VI RICORDATE LE NOMINE PER LE AUTHORITY? NO? TI CREDO, SONO FERME DA MESI. E IN LIZZA CI SONO SEMPRE GIACOMELLI PER L'AGCOM (UN DIPLOMATO AL CLASSICO DOPO PROFESSORI UNIVERSITARI E CONSIGLIERI DI STATO) E NIENTEPOPODIMENO CHE MARCO BELLEZZA, L'AVVOCATO DI FACEBOOK, PER IL GARANTE DELLA PRIVACY. L'UOMO CHE DIFESE IL GIGANTE CONTRO LA MADRE DI TIZIANA CANTONE, DOVREBBE POI PUNIRLO E REGOLARLO. ANNAMO BENE

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Marco Bellezza Marco Bellezza

Avete più sentito parlare delle nomine nelle authority, ormai scadute da tempi imbarazzanti pure per la flemma italiana? In ballo ci sono due posti chiave per la società e la politica italiane, ovvero l'AgCom e il Garante per la Privacy. Due organismi che quando nacquero – in un'era quasi analogica – avevano un ruolo importante ma non di primo piano, la prima concentrata soprattutto sulla tv, la seconda alle prese con la prima normativa italiana sulla riservatezza.

 

Oggi sono fondamentali per la vita politica e civile, visto che tutto passa attraverso internet e la gestione dei nostri preziosi dati. Eppure al momento hanno al vertice due anatre non zoppe, ma proprio già defunte e impagliate, due presidenti che hanno già ''smontato'' le rispettive truppe in vista di cambi al vertice che da oltre sei mesi sembrano imminenti e invece sono paralizzati.

 

E, come se non bastasse, i nomi che circolano fanno storcere il naso a molti. Nel caso dell'AgCom, in pole position c'è Antonello Giacomelli, già sottosegretario Pd con delega alle comunicazioni, che quindi ha competenze sul campo ma sicuramente non il cv che richiederebbe la legge. L'art. 2, comma 8 della legge 14 novembre 1995, n.481, che istituisce le Authority, prevede che i componenti siano scelti tra persone dotate di alta e riconosciuta professionalit e competenza nel settore.

 

ANTONELLO GIACOMELLI ANTONELLO GIACOMELLI

Questi requisiti si applicano, a maggior ragione, al presidente, non a caso in passato abbiamo avuto due professori universitari (Cheli e Cardani) e un alto magistrato (Calabrò). L'onorevole Giacomelli ha invece solo il diploma di maturità classica…

 

L'altro nome è ancora più problematico. Si tratta di Marco Bellezza, avvocato, già consigliere giuridico del vice premier e ministro dello sviluppo economico Di Maio, che in quella veste seguì l'iter della direttiva copyright presso il Consiglio europeo, nel cui ambito il Governo italiano si è espresso, il 20 febbraio 2019, contro l'approvazione della direttiva stessa.

 

L'avv. Bellezza è stato legale di Facebook in alcuni procedimenti giudiziari, fra i quali una causa al Tribunale di Roma andata in decisione appena pochi giorni prima della riunione del Consiglio europeo (1a sentenza reca la data del 30 gennaio 2019 ed è stata depositata il 15 febbraio), conclusasi con la condanna di Facebook per violazione del diritto d'autore e per diffamazione perpetrate in danno di RTI.

 

Bellezza è stato difensore di Facebook anche in un procedimento intentato dalla madre di Tiziana Cantone, la ragazza suicidatasi nel 2016 dopo il linciaggio social. Anche in quella occasione la piattaforma è stata condannata per la mancata rimozione dei contenuti.

Marco Bellezza con Zingaretti Marco Bellezza con Zingaretti

 

Dell'avvocato ha parlato anche un articolo del ''Foglio'' di qualche mese fa. Ovviamente sarebbe nominato alla Privacy in quota 5 Stelle, soprattutto se all'AgCom dovesse andare un uomo del Pd. Cioè l'uomo che in Italia ha rappresentato la piattaforma che più ha guadagnato con i dati personali, al centro dello scandalo Cambridge Analytica, con decine e decine di cause in Europa per la gestione delle informazioni, diventerebbe colui che dovrebbe punirla e regolamentarla. Qua siamo oltre il conflitto d'interessi…

 

 

