impianti sciistici chiusi

TURISTI PER CAOS - LA PANDEMIA HA RIPORTATO IL MERCATO DEL TURISMO INDIETRO AL 1969: TRA CITTÀ D’ARTE DESERTE E ALBERGHI CHIUSI, SIAMO A 236 MILIONI DI PRESENZE IN MENO, CON 13,5 MILIARDI DI EURO BRUCIATI - SECONDO FEDERALBERGHI "IL GOVERNO CONTE HA FATTO PIÙ DANNI DEL COVID. HANNO TROVATO 4 MILIARDI PER IL CASHBACK E NEMMENO 100 MILIONI DI EURO PER BLOCCARE LA TARI" - DRAGHI E IL NEO MINISTRO GARAVAGLIA AVRANNO MOLTO LAVORO DA FARE...

Vincenzo Caccioppoli  per www.businessinsider.com

 

la pandemia affossa il turismo

Nato nel 1959, in vista dei Giochi Olimpici di Roma dell’anno dopo, per 34 anni il Ministero del Turismo è sempre stato più dello Spettacolo che del Turismo, come se le due cose fossero legate indissolubilmente.

 

Il fatto che il ministero sia stato cosi poco incisivo in tanti anni, perché considerato una sorta di parcheggio o un ripiego per politici con poco peso specifico, ha contribuito a creare intorno a questo dicastero l’idea che fosse il solito ente inutile e dispendioso, di cui si poteva tranquillamente fare a meno.

 

centinaio

Ed ecco allora che in piena prima ondata di antipolitica, nel referendum del 1993 che verteva su varie questioni :il sempreverde sistema elettorale, la depenalizzazione delle droghe leggere, il finanziamento pubblico dei partiti e le nomine ai vertici delle banche, fu inserita anche una postilla per l’abrogazione del ministero. In pieno clima di Mani Pulite, il Ministero che avrebbe dovuto occuparsi del Turismo fu vittima del SI’ dato dagli Italiani su questioni molto più popolari.

 

Il turismo è rimasto perciò per decenni come una sorta di figlio di un dio minore, malgrado sia un settore vitale per la nostra economia, considerando che rappresenta il 13% del Pil e dà lavoro a circa 3,5 milioni di persone (dati pre-covid).

 

A parte una infausta e tutto sommato trascurabile  parentesi nel quarto governo Berlusconi, quando per decreto fu affidato una sorta di para ministero alla sua fedelissima Vittoria Brambilla, il turismo è sempre rimasto relegato alle pertinenze di un dipartimento del ministero della cultura.

 

gianmarco centinaio matteo salvini

Nel 2018 poi l’allora ministro dell’agricoltura della Lega Gianmarco Centinaio pretese che fosse spostato sotto il suo dicastero. E proprio sotto il ministero Centinaio, a detta di tutti gli esperti del settore, sembrava che la situazione potesse avere avuto finalmente una svolta. Ecco perché quando il presidente incaricato aveva fatto trapelare di voler mettere il turismo al centro della sua agenda, parlando proprio con la delegazione della Lega, la conferma dell’ex ministro salviniano sembrava quasi scontata.

 

Chiunque lavori nell’industria del turismo, e quindi operatori agenzie, network, e altro, infatti, auspicava che Centinaio ritornasse a ruoli di primo piano proprio nel turismo Non certo per appartenenza politica, ma proprio per le competenze acquisite sul campo dall’ex ministro.

 

MASSIMO GARAVAGLIA

“Chiunque parli con Centinaio, che sia un sales, un commerciale, un product manager, un agente, un amministratore delegato, un giornalista, capisce immediatamente che Centinaio di queste cose ne capisce. Ha lavorato nel settore, conosce la materia. E quindi potrebbe prendere sul serio in mano il dossier turismo e puntare ad un vero riposizionamento del turismo fra le grandi industrie del Paese” dice Mario C. tour operator lombardo.

 

A guidare il ministero del Turismo, che verrà scorporato da quello della Cultura, invece è stato chiamato un suo collega di partito, Massimo Garavaglia, viceministro dell’Economia nel governo Conte 1, da sempre uno dei più convinti assertori della flat tax, che lo stesso Draghi ha prontamente negato di voler prendere in considerazione. Forse si è trattato della necessità di premiare una certa corrente leghista, rispetto ad un altra, ma se cosi fosse certo le premesse non sono buone per il settore, perché vorrebbe dire ritornare alle logiche del passato, ma con aggravante che si sta andando incontro ad una crisi epocale per tutto il comparto.

 

piste da sci

Il comparto in base ai dati di Confcommercio contribuisce per 44 miliardi alla bilancia commerciale italiana e registra un valore della produzione di 190 miliardi. Il 2019, infatti, aveva fatto registrare un ulteriore record dei flussi turistici negli esercizi ricettivi italiani, con 131,4 milioni di arrivi e 436,7 milioni di presenze e una crescita, rispettivamente, del 2,6% e dell’1,8% in confronto con l’anno precedente.

 

L’espansione dei flussi turistici sembrava confermata dalle prime evidenze dei dati di gennaio dell’anno 2020 (+5,5% gli arrivi e +3,3% le presenze di clienti negli esercizi ricettivi italiani rispetto allo stesso mese dell’anno precedente).

 

piste da sci

Ma già dal mese di febbraio si rendono visibili gli effetti della pandemia e delle conseguenti misure di contenimento (-12% gli arrivi e -5,8% le presenze). Nei mesi del lockdown (in particolare, dall’11 marzo al 4 maggio) la domanda quasi si è azzerata e le presenze nelle strutture ricettive sono state appena il 9% di quelle registrate nello stesso periodo del 2019.

