appendino raggi

SE RAGGI AVANZA, APPENDINO RINCULA - LA SINDACA DI TORINO NON VUOLE RICANDIDARSI: PER LEI POTREBBE ESSERCI IL RUOLO DI PORTAVOCE NAZIONALE DEL M5S - LA SUA DECISIONE MANDA IN TILT LA POLITICA SOTTO LA MOLE PERCHÉ DESTRA E SINISTRA NON HANNO CANDIDATI APPETIBILI E I GRILLINI SPINGONO PER LA RICANDIDATURA: “CI VOGLIONO 10 ANNI PER REALIZZARE IL PROGRAMMA”

Paolo Griseri per “la Stampa”

 

APPENDINO RAGGI

È partita la corsa al dopo Appendino. La mossa di Virginia Raggi, e l'endorsement subito arrivato da Grillo, sembrano mandare in soffitta l'idea dello scambio Torino-Roma con la sindaca piemontese sostenuta dal Pd in cambio del sostegno grillino ad un dem per il Campidoglio. Se accordo giallorosso ci sarà sulle grandi città, avverrà con altri protagonisti. Per la sindaca torinese, in questi giorni in vacanza nella sua casa di montagna in valle di Lanzo, il futuro potrebbe essere quello della portavoce nazionale del Movimento.

 

Un ruolo di prestigio in un momento che non sarà certo semplice per il partito grillino. Sorpresa dalla mossa del Campidoglio, la politica torinese è spiazzata. «Non si vedono grandi giocatori in campo - dice un esponente storico del centrosinistra torinese - ed è noto che nemmeno acquistando Ronaldo si è sicuri di vincere».

 

RAGGI APPENDINO - ADDIO A DARIO FO

Facile battuta per un torinista doc. Non in migliori acque naviga il centrodestra: «Noi attendiamo la mossa degli altri, è il centrosinistra che deve fare il primo passo», dice l'area moderata della coalizione. I grillini dell'ala dura, che pure avevano criticato Appendino sui dossier più scottanti (a partire dalla corsa, fallita, per le Olimpiadi del 2026), oggi sperano ancora in una sua ricandidatura: «Ci vogliono 10 anni per realizzare il programma», diceva ieri la capogruppo in Consiglio comunale, Valentina Sganga.

 

Dieci anni, dunque due mandati. Appendino potrebbe ricandidarsi. Ma non lo farà. Chi l'ha incontrata in questi giorni, prima delle vacanze, ha ricevuto ancora risposte interlocutorie sul suo futuro. Pesa anche quanto accadrà a fine settembre quando una sentenza di primo grado per una vicenda legata al bilancio comunale potrebbe, in caso di condanna, toglierla dai giochi della politica istituzionale almeno per un po'. Prima delle candidature e delle coalizioni, la città deve trovare un progetto su cui scommettere.

 

RAGGI E APPENDINO AL BALCONE DEL PALAZZO SENATORIO 2

Nel loro recente saggio su «Chi ha fermato Torino?», Arnaldo Bagnasco, Giuseppe Berta e Angelo Pichierri raccontano di una metropoli che, finito l'effetto del rilancio olimpico del 2006, si trova ora ripiegata su se stessa: con un pil pro capite che è metà di quello di Milano (27.000 euro contro 49.000) e una «metamorfosi interrotta» verso la transizione al postindustriale.

 

Per scegliere uomini e programmi il centrosinistra prova a ripercorrere riti consolidati. Negli anni 90 si sceglieva in riunioni estive in val d'Aosta, a Gressoney, con polentate cui partecipavano i vertici dei partiti e importa nti esponenti della finanza. Oggi l'unico luogo riconosciuto per questo genere di riunioni informali è la bocciofila «La Frejus» di borgo San Paolo, ex quartiere operaio della città, dove Michele Paolino, già capogruppo del Pd a palazzo civico, serve agnolotti e consulta le variegate anime della sinistra cittadina.

raggi appendino

 

Conclusione? «Tocca aspettare settembre. Se si perde secco alle regionali, allora qui in periferia si possono sperimentare soluzioni innovative. Se no si vive di accordi nazionali e il candidato di Torino sarà scelto a Roma».

 

Candidati possibili: il capogruppo del Pd, Stefano Lo Russo, il giovane Enzo Lavolta, Mauro Laus, parlamentare ex presidente del Consiglio regionale. Ma su tutti, se si andasse ad una coalizione giallorossa, ci sono due nomi della società civile: il chirurgo Mauro Salizzoni, re dei trapianti di fegato, oggi in consiglio regionale, e il rettore del Politecnico di Torino, Guido Saracco. Apprezzato da Pd e grillini potrebbe diventare lui, docente universitario, il Conte torinese.

 

Sul versante opposto del centrodestra non fa mistero di correre da sindaca, Licia Mattioli, orafa di professione, già presidente degli industriali torinesi. In alternativa l'imprenditore del vino e presidente della Filmcommission torinese Paolo Damilano. Non è un caso che i quattro nomi della società civile finiscano per rappresentare le vocazioni della città: quella della scienza sanitaria (Salizzoni), quella gastronomica (Damilano). quella universitaria (Saracco) e quella industriale (Mattioli).

 

chiara appendino luigi di maio 1

In questo quadro è molto difficile che finiscano per prevalere candidati di partito. Il centrosinistra terrà probabilmente le primarie prima di Natale ma potrebbe utilizzarle per lanciare un candidato della società civile. Torino non ama le posizioni estreme e questo rende le prospettive difficili sia per l'ala populista del centrodestra sia per un nuovo candidato grillino che si presenti da solo. Sarebbero candidature di pura testimonianza. «Oggi Torino è molto preoccupata del futuro.

 

Preferisce affidarsi a qualcuno che abbia la competenza per trattare partite importanti», osserva Osvaldo Napoli, parlamentare di lungo corso di Forza Italia. Partite decisive come quella che si dovrà giocare a partire dal prossimo anno con le scelte sul futuro industriale degli stabilimenti dell'auto dopo la fusione tra Fca e i francesi di Psa. «Uno dei nodi - dice il dem Stefano Lo Russo - è quello del potenziamento e dello sviluppo della manifattura torinese. Chi tratterà nel 2021 con Carlos Tavares a nome della città?».

 

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