2. MARCO BELLEZZA, L’AVVOCATO DI FACEBOOK

Luciano Capone per www.ilfoglio.it per 23 Febbraio 2019

 

Tutti sanno che al governo c’è l’autodefinito “Avvocato del popolo”, ma nessuno sa che c’è anche l’avvocato di Facebook. Sia perché è legale del colosso del web, sia perché – in un certo senso – attraverso il suo ruolo nel governo italiano sta portando avanti la stessa causa di Mark Zuckerberg contro la direttiva europea sul copyright. Si tratta di Marco Bellezza, consigliere giuridico per le comunicazioni e l’innovazione digitale del vicepremier Luigi Di Maio (con stipendio di 100 mila euro all’anno) e storico avvocato di Facebook. Il Foglio aveva già dato conto di questa anomalia (articolo del 15 dicembre 2018 di Eugenio Cau), ma ciò che appariva come una commistione di interessi ora assume i contorni del conflitto d’interessi.

 

 

 

antonello giacomelli antonello giacomelli

Mercoledì infatti il governo italiano si è espresso contro l’approvazione della direttiva europea sul copyright, frutto di un compromesso tra Parlamento europeo e Consiglio dell’Ue. Con questo voto l’Italia ha abbandonato la sua posizione storica di difesa del diritto d’autore insieme a paesi come la Spagna e la Francia e si è schierata con il blocco minoritario di paesi come Olanda, Lussemburgo, Finlandia e Polonia. Ha sposato cioè posizioni simili a quelle dei big del web, che si oppongono all’articolo 11, sul bilanciamento della torta dei profitti tra gestori di servizi online ed editori, e soprattutto all’articolo 13, che rende i social network e le piattaforme in una certa misura responsabili dei contenuti e delle violazioni del diritto d’autore. Su questi punti l’Italia, soprattutto per volontà del M5s, ha la stessa posizione di Facebook (e di Google, YouTube e tutti gli altri “over the top”).

 

 

 

ANGELO CARDANI ANGELO CARDANI

Si tratta, naturalmente, di una posizione politica legittima. Il problema è che a occuparsi del dossier sulla direttiva europea è proprio il consigliere giuridico di Di Maio, Marco Bellezza, che difende Facebook in numerose cause sul diritto d’autore. Per una strana coincidenza temporale, una di queste è andata a sentenza il 15 febbraio, pochi giorni prima del voto dell’Italia contro la direttiva: è la causa vinta in primo grado da Mediaset per violazione del diritto d’autore e diffamazione, illeciti dovuti alla pubblicazione sul social network di link non autorizzati. La sentenza afferma per via giurisprudenziale ciò che il colosso di Mark Zuckerberg non vuole venga stabilito per via legislativa con la direttiva sul copyright, ovvero una responsabilità del social network per i contenuti pubblicati sulle sue pagine anche attraverso link che rimandano ad altri siti. E non si tratta dell’unica causa in cui Bellezza ha difeso Facebook.

 

TIZIANA CANTONE TIZIANA CANTONE

Il consigliere di Di Maio è nel collegio difensivo della causa intentata dalla startup italiana Business Competence, che accusa Facebook di averle copiato un’applicazione (di questa vicenda ha scritto sul Foglio Alberto Brambilla il 16 aprile 2018). La multinazionale americana dopo aver perso in primo grado e in appello ha fatto ricorso in Cassazione. Bellezza è stato legale di Facebook anche nella causa intentata dalla madre di Tiziana Cantone, la ragazza che si suicidò nel 2016 dopo un linciaggio sui social. Anche in questo caso la società di Zuckerberg è stata condannata per non aver rimosso i contenuti offensivi, nonostante le segnalazioni della vittima.

 

 

 

Ora l’avvocato di Facebook è consigliere giuridico di Di Maio e, per certi versi, difende la stessa causa sul copyright. C’è un grande problema di opportunità per un governo che dice di essere “contro le lobby”, soprattutto alla luce di ciò che c’è scritto nel “contratto di governo”: “Riteniamo che debba qualificarsi come possibile conflitto di interessi l’interferenza tra un interesse pubblico e un altro interesse, pubblico o privato, che possa influenzare l’esercizio obiettivo, indipendente o imparziale, di una funzione pubblica, ... anche in assenza di un vantaggio immediatamente qualificabile come monetario”. E’ conflitto d’interessi, bellezza.

antonello soro antonello soro

 

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