 

Per il 2020, dopo una felice partentesi estiva, in cui però il settore ha dovuto fare i conti con circa 8 milioni di turisti stranieri in meno rispetto al 2019,  i primi dati provvisori sull’intero anno, parlano di oltre un 50% in meno di fatturato, con punte del 65%-70% per le città d’arte, quelle più duramente colpite dalla quasi totale assenza di arrivi dall’estero.

 

piste da sci

La pandemia ha riportato il mercato ai livelli del 1969. Tra città d’arte deserte e alberghi chiusi, si sono registrate 236 milioni di presenze in meno. Sono stati bruciati 13,5 miliardi di euro.

 

Il presidente Draghi ha indicato proprio nel rilancio del turismo una priorità per il governo, ma forse si era dimenticato di farlo sapere a tutti i suoi ministri, forse perché da sempre l’uomo è di poche parole e di molti fatti, e quindi dava per scontato quello che invece in politica non lo è affatto.

 

La decisione del suo ministro della salute Speranza, infatti, che di concerto con il Cts, ha deciso di prorogare proprio alla vigilia della riaperture, la chiusura fino a Marzo degli impianti sciistici, ha provocato una vera e propria rivolta di tutti gli operatori del turismo della neve, che con grandi sacrifici avevano operato tutti gli interventi richiesti per adeguarsi alle stringenti misure di sicurezza.

 

ATTILIO FONTANA

“Una decisione – ha detto il presidente della Lombardia Attilio Fontana – dell’ultimo secondo che dà un ulteriore colpo gravissimo a un settore che stava faticosamente riavviando la propria macchina organizzativa. Ancora una volta si dimostra che il sistema delle decisioni di ‘settimana in settimana’ è devastante sia per gli operatori, sia per i cittadini. Solo sette giorni fa lo stesso Cts nazionale aveva dato il via libera a un regolamento molto severo per poter riaprire. Su quella base avevamo consentito la riapertura”.

 

Ma lo sconcerto è unanime in tutti i presidenti di Regione se persino una persona misurata e pacata come il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini ha affermato duro che

 

bonaccini

“Non posso non esprimere stupore e sconcerto, anche a nome delle altre Regioni, per la decisione di bloccare la riapertura degli impianti sciistici a pochissime ore dalla annunciata e condivisa ripartenza per domani. Solo una settimana fa il Cts nazionale aveva validato la riapertura di queste attività in zona gialla attraverso linee guida molto stringenti, formulate dalle Regioni in accordo coi gestori e secondo le indicazioni degli stessi tecnici”.

 

Insomma un vero pasticcio che rischia di compromettere definitivamente la stagione per un settore come quello dello sci, che ha subito perdite pesantissime, non avendo mai potuto aprire gli impianti malgrado più volte fosse stato annunciato il contrario. Certo come si dice in questi casi la salute e prioritaria, ma certo è che guardando ai dati sui contagi di chi gli impianti li ha comunque tenuti aperti, come la vicina Svizzera, non si può certo dire che questo fatto abbia comportato recrudescenza del virus.

 

BERNABO' BOCCA FEDERALBERGHI

“Il governo Conte ha fatto più danni che il Covid sul turismo. Hanno trovato 4 miliardi per il cash back ma non sono stati in grado di trovarne 100 milioni di euro per bloccare almeno la Tari per chi non riusciva a lavorare” ha detto impietoso qualche giorno fa Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi.

 

Se queste sono le premesse comincia davvero in salita il lavoro per il neoministro Garavaglia.

Ultimi Dagoreport

jackie kennedy e gianni agnelli a ravello nel 1962

JOHN KENNEDY E’ STATO IL PIÙ INFEDELE PUTTANIERE DEL XX SECOLO MA SUA MOGLIE JACQUELINE S’ATTACCAVA COME UN’IDROVORA A OGNI AUGELLO A PORTATA DI MANO (DAI DUE COGNATI ROBERT E TED PASSANDO PER SINATRA, BEATTY, MARLON BRANDO E VIA CHIAVANDO) - L’8 AGOSTO 1962, TRE GIORNI DOPO LA MORTE DI MARYLIN MONROE, JACKIE (INCAZZATA PER LE INDISCREZIONI SULLA LIAISON TRA IL MARITO E L’ATTRICE) RAGGIUNSE RAVELLO, SULLA COSTIERA AMALFITANA: FU ACCOLTA COME UNA REGINA DALL’ALLUPATISSIMO GIANNI AGNELLI – PER JACKIE, RAVELLO FECE RIMA CON PISELLO E LA VACANZA DIVENNE UN’ALCOVA ROVENTE (“LA VACANZA PIÙ BELLA DELLA SUA VITA”, RIPETEVA) AL PUNTO DA TRATTENERSI PIU’ DEL PREVISTO FINCHÉ NON PIOMBARONO 007 AMERICANI A PRELEVARLA COME UN ALMASRI QUALUNQUE PER RIPORTARLA A WASHINGTON DAL MARITO CORNUTO E INCAZZATO - LA VORACE JACKIE IMPARÒ A FARE BENE I POMPINI GRAZIE ALL'ATTORE WILLIAM HOLDEN: “ALL'INIZIO ERA RILUTTANTE, MA UNA VOLTA PRESO IL RITMO, NON SI FERMAVA PIÙ” –PER RIPICCA CI FU ANCHE UNA LIASON MARELLA AGNELLI-JOHN KENNEDY (CONFIDENZA DI INFORMATISSIMA SOCIALITE) - VIDEO

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…