castellina berlinguer

NIENTE SESSO, SIAMO COMUNISTI – LUCIANA CASTELLINA RACCONTA IL SUO RAPPORTO CON ENRICO BERLINGUER NELLA "CHIESA" PCI: “VIVEVAMO TUTTI DENTRO LA GABBIA DEL RUOLO. A ME NON È VENUTO MAI IN MENTE DI PENSARE A LUI COME UOMO. E LUI NON MI GUARDAVA COME DONNA. FACEVA PARTE DELLA NOSTRA MILITANZA COMUNISTA: NON SOLO NON AVEVAMO RAPPORTI SENTIMENTALI, MA NON CI PENSAVAMO PROPRIO”

Simonetta Fiori per “la Repubblica”

 

intervista di luciana castellina a tv2000 1

«Enrico è stato il primo comunista che ho conosciuto, forse il secondo. Ho un ricordo nitido del nostro primo incontro: timido, austero, con quel rigore che caratterizza la sardità. Ma non riesco a liberarmi dal senso di dolore e sgomento dell'ultima volta, quando lo vidi nell'ospedale di Padova ormai senza coscienza. Un'immagine che ancora mi accompagna».

 

Luciana Castellina sembra indifferente agli agguati della vecchiaia, il bel volto ancora perfettamente disegnato, la voce importante di chi è abituato a parlare nelle piazze. Ad agosto compie 93 anni, molti dei quali trascorsi in accordo e disaccordo con Berlinguer, il segretario del Pci di cui il 25 maggio ricorre il centenario della nascita. «Il nostro è stato un rapporto anomalo.

ENRICO BERLINGUER

 

È lui che ci ha cacciati dal partito nel 1969. Ed è lui che ha insistito nell'84 perché noi del Manifesto vi ritornassimo. La sua scomparsa ha segnato il nostro destino, e quello della storia del paese».

 

Il primo incontro fu subito dopo la guerra.

«Nel 1947, alla riunione del Fronte della Gioventù, come allora si chiamava il movimento dei giovani comunisti e socialisti. Io avevo 18 anni, lui 25. Era il capo del Fronte. Mi chiese timidamente di spostare delle panche per far posto a chi arrivava».

 

Era timido?

rossanda pintor castellina

«Non so se fosse timidezza o scarsa abitudine a stare con gli altri. Mi apparve subito meno socievole del fratello Giovanni, che avevo conosciuto a casa mia insieme al loro padre, un avvocato antifascista amico del mio patrigno. Enrico sembrava più chiuso. La sua ironia l'avrei scoperta più tardi».

 

Cos' era la sua ironia?

«Un tono scherzoso, che gli evitava le rotture sul piano personale. Anche nei momenti più difficili sapeva alleggerire. E nella distanza politica la sua ironia impediva che la contrapposizione degenerasse in uno scontro violento».

 

La timidezza traspare anche davanti al suo popolo in festa. Sembra sempre un po' a disagio, non alza mai il pugno. L'esatto contrario del tribuno populista.

berlinguer

«Questo è vero. Ma, attenzione, la sobrietà era una cifra dei dirigenti comunisti. Togliatti parlava come un professore di liceo, Enrico con uno stile scabro, asciutto. Mi ricordo una donna vicino a me ai suoi immensi funerali. Mi disse: nei suoi discorsi non ci sono mai i fronzoli, si vede che è sincero. Nel Pci non si gridava. Sia Togliatti che Berlinguer si sarebbero vergognati a usare toni urlati o a far leva sugli istinti più bassi».

 

Avete lavorato insieme al primo piano di Botteghe Oscure.

«Sì, era il segretario della Fgci appena ricostituita, io poi sarei diventata direttrice di Nuova Generazione , il settimanale dei giovani comunisti. Ma lo vedevamo poco. Al cinema o in pizzeria, Enrico non veniva mai. Se ne stava chiuso nella stanza e noi andavamo a bussare alla sua porta solo se era necessario. Era difficile avere rapporti personali con lui».

 

Che spiegazione si è data?

«Era già nella direzione del Pci, con una responsabilità importante, quando ci fu l'attentato a Togliatti. Questo significò per lui vivere a 26 anni sotto scorta, praticamente segregato».

 

Castellina Rossanda

Com' era con le compagne?

«Serio, rispettoso. In un universo che pure era caratterizzato da un'egemonia maschile, non ricordo uno sguardo di sufficienza. C'era tra noi un rapporto paritario. Sul piano più personale, vivevamo tutti dentro la gabbia del ruolo. A me non è venuto mai in mente di pensare a lui come uomo. E lui non mi guardava come donna. Faceva parte della nostra militanza comunista: non solo non avevamo rapporti sentimentali, ma non ci pensavamo proprio».

enrico berlinguer

 

Fu lui a scegliere come icona femminile la santa martire Maria Goretti, vittima di un omicidio a seguito di un tentativo di stupro.

