enrico letta giorgia meloni

LA SINISTRA NON IMPARA MAI DAI PROPRI ERRORI: A FURIA DI GRIDARE ALL’ALLARME FASCISMO, HA UCCISO L’ANTIFASCISMO – GIOVANNI ORSINA: “CHIAMARE ALLA DIFESA DELLA DEMOCRAZIA È UN'ARMA DA FINE DEL MONDO. SE LA SI USA IN CONTINUAZIONE LA SI BANALIZZA E RENDE INEFFICACE. E SE ALLA FINE LA COALIZIONE DI DESTRA VINCERÀ LE ELEZIONI, L'ANTIFASCISMO SI SARÀ DIMOSTRATO ANCORA UNA VOLTA LO STRUMENTO POLITICO DI UNA PARTE MINORITARIA CHE NON SA PIÙ PARLARE ALTRIMENTI AGLI ELETTORI” – “IL FOGLIO” E L'UTILIZZO DI "BELLA CIAO" COME JINGLE: “ORMAI FASCISMO E ANTIFASCISMO SONO UN SOSTRATO POP. E NON FREGA DAVVERO PIÙ NIENTE A NESSUNO”

1 - QUEI RIPETUTI ALLARMI CONTRO LE DITTATURE CHE RISCHIANO DI UCCIDERE L'ANTIFASCISMO

Giovanni Orsina per “la Stampa”

 

giovanni orsina foto di bacco (2)

Son parecchi anni, ormai, che l'antifascismo non se la passa troppo bene. A giudicare da com' è cominciata, non è impossibile che questa campagna elettorale finisca per ucciderlo definitivamente. Con un'aggravante: che a vibrargli il colpo di grazia saranno stati proprio gli antifascisti. Come quella della patria per Salvatore Satta, la morte dell'antifascismo potrebbe rivelarsi «l'avvenimento più grandioso», se non delle nostre vite, quanto meno di questa stagione della nostra storia.

 

La Repubblica italiana sorge sulle macerie del fascismo dandosi valori diametralmente opposti a quelli del regime e proponendosi di scongiurarne per sempre il ripresentarsi.

Giorgia Meloni 1996

È indiscutibile, perciò, che il nostro ordine costituzionale sia antifascista e che il fascismo non possa trovare cittadinanza al suo interno. Una volta detto questo, tuttavia, non è che abbiamo risolto poi molto.

 

Le etichette politiche sono elastiche, infatti, e l'attribuirle è esso stesso un esercizio politico. Che cosa dobbiamo intendere per fascismo, allora?Quand'è che siamo in presenza di un pericolo fascista e dobbiamo perciò mobilitarci a difesa della democrazia antifascista? E soprattutto: a chi spetta il diritto di rispondere a queste due domande?

LA BORRACCIA DI ENRICO LETTA CON SCRITTA BELLA CIAO

 

Storicamente, la cultura e le forze politiche di orientamento progressista hanno arrogato a se stesse quel diritto, nel nome della propria purezza antifascista e appoggiandosi al proprio predominio nel mondo intellettuale. E hanno dato alle prime due domande delle risposte «larghe», dilatando la nozione di fascismo ben al di là dei confini storici del fenomeno e, di conseguenza, moltiplicando i pericoli fascisti e le chiamate alla difesa della democrazia.

 

Fin quando è durata la Guerra Fredda, quest' antifascismo «largo» è servito soprattutto al Partito comunista per contrastare la retorica anticomunista che lo delegittimava e, a sua volta, delegittimare le forze politiche che adoperavano quella retorica.

 

MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA

Una volta caduto il Muro di Berlino, l'antifascismo - fattosi nel frattempo ancora più largo - è in buona misura confluito nell'antiberlusconismo. Più in quanto potenziale autocrate mediatico da terzo millennio che a motivo dei suoi alleati post-missini, Berlusconi è diventato la nuova incarnazione del pericolo fascista.

 

Per le elezioni del 2001, così, Umberto Eco promosse un noto appello che definiva il voto nientemeno che un «Referendum Morale», con tanto di maiuscole, «contro l'instaurazione di un regime di fatto». Qualche tempo dopo, ironicamente ma non troppo, lo storico Paul Ginsborg si chiedeva se fosse «del tutto fantasioso immaginare che nel 2013 i "piccoli forzisti" vadano a letto stringendo nella manina il medaglione di Silvio B., come facevano i piccoli Balilla con quello del duce nel 1935».

 

ENRICO LETTA

L'obiettivo politico in questo caso era duplice: da un lato indebolire Berlusconi, delegittimandolo in Italia e all'estero (Berlusconi, dal canto suo, contraccambiava generosamente con l'anticomunismo), dall'altro restituire un po' di tono e compattezza a una sinistra esangue e divisa.

 

Dilatare l'antifascismo per ragioni politiche è un'operazione comprensibile e legittima. Gli effetti collaterali negativi, tuttavia, sono legione. Suonare a martello l'allarme antifascista e chiamare alla difesa della democrazia è un'arma da fine del mondo, una risorsa di ultimissima istanza. Se la si usa in continuazione la si banalizza e rende inefficace, un po' come il pastorello che gridava al lupo per scherzo ed ebbe infine le pecore divorate quando il lupo arrivò davvero, e nessuno rispose ai suoi richiami.

 

umberto eco

Tanto più se, come nella favola di Esopo, i primi allarmi si sono dimostrati infondati: dal «Referendum Morale» del 2001, che Berlusconi stravinse, sono passati ventun anni, e pure se ne abbiamo viste davvero di tutti i colori, abbiamo tuttavia continuato a votare in elezioni libere e il paventato «regime di fatto» proprio non s' è visto. Semmai, il governo Berlusconi del 2008-2011 resta l'ultimo che gli italiani si siano potuti scegliere nelle urne: piuttosto bizzarro come segno di fascismo.

