mette frederiksen migranti

ZINGARETTI, GUARDA COME SI METTE – IN DANIMARCA LA SINISTRA SMETTE DI FARE LA BUONISTA SUI MIGRANTI E VINCE LE ELEZIONI – LA STRATEGIA DI METTE FREDERIKSEN, 41ENNE LEADER DEL PARTITO SOCIALDEMOCRATICO, CHE VUOLE MENO ACCOGLIENZA E PIÙ WELFARE (E CHIUDE I CENTRI PROFUGHI) – LE ANIME BELLE DELLA SINISTRA LA CRITICANO, MA I DANESI APPREZZANO…

Ettore Livini per “la Repubblica”

 

mette frederiksen 7

«Piacere, Arne Arnhelm. Ho 53 anni, sono ingegnere a Roskilde e se cerca una persona un po' in crisi, con testa e cuore progressisti ma pancia a destra, l' ha trovata ». Eccolo qui - spuntato da nulla in mezzo alla folla della Festa del popolo nell' isola danese di Bornholm - l' homo novus (o il pericoloso mutante, dipende dai punti di vista) della sinistra europea. Segni particolari: democratico, anti-fascista, strenuo difensore del welfare scandinavo e paladino dei più deboli.

 

Tutti, con un' unica eccezione: i 510mila migranti, su 5,8 milioni di abitanti, scappati da guerre e fame per cercare una nuova vita in Danimarca. Il copyright di questo ibrido ideologico - vincente, pare, alle elezioni - è di Mette Frederiksen, 41enne leader del Partito socialdemocratico (Sf) di Copenhagen.

 

mette frederiksen 2

«Siamo compassionevoli, ma c' è un limite agli stranieri che possiamo accettare - è il suo mantra - . E non voler che il tuo Paese cambi non fa di te una persona cattiva». Anche Arne la pensa così. «Ha avuto il coraggio di dire quello che in strada, senza ipocrisia, sappiamo tutti: l' accoglienza non può essere infinita e cieca».

 

Parole? No fatti. «La compagna Frederiksen» - come la chiama lui - ha votato con l' ex-governo di destra l' ok alla confisca di gioielli e i soldi ai rifugiati per pagare il loro mantenimento, le leggi che proibiscono burqa e niqab, quelle che obbligano i bambini stranieri a seguire 25 ore settimanali di lezioni di "valori danesi".

 

migranti in mare

Eresie, viste da sinistra. «Ma eresie che hanno pagato nelle urne» spiega Kaspar Hansen, professore di politica all' università di Copenaghen. «Il 5 giugno, dopo 8 anni di voti dati con dolore ai conservatori, sono tornato a metter la croce sulla rosa dell' Sf» dice Arne. Lo stesso percorso l' hanno fatto in tanti.

 

mette frederiksen 13

«Specie l' ex zoccolo duro di impiegati e operai del partito», dice Hansen. Risultato: i consensi rubati alla destra hanno compensato i voti socialdemocratici fuggiti - causa svolta salviniana - verso la sinistra dell' accoglienza, che ha raddoppiato i consensi. Il fronte progressista è maggioranza in parlamento. E Sf - primo partito con il 25,9% (poco meno della tornata precedente) - ha l' incarico di formare il governo.

mette frederiksen 4

 

Un esecutivo di minoranza, è il sogno di Frederiksen pronto a trovare a sinistra i voti per combattere il riscaldamento globale, abbassare l' età pensionabile, difendere il welfare e alzare le tasse a ricchi e banche. Ma disposto a pescare a destra quelli necessari per gestire il "nodo" migranti.

 

Arne non è l' unica persona in cerca di nuove bussole ideali tra i 100mila ospiti del festival di Bornholm. «Negli ultimi dieci anni in Danimarca è cambiato tutto - ammette Emma Clausent, giovane militante dell' alleanza rosso-verde in coda per entrare a un dibattito della Woodstock della politica danese - .

 

profughi

Specie le nostre certezze». Incrinate - sostiene lei - dagli scricchiolii del mitologico welfare di Copenhagen. «Mia nonna da due anni è costretta a pagare una quota delle spese per la pulizia di camera sua, in casa di riposo» spiega scandalizzata: 700 corone (meno di cento euro) al mese, briciole. Ma fastidiosissime per chi ha sempre avuto tutto pagato dallo Stato. Il taglio del 25% a ospedali e scuole per motivi di efficienza ha fatto il resto: il numero di danesi con assicurazione sanitaria privata è salito dal 3% del 2003 al 33%. E le briciole sono diventate una valanga che ha finito per travolgere i migranti. «L' economia va - precisa Helge Pedersen, capo economista di Nordea Bank - Il pil cresce del 2% l' anno, la disoccupazione è al 5%. Ma il Paese invecchia rapidamente. E i rifugiati, che costano 4,5 miliardi l' anno, sono diventati capri espiatori».

 

mette frederiksen 3

Un bersaglio facile. I 45mila arrivati in Danimarca tra 2015 e 2016 hanno surriscaldato il dibattito politico, rimasti caldissimi anche ora che le richieste di asilo sono crollate (dati 2018) a poco più di mille. «La Danimarca ci ospita, mi ha dato casa e scuola per le figlie - dice Fatima Tunsi, davanti al supermercato Aldi di Tingbjerg, sei km. dal centro di Copenaghen - ma ha fatto l' errore di segregarci in una sorta di "Paese parallelo"».

mette frederiksen 6

 

Ventinove aree che il governo classifica senza ipocrisia come "ghetti". «Qui vice una legge che vale solo per noi», spiega Fatima. I reati commessi tra i vicoli delle case color ocra di Tingbierg - malgrado le proteste di Ong e Onu - hanno pene maggiorate rispetto al resto del Paese. E una nuova legge prevede di "normalizzare" questi distretti imponendo che il 40% delle case nell' area - edilizia popolare - siano affittate o vendute a privati.