«Sì, proprio lui. Ma non per puritanesimo sessuale. La scelse perché incarnava il valore della resistenza, per di più era cattolica. Certo, il partito all'epoca era molto bacchettone. Ricordo la faccia che aveva fatto Enrico a Praga, quando chiesi ospitalità a Bubi Campos Venuti, futuro urbanista, per un bucato. Dividevano la stessa stanza e Berlinguer restò perplesso davanti al filo steso con le mie mutandine. Dovetti combattere non poco all'interno di Botteghe Oscure per conquistare un rapporto più moderno tra uomini e donne».

 

Ma sul biliardino era più avanti Berlinguer.

luciana castellina foto di bacco

«Una parte di noi difendeva la natura politica dei nostri circoli, escludendone il profilo ricreativo. Ma Enrico aveva capito che mentre i giovani cattolici potevano disporre dei giochi in oratorio, i nostri militanti - per larghissima parte contadini poverissimi - sarebbero rimasti esclusi da ogni divertimento. Così ci impose il calciobalilla nelle sezioni del Fgci».

 

Comprese per tempo anche che era opportuno creare un rapporto con i giovani democristiani.

«Per alcuni aspetti erano più avanti di noi. Scoprirono Gramsci quando noi non l'avevamo ancora letto. Da responsabile degli studenti universitari comunisti, su incarico di Enrico andai a trattare con Franco Maria Malfatti, che era il loro leader.

 

Gli proposi di andare a Varsavia al congresso della federazione mondiale della gioventù. Ma lui vi mandò al suo posto Lucio Magri. Più tardi molti di loro sarebbero confluiti nel Pci».

 

Lei prima ha detto che fu Berlinguer a espellere gli eretici del "Manifesto" nel 1969. In realtà tentò in tutti i modi di mediare.

enrico berlinguer fiat

«Cercò di trattenerci, consentendoci il dissenso all'interno del Pci a condizione però che rinunciassimo alla nostra rivista. Non voleva che anche i filosovietici facessero il loro giornale, cosa che gli metteva molta più paura. Noi non cedemmo e il partito ci espulse. Lui all'epoca era il vicesegretario, destinato a succedere a Longo».

 

Ma non ci fu una rottura sul piano personale.

«No, con Enrico non ci furono mai toni aspri. Questo era il tratto umano a cui facevo riferimento prima. Anche durante i conflitti più accesi tra ingraiani e amendoliani evitava di schierarsi. Ma non certo per opportunismo. Aveva una sua forma di disciplina fortemente interiorizzata. E non assumeva atteggiamenti che avrebbero potuto incrinare l'unità del partito».

Indicò in uno del vostro gruppo, Luigi Pintor, il giornalista italiano più bravo. E sarà sempre Pintor a scrivere sulla sua morte a Padova: sarei voluto essere sul palco a sorreggerlo.

«A tenerli uniti più della politica era la sardità. Non credo si siano frequentati molto. Caratterialmente diversissimi, c'era tra loro una silenziosa e intima connivenza».

 

GINEVRA BOMPIANI - MARILENA GRASSADONIA - ROSSANA ROSSANDA - LUCIANA CASTELLINA

Con il gruppo del "Manifesto" avete fortemente avversato il compromesso storico. A distanza di quasi cinquant' anni nessun ripensamento?

«No, per niente. Fu un errore. Enrico non aveva capito nulla del Sessantotto e delle spinte che arrivavano dagli studenti e dal movimento operaio. E confuse il mondo cattolico con la Democrazia Cristiana, un partito dove allignava anche la corruzione».

 

Berlinguer avrebbe fatto della "questione morale" un tema politico centrale.

«Fu proprio allora, al principio degli anni Ottanta, che cominciò il nostro riavvicinamento. Accusato da una parte del suo stesso partito di moralismo, in realtà fu il primo a vedere il deterioramento del sistema democratico in Italia. In una famosa intervista su Repubblica a Eugenio Scalfari, nel luglio del 1981, denunciò l'occupazione dello Stato da parte dei partiti, ridotti a macchine di potere e di clientela».

castellina

 

Tra voi erano venuti meno i motivi di contrasto.

