccando i ricollocamenti secondari dei profughi o blindando le frontiere a Ventimiglia. Come se la Tunisia di Saied non avesse appena sbugiardato la truffa del nuovo Piano Mattei, di cui le nostre diplomazie cianciano a sproposito da troppi mesi.

 

Ma al di là di tutto questo, quello che colpisce è l’isterismo psico-politico nel quale Meloni e la sua maggioranza stanno rapidamente scivolando. Quello che fa dire a lei che il nostro fantasmatico Patto per il Sahel è boicottato da “un’altra parte dell’Europa che va in direzione opposta alla nostra” (sarà l’Ungheria di Orban, al quale lei stessa ha baciato l’anello solo quattro giorni fa). Che il fantomatico progetto sui migranti è “intralciato da interessi ideologici” (non meglio attribuiti né precisati). Che la “pressione insostenibile” di oggi è causata dagli orrori dei “governi immigrazionisti del passato” (qualunque cosa significhi).

 

giorgia meloni

Oppure il vittimismo da sindrome della congiura che fa delirare il mai domo Giovanni Donzelli, convinto che i Fratelli d’Italia siano “sotto attacco”, aggrediti da “lobbisti e gruppi di pressione economici potenti” (senza fare un solo nome e cognome né spiegare perché, dove, come e quando oscure “menti raffinatissime” starebbero tramando alle spalle dei patrioti).

 

Oppure, ancora, il complottismo d’accatto che fa dire a Salvini che “centinaia di barchini sono un atto di guerra contro il governo”. O infine l’irredentismo frustrato dei leghisti, che fa dire al mai pago Calderoli che “così non si può andare avanti”, e che “quando c’era Salvini certe cose non succedevano”.

 

giorgia meloni

Opinionisti, osservatori e commentatori più o meno addomesticati al “nuovo che arretra” concordano: è tutto normale, siamo già in campagna elettorale. Ed è vero. Come è vero che il governissimo della “mamma di ferro” - ridotto a governicchio in affanno e in bolletta, tra una recessione che avanza e un’inflazione che morde - cerca di riempire in altro modo la pancia del Paese che l’ha votato.

 

 Cioè, al posto dell’amata Flat tax o della sognata Quota 103, propina ai delusi la solita minestra rancida dell’ideologia e dell’identità da proteggere. Facendo scorrazzare i soliti, stracchi cavalli di battaglia sulle praterie del consenso tradito, quello di chi pascolava nei campi hobbit in attesa della rivoluzione sovranista della Far Right tricolore e invece adesso si ritrova a baciare l’anello della Vestager o a pietire un incontro con Stoltenberg.

 

Ma il punto vero è un altro. Per le Europee si vota a giugno. E dunque questa campagna elettorale già iniziata, secondo quello che si vede e si dice, può davvero durare per i prossimi nove mesi? Può reggere una coalizione in cui si litiga e si recita a soggetto, e in cui in fondo le uniche cose fatte e rivendicate sono solo la risposta dispotica e nevrotica alle emergenze di un momento, dal Decreto Rave al Decreto Cutro, dal Decreto Caivano al Decreto Banche?

 

giorgia meloni

Meloni sembra averlo capito. E forse il suo nervosismo nasce proprio da questa consapevolezza. Storture istituzionali, disinvolture familistiche e brutture normative, le stanno costando il logoramento interno e l’isolamento internazionale. Il disincanto della platea di Cernobbio è stato il preambolo, al quale lei stessa si è consapevolmente sottratta. La freddezza dell’assemblea confindustriale, cui ha fatto da contrappunto la standing ovation per il Capo dello Stato, è stato il suggello.

 

Il disastro dei migranti è solo uno degli epifenomeni sui quali la destra pattina, scivola, cade. L’economia pesa ancora di più. Pesa la totale miopia nella gestione della riforma del Patto di stabilità e nell’attuazione del Pnrr, pesano i borborigmi di Giorgetti sulla notifica per Ita e sulla ratifica del Mes. E pesa appunto il decreto sulla tassazione degli extra-profitti delle banche, che ha aperto una faglia profonda nel rapporto con la business community e i mercati finanziari.

 

giorgia meloni

Rivendicato dal sottosegretario e plenipotenziario Fazzolari come il giusto tributo che toglie ai ricchi per dare ai poveri, quel pastrocchio di decreto ha mostrato la faccia feroce del populismo d’accatto dei Robin Hood de’ Noantri, che non sanno scrivere le leggi statali perché non conoscono i bilanci aziendali. E non capiscono che quella norma così malfatta, come gli avrebbe spiegato la Vigilanza di Bankitalia, se solo l’avessero prima consultata - fa il solletico a giganti come Intesa e UniCredit, ma manda in crisi almeno quattro banche minori che ora rischiano di saltare.

 

Ma questo strappo ha dato anche alla Bce e ai mercati la prova di un’inaffidabilità di fondo, che rischiamo di pagare cara anche in termini di spread. Soprattutto se a completare il pasticcio si aggiungerà anche il decreto sugli Npl, i crediti deteriorati delle banche, che ministri incompetenti smerciano come panacea per le piccole imprese, e che invece rischia di bloccare un sistema di pulizia degli asset creditizi che vale più di 300 miliardi.

 

giorgia meloni

L’America oggi ha altro da pensare che a noi. …… La stessa Europa, per quanto inconcludente e inefficiente, sta passando rapidamente dalla curiosità alla perplessità. Questa Italietta meloniana tornata nuovamente autarchica e indisciplinata pare poco affidabile, se a Bruxelles scelgono di costruirle intorno una specie di cordone sanitario, affidando incarichi importanti a due ex premier come Enrico Letta e Mario Draghi. Anche loro, con tutta probabilità, verranno visti da Macbeth come un altro pezzo di foresta di Birnam, che muove subdola verso la Capitale e circonda la fortezza di Chigi.

 

giorgia meloni

Non sappiamo se la Sorella d’Italia si renda conto di tutto questo. Vediamo però che il controllo le sfugge sempre più spesso. Vediamo che è stretta in un angolo, e che per uscirne sbaglia tutte le mosse, attaccando nemici invisibili (come i “governi immigrazionisti”) o fabbricando nemici visibili (come Paolo Gentiloni).

 

Diciamo la verità: a dispetto di quello che abbiamo sempre sostenuto in questi mesi, il governo delle tre destre non è affatto al sicuro, ed è molto meno stabile di quel che si immaginava. Se non fosse per un’opposizione inesistente, già oggi apparirebbe quasi in uno stato di pre-crisi. Ma anche l’assenza di alternative, in fondo, non è poi questa vera polizza vita. In questa Italia spaiata e sguaiata, alla fine, un’alternativa c’è sempre. Magari il solito governo tecnico, che ti tira sempre fuori dai guai (oppure produce quelli futuri, a seconda dei punti di vista) […]

giorgia meloni giorgia meloni assemblea fdigiorgia meloni - la famiglia e fdi - vignetta di ellekappa

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…