luigi di maio marcello de vito

LO STRANO CASO DI MARCELLO DE VITO: NON E’ MAI STATO ESPULSO DAI 5STELLE - IL PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA CAPITOLINA, ARRESTATO PER CORRUZIONE, E’ SOTTO PROCEDIMENTO DISCIPLINARE - I LEGALI M5S HANNO FATTO CAPIRE A DI MAIO DI FRENARE: “SE FA RICORSO CONTRO L’ESPULSIONE, LO PERDIAMO” - SERVE UNA CONDANNA IN PRIMO GRADO…

Stefania Piras per “il Messaggero”

 

marcello de vito

L'espulsione di Marcello De Vito? Non c'è mai stata, è stata solo proclamata da Luigi Di Maio la mattina dell'arresto del presidente dell'Assemblea capitolina. E dunque non ha mai avuto efficacia. Con il caso De Vito emerge dunque la volatilità del partito stellato che con un clic, con una mail mai aperta dal diretto interessato però, ha fatto fuori la «mela marcia» De Vito.

 

Solo una settimana fa i legali dei Cinquestelle hanno inviato un ufficiale giudiziario a casa di De Vito per notificargli non l'espulsione ma l'apertura del procedimento disciplinare. Gli hanno fatto arrivare una raccomandata in cui gli si dice che è «sottoposto a procedimento disciplinare». Questo è successo il 9 luglio e quindi quattro giorni dopo che De Vito ha lasciato il carcere, è tornato a casa grazie agli arresti domiciliari e tre giorni prima che la Cassazione si pronunciasse sull'ordinanza di arresto. Stavolta Di Maio ha usato molta più cautela. Semplice: i legali glielo dissero fin da subito che De Vito avrebbe potuto fare ricorso ed essere pienamente reintegrato nel Movimento.

MARCELLO DE VITO E VIRGINIA RAGGI

 

Ma facciamo un passo indietro. La mattina del 20 marzo scorso, due ore dopo la diffusione della notizia dell'arresto di De Vito per corruzione, Luigi Di Maio scrisse su Facebook, mica su carta bollata, che De Vito era fuori perché «loro erano diversi». Ma sapeva già di violare lo statuto e il codice etico perché i procedimenti disciplinari, nei codici grillini, li aprono i probiviri, non il capo politico. E infatti ammise di averli scavalcati: «Mi assumo io la responsabilità di questa decisione, come capo politico, e l'ho già comunicata ai probiviri - scrisse Di Maio - Quanto emerge in queste ore oltre ad essere grave è vergognoso, moralmente basso e rappresenta un insulto a ognuno di noi».

 

LA CAUTELA

MARCELLO DE VITO ROBERTA LOMBARDI

Non un briciolo di cautela. Disse che «essersi presumibilmente avvicinati a certe dinamiche, per un eletto del MoVimento, è inaccettabile. De Vito potrà e dovrà infatti difendersi in ogni sede, nelle forme previste dalla legge, ma lo farà lontano dal MoVimento 5 Stelle».

 

Quel giorno partì una mail indirizzata a De Vito in cui c'erano le contestazioni dei probiviri, e non di Di Maio, e in cui si diceva che si apriva un procedimento disciplinare. Ma il presidente dell'Assemblea capitolina né in carcere né ai domiciliari ha potuto o può consultare la posta elettronica. Non può nemmeno autosospendersi come è consigliato nello statuto perché non può scrivere a chicchessia.

 

MARCELLO DE VITO

La raccomandata di qualche giorno fa serve a dare un presupposto giuridico alla rabbia di Di Maio, insomma. Ma rimarrà lettera morta: De Vito non può controdedurre alle contestazioni. Anche Di Maio sa che non sarà facile dare seguito alla sua intransigenza. A Milano il 5 luglio scorso durante l'assemblea con gli attivisti si è tradito. «De Vito è stato espulso subito da me che non potevo farlo e magari mi farà pure causa. E sarà reintegrato».

 

Ecco perché quell'espulsione in pompa magna si è rivelata una sparata. Gli avvocati gli hanno fatto notare fin dal primo giorno che è lui ad aver violato lo Statuto. Non c'è scritto da nessuna parte che il capo politico può irrogare le sanzioni disciplinari e non c'è scritto da nessuna parte che un'indagine per corruzione faccia scattare automaticamente la sanzione. Bisogna aspettare semmai una condanna in primo grado.

