CHE FATICA ESSERE UOMO, BIANCO ED ETERO: OGGI IL POLITICALLY CORRECT È IL NOME FORBITO DELL' ATMOSFERA SOCIALE TIRANNICA IN CUI VIVIAMO. TRATTASI DI TOTALITARISMO ZUCCHERATO, LACCIO DI SETA CINESE, “NICHILISMO GAIO”, SECONDO LA DEFINIZIONE DI AUGUSTO DEL NOCE, “GULAG ROSÉ” – CHE FARE? RIBELLARSI. DISTRUGGEREMO QUESTA GABBIA CON LE NOSTRE BESTEMMIE - IL LIBRO DI GIOVANNI SALLUSTI

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Renato Farina per “Libero quotidiano”

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Quando si ha davanti un libro bello e si vorrebbe lo leggessero in tanti, è buona regola mostrare quanto sia utile per illuminare un angolo di mondo. Tipo: l' autore Pinco spiega perfettamente quel che è capitato a Pallino, e che tanto vi ha colpito. Nel caso dell' opera breve e potente di Giovanni Sallusti cercare una prospettiva particolare di interesse è ridicolo. Qui è implicato l' universo grande e la molecola infinitesima. Il saggio si intitola con semplicità Politicamente corretto. La dittatura democratica (Giubilei Regnani, pagine 134, 13).

 

Democratica è aggettivo sarcastico, dittatura è la realtà. Come il comunismo in Urss, oggi il politically correct coincide con l' aria che respiriamo, è il nome forbito dell' atmosfera sociale tirannica in cui si muoviamo ed esistiamo. Una corazza invisibile che lega la lingua e trancia i sentimenti. È la formalina in cui viene immerso qualsiasi concetto-parola-interpunzione che per essere giustificati devono germinare nel vivaio, anzi mortaio, dove ogni barlume creativo è preventivamente purificato, pastorizzato, privato del gusto unico che somiglia alla nostra identità. Altrimenti se osi discostarti sei un morto che cammina. E non sarai fiocinato nobilmente alla Moby Dick ma schifato come una mosca merdaiola.

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ETICHETTA OVVIA C' è un problema. Questa formula ("politicamente corretto") la troviamo dappertutto spesso per contestare questo filtro che amputa la libertà. Udire e riudire tale espressione la trasforma in un' etichetta ovvia, la riduce a rovescio simmetrico delle accuse di razzismo, omofobia, sessismo con cui la sinistra - e persino la destra che è supina al codice linguistico totalitario - è usa marchiare il nemico. Sallusti spiega di che «lacrime grondi e di che sangue» l' ideologia che vorrebbe farsi passare per suprema forma di rispetto del prossimo.

 

Sallusti racconta sulla propria pelle come le reti della dittatura (anti)democratica cerchino di catturare lui, la sua vita, il suo nome, il sentimento di sé. Direbbero i filosofi che il suo libro è una specie di fenomenologia dello schiavismo contemporaneo.

 

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Egli però non si accontenta di smascherare il mostro che ci tende ovunque agguati, ma propone di sfidarlo. Il suo è un manifesto di ribellione operativa. Stanno costruendo in Parlamento una legge che trasforma in reato passibile di carcerazione la manifestazione di pensieri e parole non previsti dal vocabolario "politicamente corretto". La proposta è allora - prima che ci sbattano in galera ma anche dopo - di adoperare il libretto vietato dell' uomo bianco e cristiano, messo all' indice dai nuovi Torquemada, rispetto a cui l' originale spagnolo era una violetta timida.

 

Dal punto di vista teoretico (il genere è quello, non è semplicemente un libello polemico) Sallusti dimostra come l' assalto alle parole - e noi di Libero ne sappiamo qualcosa - è la via breve per evitare qualsiasi confronto di idee. La parola giudicata aprioristicamente come tabù è fatta coincidere con la persona, vista perciò stesso come spregevole. Dire «famiglia naturale» squalifica nel profondo l'"io", chi usa senza vergogna e addirittura con simpatia questi lemmi è perciò stesso tenuto per appestato. Lockdown, lockdown! Funzionava così con gli ebrei: pronunciare il proprio nome e cognome era prova di delitto.

 

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In Unione Sovietica il solo nominare Dio e l' anima erano trattati quali distintivi dell' essere spie americane e giustificava nove grammi di piombo nella nuca. Da noi trattasi di totalitarismo zuccherato, laccio di seta cinese, «nichilismo gaio», secondo la definizione di Augusto Del Noce, «gulag rosé» come la chiamava Giovanni Testori, «dittatura del relativismo», sostenne Joseph Ratzinger.