 

SILVIO BERLUSCONI

Se poi, come accadde appunto nel 2001, la parte politica accusata di fascismo o parafascismo vince pure, l'antifascismo (o meglio: quel tipo «largo» di antifascismo) ne riceve un danno ulteriore. Di fatto, la maggioranza degli elettori dimostra di non riconoscervisi, di non considerarlo il fondamento comune della convivenza repubblicana, ma il frutto indigesto di una drammatizzazione a uso politico, di una strumentalizzazione a fini elettorali.

 

Torniamo così alla terza delle domande che facevo in apertura: a chi spetta il diritto di decidere se ci si trova in presenza di un pericolo fascista? In una democrazia, è difficile che la risposta a questa domanda non passi almeno in parte - e una parte rilevante, direi - per gli elettori.

 

giorgia meloni ignazio la russa

Per mancanza di concorrenti più qualificati, se non altro. Ma tanto più se la stragrande maggioranza di quegli elettori non ha dato segni rilevanti - negli studi demoscopici, nelle piazze, nel tasso pressoché nullo di violenza politica - di aver rifiutato i valori democratici e di vagheggiare derive autoritarie. Veniamo così a quest' estate del 2022. Quel che non cesserà mai di sbalordirmi del progressismo italiano, politico e culturale, è la coazione ossessiva a ripetere, l'incapacità d'imparare dai propri errori. Ci risiamo, quindi: l'uso politico dell'antifascismo, l'allarme democratico, la fine del mondo, gli strumenti di ultimissima istanza.

 

L ABIURA DEL FASCISMO DI GIORGIA MELONI BY ELLEKAPPA

Tutto questo di fronte a un Paese disincantato, stanco e distratto che pare crederci ancora meno che nel 2001, alla fine del mondo. Anzi, che non pare crederci affatto, se non altro perché, in una forma magari istintiva e confusa, conserva memoria degli allarmi rivelatisi infondati vent' anni fa.

 

E se alla fine la coalizione di destra vincerà le elezioni, com' è probabile, l'antifascismo «largo» si sarà dimostrato ancora una volta lo strumento politico di una parte minoritaria che non sa più parlare altrimenti agli elettori.

 

E quando, fra cinque anni al massimo, torneremo a votare in un sistema politico probabilmente altrettanto scombinato ma non meno democratico e liberale dell'attuale - esito sul quale, come la stragrande maggioranza degli italiani, non nutro il benché minimo dubbio - il Paese ricorderà che per l'ennesima volta il pastorello ha gridato al lupo, ma il lupo non c'era. E dovremo allora pregare che il lupo non abbia ad arrivare davvero, prima o poi. Perché a quel punto, se arrivasse, sbranerebbe indisturbato fino all'ultima pecora.

 

BELLA CIAO 5

2 - "BELLA CIAO" DIVENTA UN JINGLE. DI FASCISMO E ANTIFASCISMO NON FREGA DAVVERO PIÙ A NESSUNO

Antonio Gurrado per www.ilfoglio.it

 

Questa mattina mi son svegliato e ho acceso la tivù. E c’era uno spot il cui slogan veniva scandito sulla musica di “Bella ciao”: credevo fosse campagna elettorale, invece era la pubblicità di una ditta di arredamenti. Ne ho tratto un dilemma insolubile, che mi tormenta tuttora.

 

O gli autori dello spot, i musicanti, i parolieri, l’ufficio marketing, l’amministratore delegato, gli operatori e il canale televisivo – poiché non si può stare a controllare ogni dettaglio – non si sono accorti che quel motivetto era “Bella ciao”. O, camuffato da endorsement a una ditta di arredamenti, quello spot vuole in realtà sottintendere un messaggio partigiano, che si conficca subliminale nella mente di chi osserva divani e piantane, poiché ogni contesto è opportuno per mostrarsi antifascisti.

 

BELLA CIAO 11

Oppure, infine, di fascismo e antifascismo non frega davvero più a nessuno e sono diventati un sostrato pop, usitato e innocuo come una canzoncina che ti frulla in testa, quindi entro fine estate ci sarà da aspettarsi la réclame di un compro oro che ci proporrà di versargli i nostri preziosi sulle note di “Faccetta nera”.

bella ciaoscontri tra polizia e anti fascisti a milano 4BELLA CIAO 9

Ultimi Dagoreport

FLASH! – MENTRE SVANISCE LA MILANO DEI ‘’POTERI FORTI’’ E DEI “SALOTTI BUONI”, FINITI SOTTO IL TALLONE DEI “BARBARI ROMANI”, SI ALZA LA VOCE DEL 92ENNE GIOVANNI BAZOLI - IL GRANDE VECCHIO, CHE INSIEME A GUZZETTI HA RIDISEGNATO IL SISTEMA BANCARIO, HA CONSEGNATO ALLA FELTRINELLI LA SUA AUTOBIOGRAFIA (LA FIGLIA CHIARA, NONCHÉ COMPAGNA DEL SINDACO DI MILANO BEPPE SALA, LAVORA ALLA FONDAZIONE FELTRINELLI) – IL LIBRO PARTE DALLA GUERRA AI NAZIFASCISMO E LA PASSIONE PER ALESSANDRO MANZONI, CONTINUA CON LA CELEBRAZIONE DI NINO ANDREATTA, LE VICENDE DEL BANCO AMBROSIANO, FINO ALLA CREAZIONE DI INTESA SANPAOLO…

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…