di maio conte renzi

RENZI E DI MAIO HANNO LO STESSO E UNICO PROBLEMA: CACCIARE IL CONTE CASALINO - “GIUSEPPI”, UBRIACO DI POTERE, HA MOLLATO IL M5S CHE LO HA MESSO A PALAZZO CHIGI E ORMAI AGISCE DA APPENDICE DI ALCUNI POTENTI DEL PD (FRANCESCHINI), ALLETTATO DI POTER ESSERE LUI IL PROSSIMO CANDIDATO PREMIER DEL PD - IL PIANO SEGRETO DI RENZI: IN DUPLEX CON LUIGINO, PUNTA A... - VIDEO

Giuseppe Conte al Tg1

 

1. CONTE CASALINO Dal profilo twitter di Jacopo Iacoboni

giuseppe conte con rocco casalino alla conferenza stampa

 

Ormai lo scontro costante è ConteCasalino contro Di Maio e il M5S

Chiaro da mesi, e ve lo scrissi mesi fa (ConteCasalino)

ConteCasalino agisce da appendice di alcuni potenti del Pd, e altre varie figure

Non calcolano una cosa: senza Di Maio e Casaleggio, non esiste altro M5S

 

Casalino ha totalmente separato e compartimentato Conte dal M5S e da Di Maio, e ormai i rapporti tra le due entità sono ridotti al minimo (eufemismo)

 

ROCCO CASALINO GIUSEPPE CONTE BY LUGHINO

Naturalmente il ConteCasalino resta in contatto con Casaleggio. Il quale però non ha potuto non notare che da Roma gli stanno arrivando sui media notevoli siluri, e dunque si domanda se le protezioni politiche che gli erano state offerte siano funzionanti e affidabili

 

A questo aggiungeteci che, come noto, Casaleggio e Di Maio sono di destra. Ma questo sarebbe l’ultimo dei problemi, figuriamoci. Il vero problema è che Conte sta usando palesemente il Movimento per farsi fatti propri

 

di maio grillo casaleggio

Tutto legittimo e parte della politica. Conte si è molto appoggiato alle uscite di Grillo (che come vedete viene protetto e trattato quasi da vecchio saggio ormai dal Pd)

 

Ma voglio ricordarvi che il M5S ha dietro due associazioni, una di Casaleggio, e una di Casaleggio e Di Maio

 

2 - LA CACCIA ALLA VOLPE È INIZIATA

Claudio Tito per “la Repubblica”

meme sulla crisi di governo di maio e renzi

 

La caccia alla volpe è iniziata. E la volpe stavolta è il presidente del consiglio, Giuseppe Conte. A suonare la carica è in primo luogo Matteo Renzi. Seguito a brevissima distanza da Luigi Di Maio.

Il campo della battuta è la legge di Bilancio. Che da test per saggiare la "svolta" del governo giallorosso si sta trasformando in una prova di sopravvivenza. O in un banco per aprire la crisi di governo tra la fine dell' anno e gennaio 2020.

 

Nell' ultima settimana, infatti, sta accadendo molto di quello che alcuni avevano previsto al momento della scissione di Italia Viva. Il suo leader non ha solo bisogno di rendere visibile e appetibile elettoralmente la sua creatura. La deve trasformare in un soggetto centrale. Non è un caso che l' allarme ormai sia sonoramente scattato a Palazzo Chigi e nel Pd. Le parole del premier e del segretario democratico nelle ultime ore sembrano pronunciate con una sola voce: "Vuole la crisi".

 

LUIGI DI MAIO E DAVIDE CASALEGGIO

Del resto anche tra i parlamentari renziani nessuno nasconde che alla legislatura serva un nuovo equilibrio. Raggiungibile unicamente con un nuovo governo, un nuovo presidente del consiglio e stessa maggioranza. L' ex segretario dem punta dunque a sedersi al tavolo della coalizione come legittimo membro dell' alleanza. E non da "scissionista aggiunto". Il primo passo è allora stressare l' iter parlamentare della manovra. Modificarla alla Camera e al Senato costringendo la "squadra" di Conte a correggere l' impianto approvato la scorsa settimana. Imprimendo retromarce e balzi avanti.

