lloyd austin joe biden

È QUELLO NERO - NO, NON È L'ARBITRO RUMENO, MA BIDEN, CHE NOMINA LLOYD AUSTIN COME CAPO DEL PENTAGONO, PRIMO AFROAMERICANO A GUIDARE LA DIFESA - GENERALE IN PENSIONE, A WASHINGTON NESSUNO DIMENTICA LA FIGURACCIA DEL 2015 QUANDO CONFESSÒ AL SENATO DI AVER PERSO LE TRACCE DI BEN 4.995 DEI 5MILA COSIDDETTI «RIBELLI MODERATI» SIRIANI ADDESTRATI E ARMATI AL COSTO DI 500 MILIONI DI DOLLARI, MA PASSATI DALLA PARTE DI AL QAIDA E DELLO STATO ISLAMICO

1 - NOVITÀ AL PENTAGONO, C'È UN GENERALE DI COLORE FAMOSO PER IL SUO FLOP

Gian Micalessin per “il Giornale

 

Se le regole da rispettare erano quelle del «politicamente corretto» allora la scelta di Joe Biden è perfetta. Venerdì annunciando ufficialmente la scelta di Lloyd Austin come nuovo Segretario alla Difesa il presidente in pectore porterà a casa due piccioni con una fava.

LLOYD AUSTIN

Da una parte passerà alla storia come il primo inquilino della Casa Bianca pronto a consegnare la Difesa ad un ex-generale a quattro stelle di pelle nera. Dall' altra sarà certo di aver messo a cuccia quell' esercito di «black lives matter» e «antifa» che negli ultimi mesi del mandato Trump ha messo a ferro e fuoco contee e città americane. Ma a far la differenza hanno sicuramente contribuito anche gli intensi ed eccellenti rapporti creatisi durante la presidenza Obama quando il capo della Casa Bianca delegava al numero due Biden gran parte dei rapporti con la poco amata categoria dei generali. Più difficile è dire se l' ex-responsabile del Central Command rappresenti anche la scelta più azzeccata.

 

A Washington nessuno ha dimenticato la figuraccia del 2015 quando il generale confessò al Senato di aver perso le tracce di ben 4.995 dei 5mila cosiddetti «ribelli moderati» siriani addestrati e armati al costo di 500 milioni di dollari, ma passati, subito dopo, dalla parte di Al Qaida e dello Stato islamico.

 

Le incognite della scelta di Lloyd Austin non si limitano all' opaco estro politico dell' ex generale. Una difficoltà ancor più grossa sarà far digerire al Congresso una nomina in palese contrasto con quel National Security Act del 1947 che proibisce la nomina di militari in congedo da meno di sette anni. In 73 anni gli unici ad aver ottenuto da Camera e Senato una deroga a quella legge sono stati il generale George Marshall, scelto da Harry Truman nel 1950, e il generale Jamis Mattis nominato Segretario alla Difesa per volere di Donald Trump nel 2016. Gli oltre 60 anni trascorsi tra la prima e la seconda deroga non sono casuali. In entrambi i casi deputati e senatori si sono subito pentiti di aver concesso la loro fiducia a dei generali propensi molto spesso a favorire gli ex colleghi decidendo non in base alle complesse regole della politica, ma a quelle assai più spicce della caserma.

LLOYD AUSTIN JOE BIDEN

 

E a rendere ancora più discutibile la nomina del generale s' aggiungono le ragioni che hanno spinto Biden a rinunciare a Michèle Flournoy, l' ex responsabile politica del Pentagono dell' era Obama considerata la candidata ideale fino a pochi giorni fa. A bloccare una nomina che avrebbe portato per la prima volta una donna alla guida del Pentagono, regalando a Biden la benedizione delle sacerdotesse del politicamente corretto, sono stati i rapporti troppo stretti tra la candidata e l' industria degli armamenti. Da quasi quattro anni la Flournoy è un ben retribuito membro del Consiglio d' Amministrazione di Booz Allen Hamilton, una multinazionale della cyber security che conta nei suoi ranghi un migliaio di ex funzionari dei servizi segreti americani ed è stata definita da Bloomberg «la più redditizia azienda di spionaggio del mondo».

 

Ma se queste referenze bastano a far venire i capelli dritti agli esponenti della sinistra del partito democratico, quelle del generale nero Lloyd Austin non appaiono assai più rassicuranti. L' ex responsabile del Central Command ha accettato una carica analoga nel Consiglio d' Amministrazione della Raytheon, un' azienda di armamenti che - oltre ad essere tra i principali committenti del Pentagono - produce anche quelle bombe «intelligenti» finite sotto accusa dopo le tante stragi causate in Afghanistan, Siria, Irak e Yemen.

 

 

2 - BIDEN NOMINERÀ AUSTIN, IL PRIMO AFROAMERICANO A GUIDARE IL PENTAGONO

STATO ISLAMICO DEL KHORASAN

Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera

 

Lloyd Austin, 67 anni, generale in pensione, potrebbe essere il primo afroamericano a guidare il Pentagono. La scelta di Joe Biden, se sarà confermata dal Senato, segna un cambio di passo importante. Basta dare un' occhiata alle statistiche del dipartimento della Difesa: la percentuale dei neri (uomini e donne) arruolati nei diversi corpi oscilla tra il 10% dei marines al 21% dell' esercito. Se si sommano anche i latinos la quota arriva in alcuni casi fino al 40%. Ma al vertice, tra i 41 generali a 4 stelle, ci sono solo due afroamericani.

La nomina di Austin, dunque, ha innanzitutto il significato di un riequilibrio storico, chiesto con grande energia nelle ultime settimane dai leader della comunità nera.