 

MARCELLO DE VITO VIRGINIA RAGGI

D'altronde il codice etico introdusse il paletto della condanna per salvare Raggi e permetterle di affrontare il processo. Niente sanzioni dunque. Ma la gogna sì, quella scatta sempre. E intanto De Vito è ancora dentro il Movimento ed è ancora titolare della poltrona più alta dell'Aula Giulio Cesare, perché Raggi e i consiglieri di maggioranza che ripetevano a pappagallo le parole di Di Maio, «Noi li cacciamo subito», non riescono proprio a revocare il presidente dell'Assemblea capitolina De Vito.

Ultimi Dagoreport

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?

tommaso foti galeazzo bignami

CHIAGNI E FOTI – A VOLERE QUEL FENOMENO DI GALEAZZO BIGNAMI COME CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA FU TOMMASO FOTI, CHE SCELSE IL CAMERATA BOLOGNESE COME SUO SUCCESSORE. QUANDO CI FU IL PASSAGGIO DI CONSEGNE, FOTI ASSICURÒ CHE NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE UN SUCCESSORE MIGLIORE (PENSA COM'ERANO GLI ALTRI PRETENDENTI) - DI SICURO BIGNAMI NON È MAI STATO TROPPO ISTITUZIONALE NEGLI INTERVENTI IN AULA: SPESSO PROVOCATORIO, OGNI VOLTA CHE PARLA IRRITA L'OPPOSIZIONE. PARE CHE UNA TELEFONATA DA PALAZZO CHIGI E UN CONSIGLIO “PATERNO” BY FOTI LO AVESSERO INDOTTO A MAGGIOR EQUILIBRIO. SINO A IERI…

sergio mattarella guido crosetto galeazzo bignami adolfo urso giorgia meloni

FLASH! - SULLA QUESTIONE GAROFANI-BELPIETRO, RIMBOMBA IL SILENZIO ASSORDANTE DI GUIDO CROSETTO. CHE LA LINEA DEL MINISTRO DELLA DIFESA E COFONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA SIA PIÙ IN SINTONIA CON IL COLLE CHE CON I CAMERATI DI “PA-FAZZO” CHIGI DI VIA DELLA SCROFA, NON È UNA NOVITÀ. D’ALTRONDE, NEL 2022 FU MATTARELLA A VOLERE CROSETTO ALLA DIFESA, DOPO AVER BOCCIATO IL NOME DI ADOLFO URSO PROPOSTO DA MELONI. ED È SEMPRE STATO CONSIDERATO UN “INTERLOCUTORE” DEL COLLE, TANT’È CHE GUIDONE SMISE DI PARTECIPARE  AI CONSIGLIO DEI MINISTRI POICHÉ TUTTI DAVANTI A LUI TENEVANO LA BOCCUCCIA CHIUSA…

maurizio belpietro giorgia meloni galeazzo bignami francesco saverio garofani sergio mattarella

GIORGIA MELONI NON ARRETRA! DOPO L'INCONTRO AL QUIRINALE CON MATTARELLA, LA DUCETTA HA RIBADITO LA VERSIONE DEL CAMERATA GALEAZZO BIGNAMI: “RAMMARICO PER LE PAROLE ISTITUZIONALMENTE E POLITICAMENTE INOPPORTUNE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI” – AL CONSIGLIERE DI MATTARELLA SARÀ SFUGGITA UNA PAROLA DI TROPPO, MA DA UNA BANALE OSSERVAZIONE POLITICA SUL CENTROSINISTRA AL GOLPE QUIRINALIZIO, CI PASSA UN OCEANO – PERCHÉ BELPIETRO NON PUBBLICA L'AUDIO IN CUI GAROFANI EVOCAVA UN “PROVVIDENZIALE SCOSSONE” (AMMESSO CHE LO "SCOSSONE" NON SI RIFERISSE AL CENTROSINISTRA)? SE LO FACESSE, LA QUESTIONE SAREBBE CHIUSA: PER GAROFANI SAREBBE DIFFICILE RESTARE AL SUO POSTO – IL QUIRINALE AVEVA FATTO SAPERE CHE DOPO L’INCONTRO CI SAREBBE STATO UN COMUNICATO. PER ORA L’HA FATTO LA MELONI: CI SARÀ UN’ALTRA NOTA DAL COLLE? - BIGNAMI INSISTE: "CI HA SORPRESO LA REAZIONE SCOMPOSTA DEL PD, GAROFANI HA CONFERMATO I CONTENUTI E NON HO VISTO PIATTI VOLARE DAL QUIRINALE..."