LUIGI DI MAIO MATTEO RENZI

 

E quindi creare una situazione di altissima tensione fino a determinare la caduta dell' esecutivo non appena licenziata la manovra.

In questo quadro i rapporti tra Renzi e Di Maio hanno di recente subito una intensificazione inaspettata. Sulla bilancia l' ex premier ha messo la possibilità che un nuovo esecutivo possa essere finalmente guidato da un "grillino doc", ossia proprio dall' attuale ministro degli Esteri. La tentazione non è sfuggita al capo politico dell' M5S che, infatti, ha assunto sulla Finanziaria un atteggiamento analogo a quello dei renziani.

PIZZINI I PIZZINI TRA MATTEO RENZI E IL GRILLINO LUIGI DI MAIO

Reclamare un cambio per rispettare le proprie parole d' ordine.

 

C' è insomma una convergenza, magari temporanea, di interessi. Il capo di Italia Viva, in questo modo, si sederebbe formalmente al tavolo della maggioranza ma soprattutto romperebbe lo schema che più lo danneggia: l' alleanza Zingaretti-Grillo. Un patto che in futuro - in particolare in vista dell' elezione nel 2022 del capo dello Stato - lo potrebbe rendere marginale, considerando che il suo nuovo partito nei sondaggi continua a oscillare tra il 4 e il 5 per cento. E' stato lo stesso Renzi, ieri alla Leopolda, a dire esplicitamente: "Chi è contro l' asse Pd-M5S, venga con noi". Così come la prospettiva "demo-grillina" renderebbe irrilevante Di Maio a vantaggio di Conte che al momento ne rappresenta il punto di equilibrio e sta minando la leadership nel Movimento.

 

nicola zingaretti dario franceschini

Certo, nel disegno arrembante dei renziani, i rischi più alti se li carica il capo pentastellato. Soprattutto per quanto riguarda il suo futuro a Palazzo Chigi. Basti pensare a quel che dice da giorni il segretario Pd Zingaretti: «Dopo questo governo ci sono le elezioni». In ogni caso i Democratici non potrebbero accettare un esecutivo guidato da un altro grillino, tanto meno da Di Maio. E a Largo del Nazareno semmai c' è chi prepara la contromossa: «Se non si vota, può essere il turno di un dem alla presidenza del consiglio». La partita, in quel caso, si aprirebbe su un terzo nome (e qualche renziano vorrebbe inserire tra i candidati persino lo stesso Renzi). Le analogie con la legislatura 1996-2001 sarebbero così complete: tre capi di governo (Prodi, d' Alema e Amato) e poi la sconfitta netta del centrosinistra.

giuseppe conte dario franceschini

 

Ma il gioco immaginato da tutti i protagonisti può comunque incepparsi. E precipitare preterintenzionalmente verso le elezioni anticipate.

C' è una data che bisogna tenere d' occhio: 12 gennaio 2020. È il termine ultimo per presentare le firme a favore del referendum sulla legge costituzionale che taglia i parlamentari. La raccolta delle sottoscrizioni sta incontrando più di una difficoltà. Pochi vogliono mettere la faccia su una operazione impopolare. Se la consultazione referendaria non si terrà, la nuova normativa entrerà in vigore proprio il 12 gennaio.

 

giuseppe conte luigi di maio dario franceschini

A quel punto anche il proposito di Mattarella (ma non si tratta di una prescrizione giuridica) a non sciogliere le Camere fino a quando non sarà applicabile il "taglio", sarà rispettato. E il rischio che la partita dei veti incrociati possa franare, sarà ancora più pericoloso. La caccia alla volpe è iniziata, ma le prede alla fine potrebbero essere più di una.