Anche a costo di abbattere quelle esistenti senza preoccuparsi troppo della fine che faranno gli occupanti.

 

mette frederiksen 5

La sinistra "accogliente" fatica a mandare giù queste forzature. Vuole un governo progressista («welfare e clima sono stati i veri temi della campagna elettorale», dice Hansen). E sta cercando di ammorbidire la linea-Frederiksen in cambio dell' ok al governo di minoranza. Il caso più spinoso «per cui io non ho una soluzione», ammette la leader rosso verde Pernille Skipper, è quello di Lindholm.

mette frederiksen 1

 

Un' isola dove oggi sono segregati per studi virologici gli animali infetti, destinata a diventare nel 2021 la casa-galera di un centinaio di immigrati autori di reati privi di asilo politico e impossibili da rimpatriare. «Non è una scelta in linea con le nostre tradizioni» sostiene Lars Holtug marinaio dell' Ulvsund, che tutti chiamano "Virus", il traghetto che fa la spola tra la terraferma e Lindholm. «Capisco la realpolitik - dice - . Ma tradire gli ideali non lo accetto. Magari si salverà politicamente la pelle. Ma così si rischia di perdere l' anima».

mette frederiksen 10mette frederiksen 11mette frederiksen 9mette frederiksen 8mette frederiksen 12

Ultimi Dagoreport

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?

tommaso foti galeazzo bignami

CHIAGNI E FOTI – A VOLERE QUEL FENOMENO DI GALEAZZO BIGNAMI COME CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA FU TOMMASO FOTI, CHE SCELSE IL CAMERATA BOLOGNESE COME SUO SUCCESSORE. QUANDO CI FU IL PASSAGGIO DI CONSEGNE, FOTI ASSICURÒ CHE NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE UN SUCCESSORE MIGLIORE (PENSA COM'ERANO GLI ALTRI PRETENDENTI) - DI SICURO BIGNAMI NON È MAI STATO TROPPO ISTITUZIONALE NEGLI INTERVENTI IN AULA: SPESSO PROVOCATORIO, OGNI VOLTA CHE PARLA IRRITA L'OPPOSIZIONE. PARE CHE UNA TELEFONATA DA PALAZZO CHIGI E UN CONSIGLIO “PATERNO” BY FOTI LO AVESSERO INDOTTO A MAGGIOR EQUILIBRIO. SINO A IERI…

sergio mattarella guido crosetto galeazzo bignami adolfo urso giorgia meloni

FLASH! - SULLA QUESTIONE GAROFANI-BELPIETRO, RIMBOMBA IL SILENZIO ASSORDANTE DI GUIDO CROSETTO. CHE LA LINEA DEL MINISTRO DELLA DIFESA E COFONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA SIA PIÙ IN SINTONIA CON IL COLLE CHE CON I CAMERATI DI “PA-FAZZO” CHIGI DI VIA DELLA SCROFA, NON È UNA NOVITÀ. D’ALTRONDE, NEL 2022 FU MATTARELLA A VOLERE CROSETTO ALLA DIFESA, DOPO AVER BOCCIATO IL NOME DI ADOLFO URSO PROPOSTO DA MELONI. ED È SEMPRE STATO CONSIDERATO UN “INTERLOCUTORE” DEL COLLE, TANT’È CHE GUIDONE SMISE DI PARTECIPARE  AI CONSIGLIO DEI MINISTRI POICHÉ TUTTI DAVANTI A LUI TENEVANO LA BOCCUCCIA CHIUSA…

maurizio belpietro giorgia meloni galeazzo bignami francesco saverio garofani sergio mattarella

GIORGIA MELONI NON ARRETRA! DOPO L'INCONTRO AL QUIRINALE CON MATTARELLA, LA DUCETTA HA RIBADITO LA VERSIONE DEL CAMERATA GALEAZZO BIGNAMI: “RAMMARICO PER LE PAROLE ISTITUZIONALMENTE E POLITICAMENTE INOPPORTUNE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI” – AL CONSIGLIERE DI MATTARELLA SARÀ SFUGGITA UNA PAROLA DI TROPPO, MA DA UNA BANALE OSSERVAZIONE POLITICA SUL CENTROSINISTRA AL GOLPE QUIRINALIZIO, CI PASSA UN OCEANO – PERCHÉ BELPIETRO NON PUBBLICA L'AUDIO IN CUI GAROFANI EVOCAVA UN “PROVVIDENZIALE SCOSSONE” (AMMESSO CHE LO "SCOSSONE" NON SI RIFERISSE AL CENTROSINISTRA)? SE LO FACESSE, LA QUESTIONE SAREBBE CHIUSA: PER GAROFANI SAREBBE DIFFICILE RESTARE AL SUO POSTO – IL QUIRINALE AVEVA FATTO SAPERE CHE DOPO L’INCONTRO CI SAREBBE STATO UN COMUNICATO. PER ORA L’HA FATTO LA MELONI: CI SARÀ UN’ALTRA NOTA DAL COLLE? - BIGNAMI INSISTE: "CI HA SORPRESO LA REAZIONE SCOMPOSTA DEL PD, GAROFANI HA CONFERMATO I CONTENUTI E NON HO VISTO PIATTI VOLARE DAL QUIRINALE..."