«Sì, a cominciare dal rapporto con l'Unione Sovietica con cui nel frattempo aveva rotto. L'ultimo Berlinguer è quello più a contatto con i movimenti sociali. Fu tra i primi leader politici ad avvistare la questione ecologica: l'austerità era la formula con cui voleva porre limiti allo sviluppo anche per affrontare l'emergenza ambientale».

 

E poi ci fu anche la scoperta della questione femminile.

«Si presentò a un seminario della Libreria delle donne a Milano e per due giorni ascoltò le teorizzazioni delle femministe più radicali. Ormai quasi su tutto eravamo sulle stesse posizioni. Nell'84 venne al nostro congresso del Pdup e chiese a Lucio di rientrare nel partito. Poco dopo sarebbe mancato».

 

Lei era a Trieste quando fu colpito da ictus durante un comizio in piazza delle Erbe a Padova.

ENRICO BERLINGUER E FAMIGLIA

«Partimmo l'indomani all'alba con Tortorella. Lo vidi sul letto intubato, accanto i figli ancora piccoli. Non sono mai riuscita a liberarmi da quell'immagine di dolore e sgomento. Fu per me un lutto personale e un lutto politico. Con la perdita di Enrico tramontava il nostro progetto comune».

 

Ancora si discute dei limiti della sua azione politica e delle sue fondamentali aperture. Ma a distanza di tanti anni resta indiscutibile la tempra morale. E la coerenza.

«Sì, anche tra i più giovani è ancora molto viva la sua immagine di onestà e di integrità morale. Per tutti noi la politica è stata innanzitutto "la scoperta degli altri", e questo continua ad affascinare molto i ragazzi»

luciana castellinaluciana castellina (2)luciana castellina giuliano ferraraluciana castellinaluciana castellinaluciana castellinaluciana castellina

Ultimi Dagoreport

2025scala la russa

DAGOREPORT - LA DOMANDA CHE SERPEGGIAVA NEL FOYER DELLA SCALA, IERI SERA, ERA: “E ‘GNAZIO? DOVE STA LA RUSSA?”. COME MAI LA SECONDA CARICA DELLO STATO NON HA OCCUPATO LA POLTRONA DEL PALCO REALE, DOVE SI È SEMPRE DISTINTO NELLO STRAZIARE L’INNO DI MAMELI CON I SUOI SICULI ACUTI? IL PRESIDENTE DEL SENATO, TRA LA PRIMA DELLA SCALA SANTA E IL FESTIVAL DI SAN ATREJU, HA PREFERITO ATTOVAGLIARSI AL RISTORANTE “EL CAMINETO”, DIMORA DELLA SODALE SANTANCHÈ A CORTINA D’AMPEZZO...

john elkann mirja cartia dasiero theodore kyriakou

DAGOREPORT - DOMANI, FINALMENTE, GLI EMISSARI DI JOHN ELKANN SI DEGNERANNO DI INCONTRARE I CDR DI “REPUBBLICA” E “LA STAMPA” PER CHIARIRE LO STATO DELLA VENDITA DEL GRUPPO GEDI AL GRUPPO ANTENNA DI THEODORE KYRIAKOU. PER IL MAGNATE GRECO, I QUOTIDIANI SONO SOLO UN ANTIPASTO: IL SUO VERO OBIETTIVO SAREBBE ACQUISIRE UN'EMITTENTE TELEVISIVA - YAKI NON VEDE L'ORA DI LIQUIDARE IL GRUPPO EDITORIALE, PER FARE SEMPRE PIÙ AFFARI CON EXOR: LA CARTA RAPPRESENTA NEMMENO L'UN PER CENTO DELLA HOLDING, NON DÀ ALCUN GUADAGNO MA SOLO ROTTURE DI COJONI (E LA LINEA ANTI-TRUMP DEI DUE QUOTIDIANI È UNA ROGNA PER IL SEMPRE PIÙ AMERICANO JOHN) - KYRIAKOU HA SUBITO INIZIATO CON IL PIEDINO SBAGLIATO LA CAMPAGNA D’ITALIA: AVREBBE SCELTO COME ADVISOR NIENTEMENO CHE MIRJA CARTIA D’ASERO, EX AD DEL “SOLE 24 ORE” - RETTIFICA! CARTIA D'ASERO: "NON SONO ADVISOR DI ANTENNA O DI KYRIAKOU E NON MI OCCUPO DI EDITORIA DALL'USCITA DAL 'SOLE'"