 

3. L’ATTIVISMO DEL PREMIER FA INFURIARE IL LEADER 5S

Alessandro Barbera per “la Stampa”

sergio mattarella giuseppe conte 3

 

Luigi Di Maio cerca al cellulare Nicola Zingaretti. Deve discutere con lui di un argomento che cambierà il corso della storia recente. «Per fare l' accordo con noi sul governo c' è un solo candidato a Palazzo Chigi: Giuseppe Conte».

 

Zingaretti è tutt' altro che convinto, ma ormai Matteo Renzi ha spinto l' intero partito verso l' abbraccio con il Movimento Cinque Stelle, costi quel che costi. Da quella telefonata sono passati due mesi, e pare già un' era geologica.

 

giuseppe conte gennaro vecchione 1

Renzi si è fatto un proprio partito, Di Maio controlla sempre meno il suo. Per recuperare consenso, i due hanno ormai collaudato una strategia di logoramento contro il premier, il quale risponde per le rime con la protezione sempre più evidente di Zingaretti e del Pd. Sgombrato dal campo il rischio di aumenti generalizzati dell' Iva, le questioni sollevate da Renzi e Di Maio appaiono sempre più piccole e secondarie.

 

Renzi chiede l' abolizione di «Quota cento» sapendo benissimo che non esiste alcuna maggioranza parlamentare disposta a votarla. Di Maio ha chiesto modifiche al tetto al contante, eppure una mediazione è stata discussa per giorni al Tesoro. Così come c' erano state ampi confronti interni sia sulle modifiche al regime forfettario delle partite Iva, sia sulle multe ai commercianti che rifiutano le carte di credito.

 

GIUSEPPE CONTE IN UMBRIA

Vertici di maggioranza se ne sono svolti sia prima del consiglio dei ministri che ha varato «salvo intese» la Finanziaria, sia dopo. L' ultimo - riferiscono i ben informati - tre giorni fa, presente lo stesso Conte. Dunque che accade? Quali sono le vere ragioni del malcontento?

 

Per capirle basta alzare il telefono e chiedere il parere anonimo ad alcuni colleghi di governo, dell' uno e dell' altro partito. Per Di Maio ormai il problema è Conte stesso. Il primo sta perdendo presa sui gruppi parlamentari, e si è convinto che la responsabilità sia nell' attivismo del premier. L' altro soffre sempre di più la scarsa attitudine alla mediazione del leader e si mostra sempre meno disposto a seguire le strade senza uscita del Movimento, si tratti di Tap, di Tav, o di come revocare la concessione ad Autostrade.

 

giuseppe conte democristiano

Per Di Maio il campanello d' allarme è suonato già due volte: le troppe assenze fra i suoi al voto sulla nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (passato per appena tre voti) e il disastro dei suoi candidati nella rotazione come capigruppo. Quello del Senato - Danilo Toninelli - ha perso clamorosamente, mentre alla Camera si è dovuta ritirare Anna Mancina. Il posto se lo contendono ora Francesco Silvestri e Raffaele Trano. E quest' ultimo è tutt' altro che gradito al leader.

 

zingaretti di maio

Il problema di Renzi invece è Zingaretti. Ora che l' ex premier un partito se lo è finalmente creato, tocca farlo vivere nel dibattito. E così anche le mediazioni discusse nei tavoli tecnici - quella sul limite al contante - diventano argomenti per scontri in consiglio dei ministri. La battuta perfida di un fedelissimo del segretario Pd fa capire il clima che si respira a sinistra: «Renzi è convinto di diventare il Macron italiano, peccato che lui non sia Macron e Nicola non è Hollande». La verità è che sia Renzi che Di Maio avrebbero parecchio da perdere dalla fine prematurissima di governo e maggioranza. Per Conte e Zingaretti firmare un patto di resistenza è nelle cose. Per dirla con le parole di un amico del premier, «Giuseppe in fondo sta tornando a casa». Ovvero nel partito che - per sua stessa ammissione - ha votato fino al 2013.

renzi zingaretti

 

 

Nicola Zingaretti Luigi Di Maio Giuseppe Conte

 

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