monte paschi di siena enrico letta matteo salvini mario draghi

MONTE DEI DRAGHI DI SIENA – I PARTITI SONO MOLTO AGITATI PER IL DOSSIER MPS: ENRICO LETTA RISCHIA DI GIOCARSI LA FACCIA ALLE SUPPLETIVE IN CASO DI ESUBERI LACRIME E SANGUE. ANCHE SALVINI, CHE DA ANNI FA CAMPAGNA SULLE DISGRAZIE DEL “MONTE”, È SULLE BARRICATE PER LA CESSIONE A UNICREDIT. MA DRAGHI NON CONCEDE SPONDE: “LA PRIORITÀ È METTERE IN SICUREZZA IL SISTEMA BANCARIO, ANCHE PER GLI EFFETTI SULLA SOLIDITÀ DELLE IMPRESE...”

1 - MPS: GIÙ IN BORSA (-1,2%) MENTRE UNICREDIT TRATTA

MPS

(ANSA) - MILANO, 02 AGO - In calo Mps in Borsa (-1,2% a 1,15 euro), a quattro giorni dalla comunicazione di una trattativa di Unicredit (+0,5% a 10,15 euro) col Tesoro per acquisire alcuni asset della banca senese. A proposito della situazione, con il ministero dell'economia e delle finanze, quindi il governo, azionista di maggioranza, è atteso mercoledì un intervento in Parlamento del ministro dell'economia Daniele Franco. (ANSA).

 

monte dei paschi di siena

2 - DRAGHI NON CONCEDE SPONDE AI PARTITI LA PRIORITÀ È LA STABILITÀ DEL SISTEMA

Carlo Bertini per "la Stampa"

 

Se è vero che a Siena i capibastone del Pd sono terrorizzati; se è vero che la Lega stia pensando a cambiare cavallo per provare a disarcionare Enrico Letta in quel collegio; se è vero che lo stesso Letta aprirà lì un comitato elettorale permanente e che il Parlamento ribolle con richieste di ogni tipo al governo, dalle parti del premier e del ministro dell'Economia si coglie un affanno di altra natura: quello indotto dai dossier e dai numeri tiranni, che comandano le scelte cruciali.

matteo salvini palio siena 6

 

Non è certo nata oggi la crisi del Monte Paschi, l'ultimo stress test la colloca in coda alla classifica Ue: non c'è da stupirsi quindi se Mario Draghi, anche vista la sua storia alla Bce, intende trattare una vicenda che ha un impatto sistemico sul mondo bancario con le lenti dell'economia e non con quelle della politica.

 

«Al premier sta a cuore mettere in sicurezza il sistema bancario, anche per gli effetti sulla solidità delle imprese», dice uno dei suoi consiglieri.

 

Niente favoritismi al Pd

ENRICO LETTA MATTEO SALVINI

Con la premessa che sulle questioni finanziarie Mario Draghi tende a tenersi in disparte anche per il suo passato e che la barra del timone la tiene il Tesoro, il premier non intende di qui ai prossimi mesi (visto che la faccenda andrà per le lunghe) dare l'impressione di offrire un sostegno al Pd e ai suoi problemi elettorali.

 

MARIO DRAGHI DANIELE FRANCO

Non solo - spiegano fonti vicine al dossier - per non essere accusato di favoritismi dalla Lega, che è già sulle barricate, ma per una seconda ragione ancora più cogente: che le ragioni dell'economia in questo caso sovrastano quelle della politica. Per questo il presidente del Consiglio - questa la notizia raccolta in ambienti di governo - non userà occhi di riguardo per questa o quella richiesta dei partiti, che si affannano a battere i pugni sul tavolo.

 

enrico letta piercarlo padoan

Tradotto: i problemi di Letta sono un fattore secondario, che non può influenzare alcuna decisione, così come l'esigenza di Salvini di fare più uno con il controcanto sui paletti da fissare. «Mps - spiega una autorevole fonte di governo - è un intermediario finanziario di rilevanza sistemica, idem Unicredit. Ci sono precisi accordi che nel 2016 vennero presi e precise condizioni che vanno soddisfatte: in questi casi la politica deve fare un passo indietro, le decisioni guardano alla stabilità finanziaria e agli impatti di mercato, qualunque rumors inappropriato può solo complicare le cose».

 

Esuberi e prepensionamenti

Dal governo in queste ore sono state date «rassicurazioni formali e informali» a tutti i partiti sui tre punti centrali: sul personale, perché i numeri letti fin qui sono un terno al lotto.

andrea orcel

 

C'è un impegno del Mef e del governo a limitare quanto più possibile il numero di esuberi, il che vuol dire fare in modo che non sia uno spezzatino ma che Unicredit si prenda la maggior parte possibile degli asset. Non i crediti deteriorati e il contenzioso ma per tutto il resto si spingerà per fare in modo che si prenda la maggior quota possibile. E se i sindacati sono preoccupati per i livelli occupazionali, è vero pure che in quell'istituto «c'è un costo del lavoro elevatissimo», anche dovuto ad un fattore generazionale, spiegano i tecnici.

 

Al di là delle richieste di tutti i partiti di tutelare l'occupazione, tanto per cominciare, «non si parlerà di esuberi, ma di accompagnamenti all'uscita». Dal Mef spiegano che potrebbero essere potenziati alcuni strumenti già oggi a disposizione, che per i prepensionamenti si potrebbe ricorrere al fondo interbancario di garanzia, che verrà attutito l'impatto.

 

SALVINI A SIENA

Già nel 2016 si diceva che alcune sedi sarebbero state chiuse, quindi un'operazione del genere non può garantire uno status quo. Sarebbe illusorio pensare di conservare la attuale pianta organica. Quindi piedi per terra. Pressing vissuto con fastidio Secondo punto, c'è l'impegno e un'interesse a valorizzare un marchio che ha un valore storico ed economico. Si può fare mantenendo il marchio Mps nella rete di sportelli in una parte del territorio.

 

Per compensare gli effetti negativi sull'economia del territorio sono allo studio iniziative, fuori dall'accordo con Unicredit, per incentivare altri campi forti localmente, come quello della farmaceutica. E da ultimo un elemento fatto notare da chi ha voce in capitolo: di fatto non c'è ancora niente, nessun accordo, nessun testo o memorandum. Si lavora su ipotesi e anche questa richiesta pressante di calendarizzazione di audizioni del ministro è vissuta con un fastidio malcelato. Ciò non vuol dire che Franco non andrà, magari più volte, visto che è chiamato in varie sedi parlamentari, ma i partiti dovrebbero dotarsi della virtù della pazienza.

ENRICO LETTA A CORTONA DANIELE FRANCO MARIO DRAGHIENRICO LETTAmatteo salvini palio siena 1fondazione mps

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…