 

Non si crede in nulla, non esiste la verità, salvo quella che carica di colpa e impone la denigrazione della nostra essenza occidentale, con il suo fardello difettoso ma amato, che è il lascito di nostro padre e nostra madre. Anzi siamo noi stessi, belli o brutti: e ci rifiutiamo di gettare questo nostro dna tra i rifiuti rinnegandolo. È un prezzo che in tanti non siamo disposti a pagare per sopravvivere.

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IL FILO DI ARIANNA Tutte le persone - è bene chiarirlo- hanno un valore unico e irriducibile, identici per dignità. I guai cominciano se ti definisci per quello che senti e vedi come tuo connotato, oltre il colore degli occhi. Dice di sé Giovanni Sallusti: «Piacere, sono maschio bianco cristiano eterosessuale».

 

Questa frase è il filo di Arianna che ci consente di uscire da questo labirinto soffocante dove il Minotauro ci insegue per sbranarci.

Ognuna di queste quattro determinazioni, in fondo innocenti e descrittive, è una bestemmia flagrante per il fondamentalismo correttissimo. A ciascuno di questi attributi corrisponde un capitolo a sua volta coincidente con un articolo del codice penale istituito dal Poterazzo regnante sulle coscienze. La Psicopolizia del pensiero unico ha un suo protocollo d' ingaggio. Individuarlo al seguito di Sallusti ci permetterà di giocarcela contro il Minotauro. Chi vince non si sa, ma almeno capire le tattiche e le strategia della Bestia totalitaria aiuta.

 

MASCHIO Parola-concetto tabù perché riafferma il binomio e l' alterità dei generi sessuali, un dato biologico e anatomico che il politically correct intende abolire. "Maschio" risulta particolarmente grave perché teso ad affermare la specificità, per natura machista e sessista, del genere maschile.

 

BIANCO  Termine maledetto, perché chi lo pronuncia senza battersi il petto rivendica l' appartenenza a una civiltà, quella occidentale, la cui esistenza e specificità sono ritenute un cancro. Il linguaggio purificato è la chemioterapia necessaria. "Bianco" infatti equivale a dichiararsi negrieri. Qui l' opera di riscrittura storica del Politicamente Corretto è massiccia, perché si tratta di negare un' evidenza, ovvero che la dignità della persona, i diritti individuali e la stessa democrazia politica sono esclusivi figli politici della civiltà occidentale.

 

CRISTIANO Risulta, qualora sia addirittura accompagnato dall' esibizione della croce o del rosario, particolarmente grave perché è assimilato a crociato belligerante e assassino, se pronunciato anche solo con leggero orgoglio e gratitudine.

 

Occorre aggiungere per non essere scotennati come membri del Ku-Klux-Klan almeno l' appellativo di "dialogante" e/o "ecumenico".

 

Vietato alludere alle radici cristiane dell' Europa: sgarbo inaccettabile verso l' islamismo e verso i cultori dell' inesistenza di qualsivoglia radice, solo foglie al vento, diademi con l' oroscopo. Esempio indicativo tra i tanti che saranno raccontati: la scomunica a Marina Nalesso, giornalista del Tg2, perché andata in onda col Crocifisso.

 

ETEROSESSUALE Parola-bomba. Rivelatrice di un fallocentrismo disdicevole. Risulta particolarmente grave perché rimanda a un rapporto tra un maschio individuato come tale e una femmina individuata come tale e perché rischia di far riemergere il nesso tra il sesso e la procreazione, che il Politicamente Corretto intende abolire.

 

L' eterosessualità rischia poi di reintrodurre nel dibattito il concetto di "famiglia" come comunità naturale. La famiglia è l' avversario mortale in quanto crea uno spazio domestico e privato che ripara dall' Unica Ideologia e del controllo dei suoi funzionari.

 

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CONCLUSIONE Ribellarsi. Chi tace acconsente. Bisogna contrattaccare, smetterla con l' autocensura e gli eufemismi che - avrebbe detto Churchill - nutrono il coccodrillo nell' eterna illusione di essere mangiati per ultimi. Distruggeremo questa gabbia con le nostre bestemmie, esercitando il potere dei senza potere. Come l' ortolano di Praga che tolse dalla vetrina il cartello «Proletari di tutto il mondo unitevi» e fece impazzire il regime.

 

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