francesca albanese carlotta vagnoli valeria fonte

DAGOREPORT - COS’HANNO IN COMUNE L’INDECENTE ASSALTO DEI PRO-PAL ALLA REDAZIONE DELLA “STAMPA” E IL "FEMMINISMO" BY CARLOTTA VAGNOLI E VALERIA FONTE? MOLTISSIMO: LA VIOLENZA, L’IDEOLOGIA TOSSICA, L’ACCONDISCENDENZA DI UNA CERTA STAMPA E DI QUEL MONDO EDITORIAL-GIORNALISTICO CHE HA TOLLERATO E SOSTENUTO, CON IMBARAZZANTE CONFORMISMO, QUALUNQUE NEFANDEZZA - E' UNA SVEGLIA PER CHI HA ALLISCIATO E POMPATO ACRITICAMENTE LA GALASSIA MOVIMENTISTA, CONVINTO CHE FOSSE LA PARTE GIUSTA DELLA STORIA - NON ERA NECESSARIO ARRIVARE ALL’IRRUZIONE DEI PRO-PAL E ALL’INCHIESTA DELLA PROCURA DI MONZA SU VAGNOLI-FONTE, PER CAPIRE QUANTA VIOLENZA SI NASCONDESSE DIETRO CERTI “ATTIVISTI” E I LORO METODI...

caltagirone milleri donnet nagel lovaglio giorgetti generali

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DEI “FURBETTI DEL CONCERTINO”? IL PRIMARIO OBIETTIVO DI ESPUGNARE IL “FORZIERE D’ITALIA”, ASSICURAZIONI GENERALI, ATTRAVERSO L’OPERAZIONE MPS-MEDIOBANCA, SI ALLONTANA SEMPRE PIÙ - L’ISCRIZIONE NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI DI LOVAGLIO, CALTAGIRONE E MILLERI HA INTERROTTO LA TRATTATIVA CHE ERA IN CORSO PER CONVINCERE L’AD DI GENERALI, PHILIPPE DONNET, IL CUI MANDATO SCADE FRA DUE ANNI, A RASSEGNARE LE DIMISSIONI. E L’IPOTESI CHE POSSANO IN CDA SFIDUCIARLO SEMBRA APPARIRE LONTANISSIMA - NEL MIRINO GIUDIZIARIO È FINITO ANCHE IL RUOLO DETERMINANTE DELLE CASSE DI PREVIDENZA, ENPAM (MEDICI), ENASARCO (AGENTI DI COMMERCIO), FORENSE (AVVOCATI), PER LEGGE VIGILATE DAL GOVERNO - ANCHE SE I “CONCERTI OCCULTATI” NON SONO CERTO UNA NOVITÀ PER IL MERCATO, LA SCALATA MEDIOBANCA COLPISCE IN QUANTO È LA PRIMA VOLTA CHE, A SUPPORTO DI PRIVATI, C’È DI MEZZO IL SOSTEGNO DELL'ARMATA BRACAMELONI CHE DOVREBBE OCCUPARSI DELL’INTERESSE PUBBLICO ANZICHÉ RIBALTARE I POTERI DELLA FINANZA ITALIANA...

giorgia meloni matteo salvini vladimir putin

DAGOREPORT - A CHE SERVE QUEL FIGLIO DI PUTIN DI SALVINI? SERVE ECCOME A GIORGIA MELONI PER APPARECCHIARE, AL DI LÀ DELLE FRONTIERE, IL MIRACOLO DEL SUO CAMALEONTISMO - SE, IN CASA, LADY MACBETH DE’ NOANTRI GETTEREBBE QUEL ROMPICAZZO DELLA LEGA OGNI GIORNO DAL BALCONE DI PALAZZO CHIGI, IN POLITICA ESTERA IL COPIONE CAMBIA E IL SUO DISPREZZO SI TRASFORMA IN AMORE - C’È DA VOTARE IN PARLAMENTO IL DECRETO SULLA FORNITURA DI ARMI A KIEV? MANCA SOLO L’ITALIA PER RATIFICARE IL MES PER GARANTIRE I PAESI EUROPEI DAI RISCHI CHE POTREBBERO DERIVARE DALL'UTILIZZO DEGLI ASSET RUSSI CONGELATI? VOILÀ, FIATO ALLE TROMBE! ECCO FARSI AVANTI L’ ANTI-EUROPEISMO DEL ‘’PATRIOTA’’ ORBANIANO SALVINI CHE SI RIVELA UN OTTIMO SCHERMO PER LA MELONA PER PIAGNUCOLARE SULLA SPALLA DI URSULA VON DER LEYEN: ‘’NON È COLPA MIA… PURTROPPO HO UN ALLEATO DI GOVERNO CHE È UN PAZZO IRRIDUCIBILE E NON POSSO CORRERE IL RISCHIO DI FAR CADERE IL GOVERNO…BLA-BLA-BLA…”