 

donna siriana si toglie il niqab

Biden e Kamala Harris hanno accantonato la candidata che sembrava favorita: Michèle Flournoy, 59 anni, già sottosegretario alla Difesa con l' amministrazione di Barack Obama. Domenica 6 dicembre, scrive il sito Politico , hanno offerto l' incarico ad Austin che ha lasciato la divisa nel maggio del 2016. All' epoca era il capo dell' U. S. Central Command, la struttura da cui, per tre anni, ha coordinato le operazioni militari nel Medio Oriente. In quel periodo prese forma lo Stato Islamico nel territorio tra Iraq e Siria, con il conseguente intervento di una coalizione formata da Paesi occidentali e arabi, pilotata dagli Stati Uniti.

 

Austin è nato a Mobile, in Alabama. Si è laureato all' Accademia di West Point; ha studiato alla Auburn University, in Alabama (Scienze dell' educazione) e ha ottenuto un master in Business administration alla Webster University (Missouri). Fervente cattolico, da quarant' anni è sposato con la signora Charlene e lo è stato con l' esercito fino al congedo.

È considerato «un operativo», poiché per un certo periodo ha comandato le operazioni in Iraq sul terreno e ha svolto compiti cruciali in Afghanistan. Ma conosce bene anche la macchina burocratica del Pentagono e delle principali basi militari negli Stati Uniti.

Biden ha fatto sapere che annuncerà ufficialmente il nome del prossimo segretario alla Difesa venerdì.

 

Secondo le previsioni dei media americani il percorso di Austin non sarà liscio. Diversi senatori democratici, tra i quali Bernie Sanders, Tammy Duckworth, Elisabeth Warren, Cory Booker e Kirsten Gillibrand, pensano che la Difesa debba essere guidata da una figura politica. Però vedremo se davvero i liberal del partito democratico si agiteranno per bloccare il primo afroamericano al Pentagono.

soldati siriani uccisi dalla folla a raqqa 6

 

C' è anche un' altra possibile fonte di polemica: dal 2016 Austin fa parte del board di Raytheon Technologies, società molto attiva nel settore della Difesa. Potrebbe prefigurarsi un conflitto di interessi. La legge, inoltre, prevede che un militare possa assumere un incarico apicale nel dipartimento solo dopo un' interruzione del servizio lunga sette o, nel caso di nomina a segretario, cinque anni. La norma può essere superata da un permesso ( waiver ) accordato con un voto a maggioranza della Camera e del Senato. È ciò che accadde nel 2017 con il generale dei marines, Jim Mattis.

 

La vera sfida, invece, sarà misurarsi con l' eredità di Donald Trump. Il presidente in carica ha ordinato la drastica riduzione delle truppe dislocate nelle aree di crisi. Tra queste c' è anche l' Afghanistan, dove il piano prevede il rientro di 2.000 su 4.500 militari. Giovedì 2 dicembre, nel corso di un incontro virtuale organizzato dal centro studi Brooking Institution di Washington, il generale Mark Milley, capo di Stato maggiore delle Forze armate, ha detto che «per quanto riguarda l' Afghanistan gli ordini del presidente Trump saranno eseguiti entro la metà di gennaio». Austin, dunque, sarà costretto a una difficile partenza, con uno scenario stravolto in extremis dall' amministrazione uscente.

 

Ultimi Dagoreport

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”

leonardo maria del vecchio - gabriele benedetto - andrea riffeser monti - marco talarico - luigi giacomo mascellaro

DAGOREPORT - ELKANN NON FA IN TEMPO A USCIRE DALLA SCENA CHE, ZAC!, ENTRA DEL VECCHIO JR: DAVVERO, NON SI PUÒ MAI STARE TRANQUILLI IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE - GIÀ L’ACQUISIZIONE DEL 30% DE ‘’IL GIORNALE’’ DA PARTE DEL VIVACISSIMO LEONARDINO DEL VECCHIO, ANTICIPATA IERI DA DAGOSPIA, HA SUSCITATO “OH” DI SORPRESA. BUM! BUM! STAMATTINA SONO SALTATI I BULBI OCULARI DELLA FINANZA E DELLA POLITICA ALL’ANNUNCIO DELL'EREDE DELL VECCHIO DI VOLER ACQUISIRE IL TERZO POLO ITALIANO DELL’INFORMAZIONE, IN MANO ALLA FAMIGLIA RIFFESER MONTI: “LA NAZIONE” (FIRENZE), “IL RESTO DEL CARLINO” (BOLOGNA) E “IL GIORNO” (MILANO) - IN POCHI ANNI DI ATTIVITÀ, LMDV DI DEL VECCHIO HA INVESTITO OLTRE 250 MILIONI IN PIÙ DI 40 OPERAZIONI, SOSTENUTE DA UN FINANZIAMENTO DI 350 MILIONI DA INDOSUEZ (GRUPPO CRÉDIT AGRICOLE) - LA LINEA POLITICA CHE FRULLA NELLA TESTA TRICOLOGICAMENTE FOLTA DELL'INDIAVOLATO LMDV, A QUANTO PARE, NON ESISTE - DEL RESTO, TRA I NUOVI IMPRENDITORI SI ASSISTE A UN RITORNO AD ALTO POTENZIALE ALLO "SPIRITO ANIMALE DEL CAPITALISMO", DOVE IL BUSINESS, ANCHE IL PIU' IRRAZIONALE, OCCUPA IL PRIMO POSTO E LA POLITICA E' SOLO UN DINOSAURO DI BUROCRAZIA…